Avevano tempo fino al 31 dicembre per tagliare la rete scolastica. Almeno quattro regioni di centrosinistra non si sono adeguate e il ministro ha dato loro un ultimatum. O si adeguano entro 10 giorni o perdono alcune facilitazioni. Che impattano direttamente sugli studenti. Protestano i sindacati e le opposizioni
Una «vendetta» per il M5S. Un «ricatto» per il Pd. Una «ritorsione» per la Cgil. Sono le variazioni sul tema di come definire l’ultimo blitz del ministro Giuseppe Valditara, che con un decreto approvato il 14 gennaio dal Consiglio dei ministri vuole chiudere la partita del dimensionamento scolastico. Di sicuro, intanto, è un ultimatum: le Regioni che non hanno adottato il taglio degli istituti al 31 dicembre, hanno altri 10 giorni per mettersi in regola. Altrimenti? Perdono una serie di nuovi vantaggi riservati solo alle Regioni adempienti. Però, per chi non si adegua, le ricadute finiscono direttamente sulla testa di studenti e famiglie.
Dimensionamento significa taglio
Un passo indietro: nel 2023 fu approvato un piano triennale sul “dimensionamento scolastico”, che si legge taglio e accorpamento di 627 dirigenze e segreterie. Che da 8.089, prima che la legge di bilancio per il 2023 regolasse il dimensionamento, diventeranno 7.309 nel 2026/27. La ratio è produrre risparmi per circa 10 milioni all’anno, con il motivo della denatalità. Cioè, dato che ci saranno meno studenti, anziché fornire un servizio migliore, si accorpano gli istituti. Gli edifici restano, ma chi li guida sarà altrove. Per il 2024/25 era stata infilata una deroga nel Milleproroghe per trovare un accordo con i territori. Questa deroga non si ripete e il 2025/26 sarà l’anno in cui si comincia a tagliare davvero.
La scelta (e la responsabilità politica) di come e dove tagliare è stata lasciata alle Regioni, sulla base di criteri nazionali, per esempio che non possono esistere autonomie scolastiche con meno di 900 studenti, se non in condizioni particolari (aree montane, isole, etc).
Il dimensionamento non è una novità di questo governo, ma è una soluzione che piace alla destra: il processo fu innescato dalla ministra Gelmini nel 2008 e negli anni sono spariti circa duemila istituti, soprattutto nei territori più isolati.
Il problema del dimensionamento, infatti, è che colpisce soprattutto dove non dovrebbe, nei territori già spopolati, più socialmente fragili. La ricercatrice di Indire Laura Parigi citava su Domani uno studio (Di Cataldo, 2022) che indica come nei territori periferici la chiusura di una scuola produce ulteriore spopolamento e innesca un circolo vizioso che contribuisce ad aumentare la marginalità dei luoghi e di chi li abita.
Così il nuovo dimensionamento è stato di nuovo molto osteggiato, ci sono state proteste trasversali e anche ricorsi alla Corte costituzionale. Ma la battaglia è stata persa. È rimasta infine la “resistenza passiva” di almeno quattro Regioni, governate dal centrosinistra, che alla scadenza non hanno deliberato riduzioni (l’Emilia-Romagna) o una riduzione inferiore alla richiesta (Toscana, Sardegna e Umbria). Valditara ha deciso di piegare anche quella.
Il premio di consolazione
Succede ora che con il decreto le Regioni “virtuose” potranno istituire classi anche senza il requisito del numero minimo di studenti, mantenere l’intero contingente Ata per il 2025/26 e nominare un docente con funzioni vicarie del dirigente scolastico nelle scuole colpite dal dimensionamento. Le Regioni “ribelli” rischiano invece la nomina di un commissario che decida il dimensionamento al posto della politica e di non poter beneficiare dei “premi di consolazione”.
Nell’annunciare queste misure e l’ultimatum dei 10 giorni Valditara ha detto: «Con le misure odierne offriamo alle Regioni che dimensionano condizioni di maggior favore nella realizzazione del servizio. Nessun plesso verrà chiuso, ma vi sarà una scuola meglio organizzata e più vicina agli studenti». Ma non si capisce la logica secondo cui una rete scolastica con meno presidi e meno segreterie possa essere meglio organizzata e più vicina agli studenti.
Adesso spetta alle giunte inadempienti decidere le contromosse, una volta ricevuto almeno il testo dell’atto, che mercoledì mattina non era stato ancora trasmesso.
Le proteste
«Un esecutivo lungimirante – dice Giuseppe D’Aprile di Uil scuola – invece di incentivare le Regioni ad aderire al piano di dimensionamento, dovrebbe trasformare il problema della denatalità in una opportunità e non in una penalizzazione, intervenendo a favore della scuola statale anche per migliorare la qualità di apprendimento degli studenti». «Da tempo chiediamo una regia che consenta di assumere decisioni partecipate e rispettose delle diverse esigenze dei territori a cominciare dalla tutela delle aree interne a rischio spopolamento», dice la segretaria della Cisl Scuola Ivana Barbacci. Per Gianna Fracassi, segretaria della Flc Cgil, è un «vero e proprio atto di ritorsione. ll taglio delle autonomie sta determinando, oltre alla riduzione corrispondente di personale, la costituzione di mega scuole e il progressivo allontanamento dal territorio».
Per Irene Manzi, responsabile scuola del Pd, «anziché affrontare strutturalmente e a beneficio di tutto il territorio nazionale le problematiche riguardanti il numero minimo e massimo degli alunni per classe, anziché affrontare il tema delicato del personale Ata (il cui taglio è stato rinviato in legge di bilancio di un anno ma non eliminato), anziché rivedere i criteri del dimensionamento definiti dalla legge di bilancio per il 2023 si interviene creando Regioni di serie A e di serie B. Il dimensionamento ha avuto e avrà gravi conseguenze sulla qualità dell'istruzione, ricadute negative sul personale, sugli studenti e sulla qualità dei servizi scolastici nei territori che hanno subìto e subiranno il dimensionamento, in particolare nelle aree interne. Invece di intervenire con soluzioni come questa, si lascino alle scuola le risorse liberate dalla denatalità».
«Il "premio” annunciato da Giuseppe Valditara – scrivono gli esponenti M5S in Commissione Cultura – altro non è che una vendetta verso le Regioni che non si sono piegate».
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