Quanto sarebbe felice Philippe Diallo di fare il presidente della federcalcio in Italia. Potrebbe andarsene in giro tra Europei e Mondiali senza ansia, senza disagio, mettendo la mano sul cuore all’inno della nazione, poropoò poropò stringiamci a coorte l’Italia chiamò, senza dover temere che della nazione i calciatori poi vogliano occuparsi davvero, con un pensiero, una parola, un gesto.

Agli ultimi Europei di tre anni fa, solo inginocchiarsi per manifestare contro il razzismo parve tanto, parve tantissimo alla nostra Nazionale che schiava di Roma Iddio la creò. Giorgio Chiellini era il capitano. Incappò in una gaffe prima comica e poi illuminante, o forse il contrario, quando disse che «combatteremo il nazismo in altro modo». A suo modo fu perfino un profeta, il pericolo l’aveva visto arrivare. Ma poi non è successo niente.

Al povero Philippe Diallo tocca invece esercitare il suo mestiere in Francia, dove hanno costretto alle dimissioni il suo predecessore per un’uscita maldestra con Zinedine Zidane e per un’accusa di molestie sessuali.

Fare il presidente a Parigi significa avere in squadra il primo calciatore europeo che si è inginocchiato dopo l’omicidio di George Floyd; significa avere la seccatura di una squadra che nella sua storia avverte il senso di cosa significhi davvero essere nazione, parte di una comunità, interessarsi a quello che succede nelle case degli altri, sentire sulla propria pelle le stesse paure della gente comune, come hanno fatto Marcus Thuram sabato e la star delle star Kylian Mbappé domenica.

Cosa hanno detto

Il primo è andato dritto: «Come cittadini, dobbiamo lottare affinché il Rassemblement National non passi. In questa squadra, penso, anzi spero, che tutti condividano la mia opinione. Capisco che alcuni dicano che bisogna andare votare, non credo che sia sufficiente fermarsi qui». Il secondo è stato più sfumato. Ha dovuto resistere al pressing telefonico di Diallo che nella sera stessa di sabato gli chiedeva di correggere la rotta del compagno, allarmato, allarmatissimo, voleva che il capitano mandasse un messaggio meno divisivo.

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Il massimo della concessione di Mbappé è stato parlare di pericolo di estremismi, al plurale, tanto era chiaro a chi si stesse riferendo, di certo le elezioni non le vince Mélenchon. «Spero che faremo la scelta giusta e che sarò ancora orgoglioso di indossare questa maglia il 7 luglio», sottolineando che questa sì, questa è una cosa più importante di Austria-Francia, partita d’esordio agli Europei, da lui poi chiusa con il naso rotto. 

Il quotidiano sportivo L’Équipe ci ha giocato su, con un pezzo che spiega perché Thuram gioca più a sinistra di Mbappé, maliziosamente accusato di simpatie macroniane. Ogni tanto si sono visti a cena, ma Mbappé è andato in dribbling su Macron per due volte negli ultimi mesi: non si è lasciato convincere a rinunciare al Real Madrid per restare al PSG, non andrà alle Olimpiadi.

Ecco. Quante noie si eviterebbe Diallo, se fosse italiano. «Noi non parliamo di politica, noi parliamo di calcio», ha detto ieri in conferenza stampa uno dei responsabili della comunicazione in federcalcio. Era stato domandato a Davide Frattesi cosa pensasse di Mbappé. E del resto noi, nel senso di noi calciatori italiani, non parliamo né di politica né di altro, non parliamo di molte cose, non parliamo di nulla, casomai «sono domande da rivolgere al mister». Così Frattesi ora può sembrarci quasi Diderot per aver chiarito alla fine che «ognuno è libero di esprimersi nel rispetto di tutti», dopo aver chiarito che «però non ho seguito la vicenda».

I calciatori più impegnati

C’è tutto un mondo, fuori dal calcio italiano, fatto di atleti che invece le vicende le seguono, e ne parlano. In Inghilterra Rashford sfidò Boris Johnson e il governo inglese in pandemia, costringendolo a cambiare politica sulle mense scolastiche per gli indigenti. In Germania Leon Goretzka ha incontrato una donna sopravvissuta alla Shoah promettendole di prendere un impegno: parlare di lei e della sua storia anche ai compagni. I compagni sono quelli che due anni fa volevano mettere una fascia arcobaleno intorno al braccio ai Mondiali in Qatar, la Fifa minacciò sanzioni e loro fecero la foto con la mano sulla bocca. Il calcio tedesco è quello nel quale due allenatori come Streich e Xabi Alonso hanno preso posizione contro AfD.

Thuram è il figlio di Lilian. Una delle prime polemiche politiche intorno alla nazionale si sollevò agli Europei 1996. Le Pen padre disse che c’erano troppi naturalizzati per convenienza. Didier Deschamps, il cittì di oggi, all’epoca faceva il calciatore e fu tagliente: «Ancora una volta, Le Pen ha sparato una sciocchezza». Dieci anni dopo, nel 2006, il presidente del Front National rilanciò la sua tesi: «Ci sono troppi giocatori neri in Nazionale». Gli rispose quell’antipatico del ct Domenech: «E ci sono troppi idioti in politica, soprattutto lui».

I Giochi

Marine dopo Jean-Marie, Marcus dopo Lilian. Questa saga di padri contro padri e figli contro figlie arriva a poco meno di 40 di giorni dalle Olimpiadi, la festa dello sport in cui ciascuno può vedere quel che gli piace, il trionfo del nazionalismo o l’incontro tra i popoli.

L’edizione parigina con le guerre intorno andrà in scena quando la Francia potrebbe avere un nuovo governo, guidato da un partito che ha definito una vittoria ideologica la nuova legge che prevede forti limitazioni ai diritti dei migranti, un partito guidato da una leader che ha giudicato inopportuna la scelta di far cantare alla cerimonia d’apertura Aya Nakamura, cresciuta nello stesso sobborgo di Mbappé, nata in Mali, per Le Pen «uno schiaffo al popolo francese, non un bel simbolo».

Per un capriccio del Caso, Thuram e Mbappé hanno parlato mentre la fiaccola olimpica sta attraversando i territori d'Oltremare, da Guadalupa alla Martinica, ma non la Nuova Caledonia. Non è finita qui. Altri parleranno, atleti, rugbisti, la Nazionale di calcio studia un’azione collettiva per andare oltre la distanza ideologica tra Thuram e Mbappé. Forse una nota, forse una lettera come quella firmata nel pieno degli scontri di Nanterre. Secondo la stampa francese accadrà entro due o tre giorni. Sarà una chiamata alle urne sulla base di valori comuni.

C’è molta attesa per le prossime uscite in conferenza stampa, si candidano Jules Koundé e Aurélien Tchouaméni, altri due ragazzi che parlano di vita, non solo di 4-4-2. Secondo L’Équipe, Mbappé ha riunito i compagni e ha chiesto se ci fosse qualcuno in imbarazzo, se per caso qualcuno non avesse voglia di impegnarsi. «Solo una cosa. Venite a dirmelo in privato, nella stanza».

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