«Per Alberto non si è fatto ciò che era doveroso fare. Sono stata troppo paziente ed educata, ma ora la pazienza è finita». A un anno esatto dall’inizio della detenzione a Caracas di Alberto Trentini, Armanda Colusso, la mamma del cooperante denuncia in conferenza stampa a Milano, a Palazzo Marino, la mancanza di progressi per la sua liberazione. 

Colusso ha ricordato come «fino ad agosto il nostro governo non aveva avuto alcun contatto col governo venezuelano», fatto che per lei «dimostra quanto poco si siano spesi» per il figlio. Nonostante tre telefonate ricevute dalla premier Giorgia Meloni e due incontri con il sottosegretario Mantovano, la famiglia ribadisce che «da subito ci è stato imposto il silenzio per non danneggiare la posizione di nostro figlio. Ci siamo fidati, abbiamo operato in silenzio, ma poi non potevamo continuare a essere ignorati».

Colusso ha espresso con chiarezza il suo obiettivo: «Spero che mi venga finalmente concesso il visto, il mio scopo sarebbe andare a trovare Alberto in carcere».
 

«Un anno di notti insonni. Alberto ci manca ogni giorno»
 

Colusso ha descritto i dodici mesi trascorsi come un periodo di dolore costante. «È un’ingiustizia di cui non sappiamo darci pace. Alberto ci è mancato e ci manca ogni giorno. Mio marito non sta bene. Abbiamo vissuto notti insonni immaginando come sta Alberto, cosa spera, di cosa ha paura». Durante la conferenza stampa, la madre del cooperante ha ricordato anche la testimonianza di un compagno di cella svizzero del figlio: «Una cella di due metri per due, per due persone, in condizioni igieniche difficili». Sottolineando come il governo svizzero sia «andato a Caracas a prendersi il suo prigioniero, così come sono stati liberati prigionieri americani, colombiani e di altri Paesi che hanno raccontato le medesime condizioni di detenzione».

Secondo l’avvocata della famiglia Trentini, Alessandra Ballerini lo stallo nelle trattative con il governo di Caracas dipende anche dal quadro politico: «Il mancato riconoscimento italiano delle elezioni in Venezuela e della legittimità del governo Maduro non ha reso fluidi i rapporti». Per questo, ha ricordato, la famiglia aveva sperato che la recente canonizzazione di alcuni santi venezuelani potesse «aprire un canale diplomatico e non solo di colloqui».

«Il Vaticano è stato attivato - ha aggiunto -. La canonizzazione era il momento giusto. Si è espresso anche il Patriarca di Venezia, che ha aderito al digiuno per Alberto e oggi ha rilasciato dichiarazioni. Si è molto speso per lui».

L’avvocata Ballerini: «Maduro faccia un gesto di distensione»

Infine l’avvocata ha ricordato che, dopo un anno, «non è sopportabile un giorno in più di detenzione». Ha denunciato inoltre la presenza di sedicenti mediatori: «Si sono palesati negoziatori, alcuni millantando un potere che non avevano, un mix tra italiani e venezuelani. Quando sembrava che Alberto potesse arrivare a casa, poi complici anche lo scenario internazionale, alla fine non è tornato». E ha rivolto un appello diretto al governo di Caracas: «Maduro faccia un gesto di distensione. Lui e i suoi ministri rispettino le promesse e permettano ad Alberto di tornare a casa. Questo è il miglior modo di invocare la pace».

Le carte dell’Italia per la liberazione

Secondo quanto appreso da Domani, fonti vicine al governo venezuelano rivelano che la liberazione del cooperante italiano Alberto Trentini potrebbe dipendere da una semplice telefonata del premier o del capo dello Stato italiani a Nicolás Maduro. Dietro questa richiesta c’è un altissimo livello di crediti che l’Italia vanta verso il Venezuela: non solo la compagnia petrolifera Eni, ma anche imprese come Webuild, Ghella, Astaldi, Danieli e il gruppo sanitario San Donato Gruppo – tutti con attività sospese o in crisi nel paese sudamericano. 

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