Si parla degli anni settanta in California dove il tema del vino era sentito. Robert Mondavi è stato il primo a investire nella viticoltura della zona. Il mercato del vino sta calando e molte persone hanno trovato il modo di sponsorizzarlo
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Gli anni Settanta in California sono stati sinonimo di grande fermento anche nel vino. Nella Napa Valley, a nord di San Francisco, un folto gruppo di nuovi imprenditori agricoli stava piano piano aprendo la strada a quella che in poco tempo si sarebbe affermata come una nuova economia, quella del vino. Convertire le tenute in cantine, impiantare nuovi vigneti, il lavoro da fare era tanto.
Capofila di questo movimento è stato Robert Mondavi, il primo a investire nella viticoltura della zona in 33 anni. Ne ho letto di recente sul Financial Times: «Quando Dennis e Judy Groth si trasferirono nella Valley per produrre vino all'inizio degli anni Ottanta, provenivano dal mondo dei videogiochi, in cui la segretezza era essenziale. Quando il loro vicino di Oakville, Robert Mondavi, si offrì di mettere a loro disposizione la sua competenza e persino i recapiti di probabili acquirenti del loro vino, si dimostrarono profondamente sospettosi. Doveva spiarli, pensavano. Ma come chiunque avesse familiarità con il modus operandi di Mondavi avrebbe potuto confermare, quella sarebbe stata l'ultima cosa che gli sarebbe passata per la testa. Voleva solo assicurarsi che facessero del loro meglio per promuovere la reputazione della regione vinicola, allora in via di sviluppo».
Cooperazione e associazionismo
A raccontare questa storia Jancis Robinson (75 anni, Master of Wine e Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico, tra le altre cose), la cui collaborazione con la prestigiosa testata londinese è iniziata nel 1989. La sua rubrica è un classico e al tempo stesso un must per chiunque si voglia avvicinare al mondo della scrittura del vino. Ogni sabato sul FT Magazine si occupa dei temi più diversi con uno sguardo difficilmente replicabile, grazie anche alla sua grande esperienza e capacità di lettura del contemporaneo. In questo recente pezzo si è occupata dell'importanza della cooperazione e dell'associazionismo, tra gli strumenti più efficaci in mano ai produttori per promuovere i propri vini, la propria denominazione, il proprio territorio e, in ultima analisi, sé stessi. Racconta Jancis che oggi è la Napa Valley Vintners ad aver raccolto idealmente il testimone di Mondavi: un'associazione che si occupa di promuovere la zona attraverso eventi e campagne di marketing, valorizzando così il brand “Napa” nel mondo; che cerca di proteggerla, difendendo gli interessi delle cantine anche a livello politico; che incentiva nei confronti delle cantine associate, oltre 500, un percorso sempre più sostenibile a livello ambientale, certificandone alcune pratiche; che gestisce importanti attività filantropiche sul territorio; che fornisce risorse professionali ai suoi membri in termini di supporto aziendale e di corsi di formazione.
Altri esempi per parlare di vino
«Un altro esempio, seppur molto più recente — scrive Jancis Robinson — è Swartland in Sudafrica. Alla fine degli anni Novanta, nuovi produttori come Eben Sadie, Chris e Andrea Mullineux, Callie Louw e Adi Badenhorst avevano bisogno di mostrare al mondo la brillantezza dei loro vini, tipiche ottenute da vecchie viti di chenin blanc, e si resero conto che sarebbe stato impossibile agire da soli. Nel 2010 lanciarono The Swartland Revolution, un festival annuale di vino e musica (…) Continuano a condividere informazioni, spazi dedicati alla vinificazione e molto altro ancora».
Seguono altri esempi, come quello di Vigno, un gruppo di produttori nella Valle del Maule, nel Cile meridionale, che si sono uniti nel 2011 per formare un collettivo simile a una Doc con l'obiettivo di far rivivere i vecchi vigneti della zona, spesso coltivati ad alberello. Un'associazione che in poco più di un decennio ha contribuito a cambiare la percezione qualitativa del vino cileno, sdoganandone l'immagine un po' in tutto il mondo. O i produttori della regione del Wachau, in Austria, e di Finger Lakes nello stato di New York, fino a quelli di Bolgheri, di Barolo e di Barbaresco, in Italia.
Un racconto particolarmente interessante anche alla luce dello stato attuale del mercato del vino in tutto il mondo, che vede i consumi calare sempre di più. Che la strada per l'affermazione anche commerciale delle cantine passa attraverso la loro capacità di fare sistema è punto di vista che sembra nel 2025 particolarmente interessante.
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