C’è chi per affermarsi ha la strada spianata e chi deve superare ostacoli insormontabili. Quest’ultimo è l’apparente destino toccato a Piero De Luca da Salerno, avvocato, professore e deputato del Partito democratico, vicepresidente del gruppo alla Camera. È diventato avvocato non senza fatica. Si specializza in diritto dell’Unione europea, viaggia tra Bruxelles, Lussemburgo e Roma. Non si ferma.

Diventa ricercatore universitario e fa carriera. In estate, scrive il Fatto, diventa professore associato all’università di Cassino partecipando da solo al concorso, ma le polemiche vengono bollate come pretestuose perché era un normale concorso, che per prassi viene aperto unicamente al ricercatore interessato all’interno di un piano di passaggio dalla ricerca alla cattedra. Un passaggio a professore associato che per De Luca, così per gli altri, sarà sancito a partire dal 1° gennaio 2022. Tra pochi mesi l’avvocato-deputato avrà anche un’altra sfida, quella di professore. Ma l’impresa titanica dell’onorevole è un’altra.

De Luca è continuamente indicato come junior, il giovane, il rampollo, il figlio prediletto perché ha un padre ingombrante che ne ha offuscato la stella, rallentato la crescita e il successo. Piero è figlio di Vincenzo, presidente della regione Campania, dal 1993 sindaco della città di Salerno. È stato sindaco due volte, per dir così: prima eletto dai cittadini e poi dominus politico che tutto decide. A Piero è toccato il destino ambiguo di chi eredita l’impero.

Nella Campania dei De Luca funziona così, il passaggio di potere avviene per via di sangue. L’altro fratello, Roberto, era assessore a Salerno, dimissionario perché coinvolto in un’indagine dalla quale è uscito pulito. Ma i due germani sono molto diversi e distanti.

A Roma, dalle parti della sede del Pd, non sanno che fare con il “file Campania”, a ogni segretario tocca l’ingrato compito di recarsi a Salerno e lodare De Luca sperando di evitare così le invettive e gli anatemi che il presidente lancia durante i suoi comizi televisivi. Il partito digerisce tutto perché meglio governare che piombare nell’irrilevanza. Così accetta che De Luca padre nomini suo braccio destro un condannato in primo grado, brutalizzi lo stesso partito al quale appartiene, esalti come modello la clientela, distribuisca tra fedelissimi e figli ruoli e potere.

Ma qualcosa preoccupa il re sole: il granducato di Salerno, infatti, vive la sua fase più difficile perché c’è un’inchiesta della magistratura che ne mina le fondamenta e c’è chi comincia a mal tollerare l’idea della successione. E sì perché Piero De Luca, per evitare polemiche immancabili, non è diventato sindaco di Salerno, è sembrato troppo anche per loro, ma gli tocca lo stesso gestire un sistema politico.

C’è una frase che gira in città che rende bene l’idea. A Salerno il sindaco, appena riconfermato, si chiama Enzo Napoli. Non di rado a presentazioni, inaugurazioni insieme al sindaco appare la sua ombra, Piero De Luca. Quando qualcuno si è lamentato di non essere stato invitato a questo o quell’evento e della presenza del rampollo, il primo cittadino ha risposto laconico: «Hai ragione, ma è lui che invita me».

Il cerchio magico

Piero De Luca nasce nel 1980. Quell’anno la Campania viene scossa da un terremoto che fa circa tremila morti, sfollati e miseria. Proprio da Salerno, Enrico Berlinguer lancia un anatema contro affarismi e clientele ponendo al centro dell’agenda politica nazionale la questione morale.

Quattro decenni dopo, a leggere le carte dell’inchiesta che vede indagati i fedelissimi dei De Luca, sindaco, funzionari, un consigliere regionale, si legge di voti controllati, cerchi magici, posti di lavoro barattati per costruire consenso e clientele. Il ras delle cooperative Fiorenzo, detto Libero, Zoccola, è stato arrestato perché in cambio dell’assegnazione dei lavori alle sue coop e a generose proroghe offriva voti e altre utilità. È finito ai domiciliari perché sta parlando con i magistrati e racconta del “prediletto”. «Ribadisco che io ero contrario alle proroghe, volevo i bandi.

