Tutto è minciato dalla riscoperta dei semi di una antica varietà di pomodoro custoditi da alcune contadine del luogo. Semi in grado di crescere e dar frutti senza necessità di acqua, resistendo alle alte temperature estive.

Siamo in un territorio arido, nel basso Salento, dove l’abbandono dei terreni, l’eccessiva antropizzazione e la peste agricola del secolo nota come xilella fastidiosa hanno deformato l’antico paesaggio rurale.

Eppure, qui, ad Aradeo, paese con poche migliaia di abitanti appartenenti alla provincia di Lecce e che detiene il record del consumo di suolo tra i 99 comuni che la compongono, l’incontro tra le anziane donne contadine e i giovani del luogo, ritornati dopo esperienze di studio e lavoro, sta ridisegnando un paesaggio in stato di abbandono e, allo stesso tempo, restituendo valore alle piccole realtà produttive del territorio.

Dalla ricerca sulla storia contadina locale si cominciarono a riscoprire i metodi come l’aridocultura e a coltivare i grani antichi come il timilia, poi pian piano i proprietari dei terreni incolti e abbandonati della zona lasciarono in comodato d’uso la maggior parte di queste terre a una cooperativa mutualistica di tipo bracciantile.

Nacque così, da quell’incrocio di generazioni e di diverse estrazioni culturali, ormai più di 10 anni fa, la cooperativa Karadrà. Racconta Roberta Bruno, la presidente: «Oggi la cooperativa è cresciuta, può contare su diversi ettari in cui si coltivano legumi, grano duro, alberi da frutto e ortaggi, praticando sempre la rotazione delle colture e il riposo dei campi per non depauperare il terreno. Le tecniche di produzione che usiamo sono basate sull’aridocoltura, un’antica pratica agricola che consente di non sprecare acqua in un territorio arido come la regione Puglia».

E poi: «Così abbiamo riscoperto una varietà di pomodoro di cui si erano perse le tracce, una varietà che qualche anno fa è stata inserita nell’Almanacco della Biodiversità della Regione Puglia». È il pomodoro di Aradeo, oggi diventato un brand, un ortaggio povero di acqua, zucchero e carboidrati ma ricco di nutrienti. Tra i soffitti fatti a volta dell’edificio dell’Ottocento, dove ha sede lo spaccio della coop, si respira una natura antica, ma anche il profumo di una buona proposta politica alternativa.

I progetti

Già, perché la cooperativa lavora ad un Piano Integrato del Paesaggio già finanziato dalla regione Puglia, e con il sostegno degli enti locali coinvolti, orientato a generare reddito tramite la valorizzazione ambientale e paesaggistica. Il progetto si chiama Canali e si pone come obiettivo la rinaturalizzazione dei luoghi attraverso pratiche agro-forestali sostenibili.

Il piano ha una ricaduta diretta anche sugli altri comuni limitrofi, Collepasso, Galatina, Noha, Sogliano Cavour, e ha l’ambizione di ridisegnare il paesaggio degli antichi canali d’acqua, «sostenendo il percorso del Contratto di Fiume per il Torrente Asso, guidando la ricostruzione del tessuto rurale e fondiario con schemi agro ecologici che portino alla valorizzazione delle piccole e medie produzioni, restituendo così valore alla piccola proprietà», si legge nei documenti che la presidente di Karadrà ci mostra: «Partiamo da uno stato di abbandono per ridisegnare un nuovo modello economico per questa provincia ma anche per quelle limitrofe devastate negli anni da uno sviluppo industriale senza controllo».

Aggiunge: «la nostra è una proposta di ampio respiro, di passaggio dall’agroeconomia alla bioeconomia, dalla costruzione di una nuova filiera agricola alla valorizzazione delle produzioni non alimentari».

In effetti, a leggere l’ultimo ambizioso progetto presentato dalla cooperativa alla regione Puglia se ne ha la conferma. Nel documento si fa riferimento alla trasformazione dell’economia depressa del Salento in bioeconomia, qui inteso come quel sistema che mette in connessione le risorse rinnovabili del mare e del suolo, colture agricole, foreste, micro-organismi per la produzione di cibo, materiali ed energia.

All’interno di un vero e proprio masterplan il cui finanziamento ricadrebbe nei fondi europei di Next Generation, si fa riferimento a produzioni agricole che vengono usate già in diversi paesi europei per i cosmetici, gli usi medicinali, per i prodotti della casa.

«Questa è la rivoluzione verde, la vera transizione ecologica, usare i canneti di cui il Salento è pieno per la bio-edilizia, ad esempio, e porre così fine allo sfruttamento delle cave per l’estrazione dei materiali», conclude Bruno, che in questi lembi di Puglie dove le monoculture industriali, prima, quelle turistiche poi, la fanno da padrone, progetta insieme ad altri un nuovo modello di economia politica, partendo dalla salvaguardia del paesaggio, dalla tutela del territorio e dal benessere delle persone che lo abitano.

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