Come se fosse Puigdemont. Da mercoledì la federcalcio spagnola (Rfef) si trova un’altra volta nel caos ma il suo ex presidente, che stando alle ipotesi di indagine potrebbe essere il principale protagonista dei presunti reati, sverna al caldo di Santo Domingo, dove ha cambiato interessi sportivi per dedicarsi al baseball.

Luís Manuel Rubiales Béjar torna al centro delle cronache ma per una volta si colloca ben lontano dal centro delle operazioni. La retata della Guardia Civil che ha portato a sette arresti prevedeva un ordine di custodia anche per lui. Rimasto inesitato perché il destinatario è dall’altra parte dell’oceano e pare che non abbia intenzione di tornare nell’immediato.

Raggiunto dai cronisti della testata El Español afferma di non avere commesso irregolarità e di essere pronto a presentarsi davanti ai magistrati spagnoli per chiarire la propria posizione. Ma di rientrare immediatamente a Madrid non se ne parla. Forse il 6 aprile, o altrimenti si vedrà. Anzi, da altre fonti stampa emerge il disappunto dell’ex presidente per avere avuto rovinata la prospettiva di trascorrere serenamente coi familiari la settimana santa nella Repubblica Dominicana.

Più del bacio

EPA

Dalla Fiscalia spagnola si sono mossi per ottenere l’estradizione e i trattati fra i due paesi la consentirebbero, ma da qui a ottenere l’esito passa qualche scarto. E intanto che la magistratura spagnola prosegue il proprio lavoro tornano alla mente le considerazioni fatte nei giorni in cui Rubiales veniva travolto dalle polemiche, e poi costretto alle dimissioni da presidente Rfef, a causa del bacio inflitto alla calciatrice della nazionale Jenni Hermoso.

Per chi scopriva il personaggio soltanto a causa di quell’episodio c’era spazio soltanto per un’indignazione molto specifica. Per chi invece ne conosceva il curriculum e una gestione presidenziale costantemente borderline, scoprire che infine a costringerlo alle dimissioni fosse un bacio stampato in modo non consensuale faceva ripensare a quel tizio che, dopo averne combinato di tutti i colori, veniva incastrato per evasione fiscale.

Un comitato d’affari

Il blitz condotto dall’Unidad Central Operativa (Uco) della Guardia Civil presso il centro tecnico federale di  Las Rozas, venti chilometri fuori Madrid, è avvenuto mentre i calciatori della nazionale spagnola (avversaria dell’Italia in occasione dei prossimi Europei) si allenavano, in preparazione dell’amichevole fissata per venerdì 22 marzo alle 21.30 contro la Colombia.

Una scena grottesca che ulteriormente demolisce l’immagine della Rfef. Dalle notizie sull’indagine giudiziaria viene fuori il quadro di un’organizzazione che agisce come un comitato d’affari, né più né meno di come era ai tempi di Ángel Maria Villar, predecessore di Rubiales spazzato via pure lui dagli scandali.

Capita così che la missione istituzionale della massima promozione del movimento calcistico nazionale venga messa in secondo piano, a vantaggio della ricerca di transazioni in cui erano presenti troppi intermediari o interessi particolaristici che per ragioni di opportunità sarebbe stato meglio tenere fuori. Soprattutto, ancora una volta la Rfef si mostra come un’istituzione gestita in modo un po’ troppo sensibile agli interessi personali del presidente di turno.

Le vicende su cui si indaga in questi giorni sono numerose e in gran parte note a chi conosceva i metodi di Rubiales prima che incappasse nello scivolone da “Besame mucho”. C’è in primis il contratto con la giunta dell’Andalusia per lo sfruttamento dell’impianto de La Cartuja, lo stadio olimpico di Siviglia edificato negli anni Novanta per essere la casa dei due club locali (il Siviglia e il Betis)  ma poi rimasto disabitato per il rifiuto opposto dalle due tifoserie all’idea di lasciare i rispettivi impianti.