Le proroghe dipendevano dalla cattiva gestione del comune: dall’errore di De Luca che ha dato la gestione al figlio Piero e al suo “cerchio magico” Caramanno (ex assessore all’Ambiente, ndr), Loffredo (ex assessore al Bilancio, ndr)», dice Zoccola che si lamenta perché dal 2016 non si è capito più niente al comune. «Landi è un commercialista, fa parte del cerchio magico di Piero De Luca, Caramanno, Loffredo (…) una settimana dopo le elezioni buttano fuori mio fratello (che lavora a Salerno pulita, ndr) a favore di un altro del “cerchio magico”», dice Zoccola.

I personaggi citati così come i De Luca non sono indagati. Cerchio magico o no, Piero De Luca monitora e segue le vicende della città. Sponsorizza amministratori, segue campagne elettorali e diffonde il verbo della casata. Si muove tra Roma e Salerno.

Proprio nella città del padre, si registra l’ultimo capolavoro politico, piazzare come assessora in giunta a Salerno la moglie di uno vicino a Fratelli d’Italia, le opposizioni devono capire la bontà della rivoluzione. Quando non si occupa della città capitale del regno si sposta in provincia. Nel settembre 2020 arriva a Eboli, dove Cristo si è fermato ma è arrivato il potere dei deluchiani. Sindaco uscente, impegnato in campagna elettorale, è un fedelissimo, si chiama Massimo Cariello.

Come sempre il giovane De Luca arriva e parla della regione come istituzione e del padre in terza persona, mantiene il giusto distacco. «Un forte sostegno, convinto, a Cariello. Bisogna ricordare le tante iniziative messe in campo dalla regione Campania per questo territorio», dice “il prediletto”. Cariello viene rieletto, ma non dura molto. Viene arrestato per corruzione e condannato a 6 anni e 4 mesi di carcere in primo grado.

L’arrivo in parlamento

Anche l’approdo in parlamento del giovane De Luca è stato complicatissimo. Nel 2016 i De Luca si affiliano a Renzi, l’offerta di famiglia prevede sostegno al referendum costituzionale e al congresso dei democratici.

“Il prediletto” stringe rapporti con il potente sottosegretario Luca Lotti e sostiene la riforma costituzionale, partorita da Renzi. Padre e figlio fanno di tutto, si muovono in squadra. Mentre De Luca presidente catechizza i suoi, il piccolo De Luca presenta lo stato maggiore del Pd come se stesse parlando di navigati statisti.

Accoglie a braccia aperte la madrina della riforma, Maria Elena Boschi, sussurra ai maggiorenti del partito e fa carriera. Si guadagna una possibilità, la candidatura a Salerno alla Camera dei deputati nel 2018. Ma la strada è sempre in salita, nella città del padre, infatti, perde rovinosamente contro un candidato del M5s, quello duro e puro di un tempo, ma De Luca entra comunque alla Camera.

Strappa uno scranno da onorevole perché generosamente viene candidato, in quota Renzi, nel listino bloccato nella vicina Caserta. Il miracolato figlio sogna di diventare sottosegretario, ma non ci riesce. Il partito così lo spedisce a parlare di questo o quello nei consueti trenta secondi, senza domande, riservati dai telegiornali ai gruppi politici, De Luca è spigliato e telegenico, diventa vicepresidente del gruppo.

Si avvicina alla lobby del settore balneare che si batte per mantenere monopolio e privilegi contro le gare pubbliche. Lui ne ascolta le istanze. Infaticabile. Si muove tra la città del padre e la capitale, ha una grana giudiziaria ancora in piedi. È sotto processo dal 2017 per bancarotta fraudolenta, si dice sicuro di dimostrare la sua estraneità, ma soprattutto è sereno. Sereno nonostante una vita da figlio, piena di ostacoli e in costante ascesa.

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