La sentenza della Corte costituzionale ha fatto saltare il limite automatico alle retribuzioni. Così, in attesa di una norma, le amministrazioni possono ripristinare i mega compensi
La pratica per i dirigenti apicali è stata molto veloce all’Inps. Niente code, niente attese. Pronti, via. Dopo che la Corte costituzione ha cancellato il tetto di 240mila euro per gli stipendi pubblici, all’Istituto nazionale di previdenza sociale è già scattato l’adeguamento delle retribuzioni per molti dirigenti di prima fascia. E, secondo quanto risulta a Domani, presto altre amministrazioni, dagli altri enti pubblici alle authority, potrebbero procedere in automatico. Senza attendere il nuovo decreto della presidenza del Consiglio.
Aumento con sentenza
La Consulta ha emesso il verdetto il 28 luglio, dichiarando incostituzionale la norma introdotta dal governo Monti e fissata da Matteo Renzi, rimandando il nuovo inquadramento normativo a un Dpcm di Giorgia Meloni.
Nel frattempo è tornata in vigore la vecchia legge, che riporta il limite del compenso al livello del primo presidente della corte di Cassazione, ossia a un massimo di 311mila euro.
«Le retribuzioni di tutti i dipendenti dell’Istituto, compresi i dirigenti di livello generale, sono disciplinate dai contratti collettivi e individuali secondo le disposizioni legislative», spiegano dall’Inps.
«In particolare, le retribuzioni dei dirigenti generali sono finanziate con un fondo di ente che, dopo la sentenza 135/2025 della corte Costituzionale, non è stato incrementato né per provvedimenti interni né attraverso altre modalità, così come non sono stati modificati gli importi previsti dai contratti collettivi», aggiungono dall’istituto.
Fuor di burocratese, significa che è stato ripristinato il livello retributivo precedente, perché è saltato il tappo che comprimeva i contratti. E che per alcuni dirigenti era di 300mila euro all’anno. Ma, come sostiene la nota dell’Inps, senza maggiori esborsi, grazie agli accantonamenti fatti in passato.
La questione riguarda, in maniera diversa rispetto alle loro posizioni, i 43 dirigenti di prima fascia dell’Istituto: quasi tutti quelli che nel 2024 hanno percepito 255mila euro, come riferito dalle tabelle ufficiali (la soglia superava già i 240mila euro attraverso le indennità).
Nella categoria figura anche la direttrice generale, Valeria Vittimberga, una delle dirigenti più stimate dal potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari. È stato il consigliere principe di Giorgia Meloni a caldeggiare il suo nome, in virtù di una conoscenza di vecchia data.
Ognuno, insomma, ha un rialzo diverso, in base alle specifiche indennità. La sentenza della Corte ha un’incidenza sul singolo da calcolare in base ai contratti. Vittimberga è il nome più in vista, perché è l’attuale direttrice generale. Ma ci sono anche altri nomi di primo piano all’interno dell’istituto di previdenza, come l’ex dg, Vincenzo Caridi, considerato un fedelissimo di Pasquale Tridico al momento della nomina, ma che ha saputo conquistarsi la fiducia anche a destra. Nell’elenco ci sarebbe pure Fabio Vitale, fedelissimo del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida.
Ma attualmente ricopre il ruolo di direttore dell’Agea, la cassaforte dell’agricoltura (oltre a essere componente del cda dell’Inps), trovandosi in una condizione di aspettativa non retribuita.
Incertezza sulla spesa
La situazione, comunque, aumenta le incertezze.
«Qualcuno sostiene che questi devono essere aggiornati dal punto di vista delle indicizzazioni che si sono perse nel tempo in questi anni e quindi si potrebbe arrivare quasi a 350-360.000 euro», aveva detto il ministro della Pa, Paolo Zangrillo, in un’intervista a Radio 24. In quella sede aveva garantito che gli aumenti sopra i 300mila euro avrebbero riguardato solo «10-12 persone complessivamente».
E quindi con un impatto minimo per le casse dello stato. D’altra parte aveva ammesso che erano in corso delle verifiche. Resta tutto da vedere, quindi, l’effetto sulla spesa al netto dei mantra di autoconvincimento.
In un contesto a elevato tasso di incertezza, sembra trascorsa un’era geologica da quando il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, chiedeva tetti ai manager di realtà che beneficiavano di contributi pubblici. Adesso viene tolto direttamente ai dirigenti della Pa. Eppure era solo lo scorso anno, all’inizio dell’esame della manovra economica.
Oggi le varie amministrazioni statali stanno valutando come muoversi e capire il margine di azione per l’eventuale adeguamento alle normative.
C’è chi sta riflettendo ancora e chi invece ha già dato seguito alle novità, sfruttando l’automatismo. Come nel caso dell’Inps.
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