E c’è poi il filone che riguarda le presunte operazioni di spionaggio commissionate ai danni di David Aganzo, successore di Rubiales a capo dell’AFE, il sindacato dei calciatori spagnoli. Ma la vicenda più pesante è quella che riguarda il trasferimento della Supercoppa di Spagna in Arabia Saudita.

Gli intrecci con Piqué

Sotto la presidenza di Rubiales la Rfef è stata la prima federazione nazionale ad accettare i desiderata dei sauditi. Che non si limitavano a chiedere di ospitare la manifestazione, ma volevano anche un format più adeguato alle loro aspettative di spettacolo. Da lì è nata la modifica della formula, col passaggio dalla finale secca alla final four che poi sarebbe stata imitata dalla Figc.

Ma il mutamento dello schema di competizione è il meno, perché a destare sospetti e a sollecitare denunce è stato lo scatenarsi delle consulenze intorno all’affare coi sauditi. In particolare, ha destato molte perplessità il rapporto preferenziale con Gerard Piqué, l’ex difensore del Barcellona che ha deciso di farsi imprenditore nel mondo dello sport quando ancora la sua carriera agonistica non si era conclusa.

L’agenzia Kosmos Holding, che fra le altre cose ha inventato la nuova formula della Coppa Davis di tennis, è entrata in pieno nell’affare saudita. Questa storia è stata raccontata con dovizia di particolari dal sito investigativo spagnolo El Confidencial. Che ad aprile 2022 ha pubblicato i dettagli di un accordo fra Rfef e Kosmos grazie al quale l’agenzia del calciatore, a titolo di intermediazione, poteva arrivare a incassare 24 milioni di euro in quattro anni. Una cifra esorbitante di per sé, ma che risultava ancora più spropositata perché non si capiva in cosa consistesse il lavoro di intermediazione prestato da Kosmos.

Le carte pubblicate da El Confidencial facevano emergere altri dettagli controversi. Per esempio, che il premio elargito dai sauditi alla Rfef dipendesse da quali fossero i quattro club presenti per la Supercoppa; e che dunque in caso di assenza del Barcellona o del Real Madrid (o di entrambe), l’obolo rischiasse di essere inferiore.

Ciò che poteva comportare un rischio per la stessa regolarità della Liga, secondo le interpretazioni più maligne. Emergeva pure che a Rubiales potessero essere riconosciuti dei bonus nel caso di grande successo della manifestazione. La rinuncia a questi bonus da parte dell’ex presidente federale è stata immediata. Ma quanto a prendere in considerazione di dimettersi, l’ex mediano del Levante non ne ha voluto sapere nemmeno davanti all’emergere delle circostanze più scomode.

«Sono stato spiato!»

Veniva fuori un uso disinvolto dei fondi della federazione, spesi per viaggi a New York presentati come impegni istituzionali che però non combaciavano col calendario. In compenso circolavano le immagini newyorchesi di Rubiales insieme alla pittrice messicana Roberta Lobeira, la compagna di allora.

Rispetto a queste circostanze Rubiales, anziché difendersi nel merito, l’ha messa sul piano del modo in cui le informazioni sono state raccolte (vi ricorda qualcosa?). In particolare, la pubblicazione di chat e vocali di WhatsApp ha dato modo all’ex presidente di agitare il tema della violazione della privacy e della manovra di killeraggio.

Con all’orizzonte un nemico nemmeno tanto celato: Javier Tebas, presidente della Liga nonché franchista doc mai pentito. Non c’è da stupirsi se nelle scorse ore Tebas è stato uno dei commentatori più graffianti sull’ultimo scandalo. Fosse per lui, potrebbe andare in malora anche l’organizzazione dei Mondiali 2030 che la Spagna dovrà ospitare con Portogallo e Marocco. Tutto, pur di non vedere etichettare la manifestazione come “i mondiali voluti da Rubiales”. Che brutto posto è il calcio spagnolo.

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