A Salerno lo hanno definito un disguido tecnico, ma quella scelta ha rappresentato uno spartiacque nella costruzione di un sistema di potere fondato sulle clientele, le relazioni pericolose e il controllo di voti e lavoro.

La vicenda risale ai primi anni del 2000 quando il comune decide di non costituirsi parte civile in un processo che vede imputato come mandante di una pesante minaccia il boss Antonio D’Agostino. Questa storia è l’abbrivio dello scandalo che oggi coinvolge il presidente De Luca, indagato per corruzione.

La bomba

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Rosa Masullo è un’avvocata con la passione per la politica. Partecipa al trionfo di Vincenzo De Luca che nel 1993 diventa sindaco dopo la breve esperienza da primo cittadino in sostituzione del predecessore, il sindaco socialista Vincenzo Giordano, implicato in un’inchiesta della magistratura e poi prosciolto.

Masullo fa l’assessora alle Politiche sociali e all’emergenza abitativa. Si è messa in testa che deve sgomberare le case di boss, i criminali che nelle case popolari fanno quello che vogliono e sottraggono il diritto a un tetto alla povera gente che a Salerno, come altrove, aspetta l’alloggio popolare. De Luca la sostiene e le dice: «Rosellina fai tutto quello che devi, io sto qua». La chiamano Rosellina, ma sanno tutti che non si tira indietro. Neanche quando al comune arrivava il boss D’Agostino che al palazzo si presentava con la Mercedes blindata. Di mestiere fa il camorrista, fa parte dell’omonimo clan, e si lamenta del previsto sgombero della casa che ha occupato perché «così mettete a rischio la mia sicurezza, io lì mi sento tranquillo», dice D’Agostino.

Masullo gli risponde per le rime dicendogli di rivolgersi alla questura se sente un rischio per la sua incolumità. Quelli del boss erano tentativi neanche tanto velati per indirizzare la volontà di Masullo e allontanare lo spettro dello sgombero che rappresenta non solo il ripristino simbolico, ma anche la perdita di potere del crimine organizzato. E lo sgombero si fa, ma ogni rifiuto ha un prezzo. I pentiti che parlano con gli in

quirenti riferiscono di un D’Agostino furioso che voleva colpire il figlio dell’assessora o incendiarle l’auto. Poi decide per un’altra intimidazione. Davanti allo studio dell’avvocata assessore Masullo qualcuno piazza un ordigno.

È il 1999. «Nel palazzo era andata via la corrente, mio cognato esce nell’androne per controllare e si accorge della presenza di un sacchetto con un filo che fuoriusciva, diede l’allarme e arrivarono gli inquirenti. I banditi non hanno avuto tempo di procedere», dice Masullo. Quell’ordigno non esplode, gli attentatori scappano poco prima. Ma quell’atto intimidatorio, a distanza di anni, segna la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra. Per capire basta leggere le carte dell’indagine giudiziaria che riguarda il ras delle cooperative Fiorenzo Zoccola, detto Libero, che ha portato ai domiciliari l’assessore regionale Nino Savastano, deluchiano doc.

Masullo addio

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È in quegli anni, con il tramonto dell’esperienza di Masullo, segnata da intransigenza e rigore, che inizia la stagione dell’opacità, delle cooperative trasformate in macchine occupazionali e di consenso, uno dei pilasti insieme al controllo delle partecipate del potere clientelare che ha come dominus Vincenzo De Luca. Ma se il dominus è lui, quelli attorno hanno fatto il resto. Non era lui il primo cittadino, ma Mario De Biase quando il processo per l’atto intimidatorio a Masullo si apre senza la costituzione del comune come parte civile. Un disguido tecnico, un inciampo, un errore in buona fede, dicono i protagonisti di allora.

«Mi adirai con l’avvocatura, non ero al corrente di quel passaggio processuale», dice l’allora sindaco De Biase. Sul banco degli imputati, come mandante di quell’ordigno, non c’era uno qualunque, ma il boss D’Agostino, proprio lui, quello che arrivava in comune con la Mercedes blindata. Rosellina non aveva avuto paura, il processo si chiude con la condanna di D’Agostino, ma senza una parte civile, il comune di Salerno. Sono passati due decenni, ma quel dibattimento sostanzia e spiega perché oggi frana quel sistema. Masullo della mancata costituzione di parte civile del comune ne parla come se fosse storia di oggi: «Mi provoca amarezza vera perché nel cambiamento io avevo creduto profondamente».

