Doveva arrivare la Consob perché ci si rendesse conto di quanto grave sia la situazione. E dall’autorità di vigilanza sulla Borsa è giunto per il mondo del calcio un messaggio perentorio: i bilanci delle società contengono troppe, discutibili, plusvalenze.

Una questione che dagli analisti dell’economia calcistica è stata segnalata a più riprese ma che, fin qui, non ha avuto una rilevanza relativa all’interno del mondo del calcio italiano. Nel senso che il problema è stato più volte segnalato come un’urgenza da risolvere, ma poi non c’è stata alcuna concreta iniziativa per fermarlo.

In questi anni, per l’ennesima volta, il calcio si è dimostrato incapace di una vera autoriforma. E tanto immobilismo ha finito per sollecitare l’intervento di un’autorità esterna, che adesso obbligherà chi di dovere a intervenire.

Nella fattispecie la Consob si è attivata perché molte fra queste operazioni di calciomercato con plusvalenza incrociata hanno coinvolto una società quotata in Borsa, la Juventus. L’istruttoria avviata dall’autorità di vigilanza, di cui Domani ha dato notizia nelle scorse settimane, ha determinato una svolta. Comunque vada a finire, per la Federazione italiana gioco calcio (Figc) e per i suoi organi di controllo si tratta di un pesante smacco.

L’istruttoria della Covisoc 

Con una mail indirizzata al procuratore della Figc, Giuseppe Chiné, e per conoscenza alla presidenza della federazione, la Commissione di vigilanza sulle società di calcio (Covisoc), l’organo che vigila sui conti dei club, ha dichiarato ufficialmente aperto il caso.

Il testo informa che, in seguito alla diffusione della notizia sulla procedura Consob relativa alle plusvalenze della Juventus, la Covisoc ha a sua volta aperto un lavoro istruttoria sia sulle plusvalenze juventine relative al periodo sotto osservazione (bilancio annuale al 30 giugno 2020 e relazione semestrale al 31 dicembre 2020), sia su altri movimenti di calciomercato che coinvolgono non soltanto la società bianconera ma anche altre società. L’esito è una lista di 62 calciatori movimentati, 42 dei quali sono stati spostati nel quadro di operazioni che chiamano in causa la società bianconera.

Ma sono coinvolti anche altri club italiani (Napoli, Genoa, Parma, Pescara, Sampdoria, Empoli e Chievo) ed esteri (Barcellona, Manchester City, Lille, Marsiglia, Lugano e Basilea). Come precisato da Covisoc, la lista comprende sia operazioni che prevedono scambi di calciatori per valori finanziari identici, e dunque senza alcun flusso reale di denaro per le casse delle società coinvolte, sia operazioni avvenute su valori non equivalenti (dunque con vantaggio finanziario per una delle due parti) ma comunque concluse su valutazioni dei singoli calciatori che appaiono perlomeno generose.

Si tratta di transazioni che, indipendentemente dall’effettivo flusso finanziario generato per le casse dei club, danno ossigeno ai loro conti e consentono di stare in linea con le regole contabili della Figc e della Fifa perché fanno realizzare due attivi.

Sul lato della cessione il club realizza un attivo da plusvalenza, che specie nel caso si tratti di alienazione di un calciatore proveniente dai settori giovanili è plusvalenza intera (l’intero ammontare del valore di cessione), perché il ragazzo non è mai stato acquisito tramite operazione di calciomercato e dunque non pesa sul bilancio alla voce ammortamenti da diritti pluriennali sulle prestazioni di calciatori.

Sul lato dell’acquisizione il calciatore incamerato nello scambio diventa un attivo, pari al valore finanziario che gli è stato attribuito ma soggetto ad ammortamento in quota annuale spalmato sugli anni degli contratto di lavoro.

Intorno a questa pratica si svolge, da tempo, una disputa quasi filosofica sulla libertà dei club di dare a un proprio calciatore (un proprio asset, nel brutale linguaggio delle scienze aziendali) la valutazione che credano, tanto più se esiste un altro club disposto a pagare quella valutazione.

Ragionamento che in linea di principio avrebbe una legittimità, ma a patto di non trascurare due aspetti: che nei casi in questione questa valutazione si intreccia con altra valutazione di senso uguale e contrario; e che sovente questi calciatori dalle valutazioni dorate si trovano marginalizzati nelle società che li acquisiscono, se non addirittura ceduti in prestito a club delle categorie inferiori. E dunque possiamo davvero dare a un calciatore la valutazione che ci pare, specie sapendo che anche da quella valutazione possono dipendere i conti societari, l’iscrizione ai campionati e la regolarità di questi?

Il caso Chievo

Nel 2018 la Figc sembrava pronta a fare sul serio in materia di lotta alle plusvalenze incrociate e creative. Una prova di questo si è avuta col caso che ha coinvolto Chievo e Cesena, da cui sono scaturiti un procedimento federale e la prima penalizzazione di punti in classifica causa plusvalenze creative (-3 al Chievo nel torneo di A 2018-2019). Entrambi i club sono in seguito spariti dai ranghi federali: immediatamente il Cesena (che è stato sostituito da una società di nuova costituzione), nelle scorse settimane il Chievo.

Sembrava l’inizio di un’operazione sistematica a caccia del doping finanziario nel calcio professionistico italiano e invece tutto quanto si è fermato lì. E vien dato per certo che fra i motivi delle dimissioni dell’ex procuratore federale Giuseppe Pecoraro (sotto la cui guida è stata condotta l’inchiesta su Chievo e Cesena) vi sia proprio tale mancanza d’intenzione nel proseguire lungo questo filone.

Così adesso, a tre anni di distanza dalla sanzione al Chievo, è stata necessaria la notizia di un’istruttoria di Consob sulle plusvalenze di una società quotata in Borsa affinché gli organi ispettivi del calcio facessero ciò che avrebbero dovuto fare per iniziativa propria.

Del resto, non era nemmeno necessario andare a scavare. Bastava leggere analisi e articoli pubblicati dai giornali. Come quelli di Domani sugli scambi fra Genoa e Juventus che hanno coinvolto i calciatori Nicolò Rovella, Manolo Portanova ed Elia Petrelli, o sul quartetto di calciatori del Napoli (Orestīs Karnezīs, Luigi Liguori, Claudio Manzi e Ciro Palmieri, 20 milioni di euro complessivi) cui è stata data un’esagerata valutazione nel quadro dell’affare che ha portato in Italia dal Lille l’attaccante nigeriano Victor Osimhen.

Nella lista dei trasferimenti passati al setaccio da Covisoc troviamo anche loro. Ma quella lista doveva essere redatta almeno un anno fa. Comunque vada, la Figc ne esce malissimo.

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