«Presidente Conte, cosa sta facendo per la verità su mio figlio? E il ministro degli Esteri Di Maio? I rapporti bilaterali con l’Egitto sono sempre più un’amicizia». Una settimana fa la madre di Giulio Regeni ha denunciato i silenzi e il disimpegno del governo sul caso del ricercatore ucciso. Arriva, tardi, Luigi Di Maio, e lo fa per dire che è il momento di coinvolgere l’Unione europea. La strategia di per sé ha senso: responsabilizzare l’Europa serve ad accerchiare il Cairo. Del resto la Francia accoglie il presidente egiziano con tappeti rossi e legione d’onore. Costringere gli altri governi a prendere posizione vale a fare pressione su al Sisi ora che la procura di Roma ha tratto le conclusioni: le sue accuse ricadono su quattro agenti dei servizi segreti, che andrebbero processati se solo l’Egitto collaborasse, cosa che non fa. Fare pressione come Ue serve per isolare l’Egitto, e di converso, per non isolare l’Italia.

Il “vertice su Regeni”

Il ministro degli Esteri questo mercoledì ha annunciato «un vertice su Regeni» con il presidente del Consiglio, il ministro degli Interni e della Difesa. Il “vertice su Regeni” era in realtà un punto della situazione su due casi, quello dei 18 pescatori di Mazara del Vallo sequestrati in Libia, che ha occupato la maggior parte della discussione, e poi il caso Regeni. Alla fine dell’incontro Di Maio ha dichiarato via stampa e con un video sui social che «sui diritti umani non si fanno passi indietro, devono esprimersi anche i partner europei con azioni mirate». Cosa chiederà il ministro all’Europa, a chi esattamente, come, quando? La risposta, generica, è che «la Farnesina avvierà iniziative di sensibilizzazione». L’obiettivo dichiarato è ottenere dall’Egitto l’elezione di domicilio degli indagati dalla procura di Roma. È un passaggio burocratico, il punto è ottenere la loro presenza al processo, che altrimenti si fa in contumacia; ma il Cairo per ora non ha intenzione di consegnare i membri dei servizi. I deputati Cinque stelle in commissione Esteri invocano «pressioni politiche ed economiche» sul Cairo: «Il caso Regeni deve diventare europeo».

L’Europa vota

In realtà lo è già. Anche se Di Maio non ne fa menzione, proprio questo giovedì l’Europa vota una risoluzione che ha a che fare con le questioni da lui poste. Bruxelles è arrivata prima che Di Maio la invocasse. L’iniziativa è dell’Europarlamento, l’efficacia dipenderà dai governi. Si tratta di una risoluzione promossa da socialdemocratici, liberali (compresi gli eletti del partito di Macron quindi), verdi e sinistra. Su Regeni, il testo prende posizione netta: dice che per le istituzioni, sia nazionali che europee, intraprendere tutte le azioni e le conseguenze diplomatiche necessarie alla verità «è dovere imperativo». Inoltre «deplora il tentativo delle autorità egiziane di fuorviare le indagini e il rifiuto di fornire documenti e informazioni». La risoluzione si focalizza sulle violazioni dei diritti umani egiziane, anche quelle ai danni di Eipr e di Patrick Zaki, il ricercatore che studiava a Bologna ed è ancora in una prigione egiziana. Pierfrancesco Majorino, europarlamentare Pd che ha negoziato il testo per i socialdemocratici, dice che «la versione che portiamo al voto giovedì mattina esprime posizioni molto avanzate».

Ci sarà una votazione per punti, poi venerdì il voto sul testo finale. «Sono fiducioso: una parte ampia dei colleghi condivide la necessità e lo spirito del testo». La bozza è audace soprattutto per le misure che contempla e le pressioni che chiede di mettere in campo, a stati e Ue. C’è la richiesta di sanzioni mirate ai funzionari responsabili (il che ha effetti sul caso Regeni). C’è la richiesta di «una profonda e completa revisione delle relazioni tra Ue ed Egitto». E poi ci sono un paio di passaggi che alla Francia non resteranno indifferenti. Gli europarlamentari ricordano che «gli stati non devono assegnare premi ai leader responsabili di violazioni dei diritti umani»; Macron ha appena consegnato la legione d’onore ad al Sisi. «Considerazioni geopolitiche non possono andare a discapito dei diritti umani», dice l’assemblea.

Le contraddizioni

Gli europarlamentari condannano pure il mancato rispetto da parte degli stati di una risoluzione approvata in autunno: chiesero di non esportare armi e strumenti di sorveglianza a paesi come l’Egitto che violano i diritti. Hannah Neumann, relatrice di quella risoluzione sull’export di armi, dice: «Macron, continuando a fornire armi ad al Sisi, sta violando tutte le regole europee sulle esportazioni di armi ed è complice delle violazioni dei diritti: quelle armi sono usate per la repressione. Le esportazioni della Germania al Cairo hanno avuto un picco quest’anno». E in questo campo neppure l’Italia è coerente: esempio recente sono le due fregate militari vendute quest’anno ad al Sisi. Si suppone che Di Maio ne sia al corrente.

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