Dopo quell’atto intimidatorio, Masullo registra l’inizio del declino. Nel 2001 diventa consigliere comunale, nessuno la vuole come assessora, si dimette anche da capogruppo perché bisogna dire sempre sì. «”Rosa sei sempre tu che poni i problemi, si deve fare così o non si fa niente” mi diceva Franco Picarone che era diventato assessore e io ho sbattuto la porta».

Picarone oggi è citato nelle carte dell’indagine sulle coop, parla di un patto di sangue con Zoccola e si divide i voti alle regionali con Savastano, secondo le indicazioni che sarebbero arrivate da Vincenzo De Luca. «Negli anni mi sentivo quasi in colpa, continuavo a ripetermi “Rosellina, sei una moralista”, invece noi che denunciavamo un sistema asfissiante finalizzato alla costruzione del consenso per il consenso, non avevamo torto». Anzi.

L’amico del boss

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Quella provincia aveva pianto l’uccisione di Marcello Torre, sindaco di Pagani, che nel 1980 viene freddato dai killer del boss Raffaele Cutolo perché si opponeva alla spartizione del dopo terremoto.

Quella terra aveva ascoltato gli strali di Enrico Berlinguer, allora segretario comunista, contro affaristi e speculatori. Quel passato viene dimenticato e a Salerno succede qualcosa di impensabile. Masullo viene presto dimenticata e “archiviata”, al suo posto proprio alle politiche sociali e all’emergenza abitativa arriva Nino Savastano, non è un omonimo, ma lo stesso consigliere regionale arrestato nell’inchiesta con Fiorenzo Zoccola. «Era un segnale che c’era stato un taglio rispetto all’azione posta in essere fino a quel momento, un segnale all’elettorato e a certi mondi, il gruppo dirigente di sinistra ha scelto così», dice Masullo.

Proprio nel 2002 inizia l’impero monopolistico delle coop di Zoccola, da quell’anno si inaugura l’eldorado. Affidamenti e proroghe per mantenere in vita le cooperative e costruire «il consenso per il consenso». Ma la scelta di Savastano segna una cesura con il passato per un’altra ragione.

«Non conoscevo tutto quello che successivamente è emerso, di certo Savastano aveva tanti voti e la sua scelta come assessore fu concordata con Vincenzo De Luca». Savastano aveva un’amicizia pesante, proprio con D’Agostino, il boss sgomberato da Rosellina. Tanto amico da finire indagato, processato e assolto per concorso esterno in associazione camorristica. Il giudice che lo assolve scrive di quelle relazioni, dei consensi costruiti, dei favori che però non provano la collusione perché i D’Agostino erano «camorristi, ma anche i compagni di infanzia del Savastano cresciuto nel Rione Petrosino», scrive la giudice Dolores Zarone nella sentenza che lo assolve nel 2008 e lo condanna per un reato minore: abuso d’ufficio.

Ma la ragione della condanna è chiara: aveva fatto ottenere un alloggio popolare alla moglie di D’Agostino, il mandante dell’ordigno. Masullo fuori, Savastano dentro e il camorrista torna a casa. Questo è successo. Da lì l’ascesa di Savastano è stata inarrestabile fino all’arresto dello scorso ottobre. Meglio un condannato compagno dei camorristi che Rosellina, l’assessora avvocata che faceva politica con la schiena dritta. La sinistra di governo ha voluto così e ancora oggi il Pd tace sugli scandali di ieri e su quelli attuali.

E Masullo oggi che fa? Ha combattuto con la vita che le ha tolto il figlio, nel 2005, al quale ha dedicato l’associazione Paolo Masullo, e pensa agli anni “spesi” e sottratti agli affetti. «Sono amareggiata perché resta un sentire comune che accomuna tutta politica “ma tanto siete tutti uguali, vi occupate solo di voti e carriera”, ma non è così. Ascoltare queste parole fa star male, ancora di più per chi ci ha creduto, per me che ho tolto tempo a Paolo e che quel tempo non potrò mai più recuperare. Hanno piegato la cooperazione sociale agli interessi economi ed elettorali. Era nata con altre finalità e gli affidamenti diretti servivano a dare un’occasione a chi non ne aveva. Hanno distrutto tutto».

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