I cereali contenenti glutine sono una componente fondamentale della dieta umana, con il frumento che risulta essere il cereale più consumato a livello globale. Il grano è utilizzato in molteplici ambiti dell'industria alimentare e rappresenta una fonte nutritiva importante per l'alimentazione umana.

Tuttavia, alcuni disturbi legati al consumo di specifici componenti del grano, come gliadine, glutenine e i carboidrati fermentabili (FODMAPs), possono causare diverse problematiche. Questi disturbi sono conosciuti con il nome di patologie correlate al glutine (GRDs), che includono la celiachia, l'allergia al grano e la sensibilità al glutine non celiaca (NCGS).

La celiachia è una patologia autoimmune che si scatena nell'individuo geneticamente predisposto (portatore degli aplotipi HLA-DQ2 e/o HLA-DQ8) in seguito all'ingestione di alimenti contenenti glutine, una proteina presente in molti cereali come il grano, l'orzo e la segale, responsabile dell'elasticità e della coesione negli impasti. L’allergia al grano, invece, è caratterizzata dalla produzione di anticorpi IgE contro le proteine del frumento, con sintomi tipici delle reazioni allergiche alimentari immediate.

Non solo celiachia

Si è cominciato a parlare di sensibilità al glutine non celiaca nel 2011, quando uno studio pubblicato sull'American Journal of Gastroenterology ne ha dimostrato l’esistenza. Infatti, per più di vent’anni, chi soffriva di NCGS era spesso etichettato come malato immaginario, accusato di lamentare sintomi che nessun medico riusciva a diagnosticare correttamente.

Oggi, la NCGS sembra essere sei volte più diffusa della comune celiachia, con stime che parlano di oltre tre milioni di italiani colpiti. È interessante sottolineare che oggi il termine sensibilità ad un alimento viene adoperato quando siamo in presenza di una reazione avversa che si verifica dopo la sua assunzione e non può essere classificata né come intolleranza né come allergia.

La NCGS, pur non essendo autoimmune come la celiachia, si manifesta con una risposta del sistema immunitario che non è completamente compresa ma che sembra essere connessa a una maggiore permeabilità intestinale. Si è anche supposto che la sensibilità al glutine possa essere legata a un coinvolgimento del sistema immunitario, in particolare della sua componente innata (chiamata così perché è presente fin dalla nascita e non dipende dall'esposizione a patogeni). Alcuni studi ipotizzano inoltre che gli anticorpi anti-glutine possano avere un ruolo cruciale nell'insorgenza della patologia.

Sintomi, diagnosi, prospettive

Chi soffre di NCGS, dunque pare abbia una risposta anomala del sistema immunitari. Tuttavia, l'infiammazione che si genera non è di tipo autoimmune, come avviene nella celiachia, ma è una risposta del sistema immunitario alla presenza di glutine, con sintomi che si manifestano generalmente poche ore dopo l'assunzione di alimenti contenenti questa proteina.

Studi recenti, hanno inoltre suggerito che le persone sensibili al glutine presentano danni intestinali più elevati rispetto ai pazienti celiaci, indicando che nella NCGS la mucosa intestinale potrebbe avere una maggiore permeabilità. Questa maggiore permeabilità consente il passaggio di sostanze estranee e batteri nel flusso sanguigno, provocando una reazione immunitaria. A differenza della celiachia, che è una condizione cronica e irreversibile, la NCGS invece può migliorare o addirittura risolversi con l'eliminazione del glutine dalla dieta per un periodo che va dai 12 ai 24 mesi.

Estremamente variabili e non specifici sono poi i sintomi della NCGS. Possono includere disturbi gastrointestinali come gonfiore, crampi addominali, diarrea, stipsi o alternanza tra questi due, insieme a sintomi extra-intestinali come affaticamento cronico, mal di testa, difficoltà di concentrazione, confusione mentale, irritabilità, depressione e anche eruzioni cutanee. Questi segni clinici sono molto simili a quelli di altre patologie come la sindrome del colon irritabile, l’intolleranza al lattosio e la celiachia, il che rende la diagnosi della NCGS particolarmente complessa e di fatto un processo di esclusione.

Dal momento che non esistono biomarcatori specifici per identificarla, la diagnosi si effettua solo dopo aver escluso altre condizioni, certamente confermate da esami specifici come la celiachia che viene diagnosticata con test sierologici (anticorpi antiendomisio, antitransglutaminasi) e biopsia intestinale. Se questi test risultano negativi e l'eliminazione del glutine dalla dieta porta a un miglioramento dei sintomi, si può sospettare la NCGS.

Diversi esperti ritengono inoltre che l’origine di questa condizione potrebbe affondare le radici nell’evoluzione dell’agricoltura: l’introduzione di cereali contenenti glutine – circa 10.000 anni fa – avrebbe innescato, in alcune persone, una predisposizione a reazioni avverse. Con il tempo, l’industria agricola ha infatti selezionato varietà di grano sempre più ricche di glutine, per migliorarne la resa e la lavorabilità, fino ad arrivare ad alcune varietà contenenti fino al 50% di questa proteina, rendendo i prodotti alimentari più commerciabili e resistenti.

Ciò avrebbe contribuito alla larga diffusione della NCGS. Per chi soffre di questa condizione, la dieta priva di glutine rappresenta, come già detto, l'approccio terapeutico principale, con risultati positivi che si riflettono in un miglioramento significativo dei sintomi. Tuttavia, sono stati condotti anche studi per valutare alternative alla dieta, come l'uso di endopeptidasi, enzimi che potrebbero aiutare a digerire il glutine prima che raggiunga l'intestino, ma i risultati finora non sono stati soddisfacenti.


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