Mentre la quarta ondata dell’epidemia di Covid-19 sta esplodendo quasi ovunque, i medici, gli scienziati e le autorità sanitarie di molti paesi del mondo si domandano: bisogna vaccinare anche i più giovani?

L’Organizzazione mondiale della sanità, che nel corso della pandemia si è sempre dimostrata fin troppo cauta, il 3 giugno scorso scriveva: «Per poter dare raccomandazioni generali sulla vaccinazione dei bambini contro il Covid è necessario prima avere più evidenze». 

Purtroppo col passare del tempo stiamo accumulando sempre maggiori prove scientifiche del fatto che i danni provocati dal Covid nei giovani e nei bambini sono molto superiori ai rischi che comporterebbe la loro vaccinazione.

E la stragrande maggioranza degli scienziati e delle autorità sanitarie dei vari paesi uno dopo l’altro stanno decidendo di vaccinare anche i più giovani. Perché?

Vaccino per i bambini negli Usa (Copyright 2021 The Associated Press)

Due forme di Covid

Da mesi, alcuni scienziati, medici ed esperti – una esigua minoranza sul totale, va detto – ripetono: «Se infettati dal coronavirus, i giovani non sviluppano una malattia grave e non muoiono, quindi non c’è alcuna ragione per vaccinarli dato che i rischi della vaccinazione sono inferiori ai benefici». 

Invece, ogni giorno che passa, con l’accumularsi delle evidenze scientifiche, stiamo capendo sempre meglio che purtroppo i giovani infettati dal Covid si ammalano, talvolta in forma grave, riportano danni cronici che rischiano di durare tutta la vita, e muoiono – anche se fortunatamente molto meno degli anziani.

In particolare, i giovani vengono colpiti in maniera particolare da due forme di Covid: il cosiddetto long Covid, e la Mis-C, che sta per Multisystem inflammatory syndrome in children, ovvero Sindrome multisistemica infiammatoria del bambino. Per capire cosa siano bisogna spiegare i meccanismi della malattia.

Il Sars-CoV-2 entra nel nostro organismo per via aerea attraverso il naso e la bocca, arriva nei polmoni e qui, tramite la sua proteina spike, si lega a speciali recettori chiamati Ace2 presenti sulla membrana delle cellule dei nostri alveoli polmonari, penetra dentro di esse, si replica generando nuove copie del virus che riempiono la cellula fino a farla scoppiare, poi i nuovi virus prodotti invadono le cellule vicine, e così via, distruggendo a poco a poco le pareti degli alveoli.

Questo danno progressivo richiama nei polmoni un gran numero di cellule immunitarie che cominciano a secernere sostanze chiamate citochine, le quali attirano in loco altre cellule immunitarie che distruggono tutto quel che trovano sul loro cammino e poi rilasciano altre citochine le quali richiamano altre cellule ancora, e così via.

Questa enorme massa di cellule immunitarie scatena una super infiammazione polmonare che all’inizio distrugge tutto: virus e tessuto polmonare. Nella maggior parte dei casi, dopo una settimana o due, questa super infiammazione regredisce perché cominciano ad arrivare nei polmoni le cellule immunitarie specializzate: i linfociti B che producono anticorpi contro il virus, e i linfociti T che uccidono solo il virus e le cellule polmonari infettate, e non tutte le cellule in maniera indiscriminata. E noi cominciamo a guarire.

La risposta immunitaria

Nei giovani in genere la risposta immunitaria condotta dai linfociti B e T funziona alla perfezione, perciò nella maggior parte dei casi essi guariscono senza danni, né ai polmoni né agli altri organi.

Purtroppo però, in alcuni casi, se l’infiammazione lede le pareti degli alveoli, il virus può penetrare dentro i vasi sanguigni del polmone, e qui può fare due cose: può legarsi ai recettori Ace2 presenti anche nelle cellule dell’endotelio – il sottile tessuto che costituisce le pareti dei vasi – invadendole e lesionandole; oppure, trasportato dal sangue, può anche diffondersi in tutti gli organi del corpo – cuore, fegato, cervello, e così via – provocando in essi un’infiammazione più o meno grave, simile a quella che induce nel polmone.

I danni più seri del Covid sono causati non dal virus, ma dalla eccessiva risposta del nostro sistema immunitario il quale in certi casi scatena la super infiammazione che distrugge sia le cellule infettate dal virus sia quelle sane, e quindi, in determinati organi, come nel polmone, può provocare “cicatrici” talvolta permanenti.

Nell’anziano le cellule immunitarie specializzate – i linfociti B e T – sono meno efficienti, e quindi capita spesso che quando il virus invade il polmone prevalga la risposta delle cellule immunitarie aspecifiche, che provocano una polmonite infiammatoria gravissima, spesso letale.

Per fortuna, invece, nei giovani le cellule specializzate B e T sono molto efficienti, e quindi nella maggior parte dei casi l’infiammazione ai polmoni in breve tempo regredisce e scompare. A meno che qualche esemplare del virus riesca a infiltrarsi nei vasi polmonari.

Perciò, un giovane infettato dal Covid può andare incontro a vari destini. Nella maggior parte dei casi, guarisce senza che il Covid gli lasci cicatrici e lesioni permanenti né nel polmone né negli altri organi.

Il long Covid

In un certo numero di casi il virus, penetrato nei vasi sanguigni, può generare un’infiammazione sub cronica diffusa, estesa a uno o più organi, che dà sintomi anche prolungati nel tempo. Questo è il cosiddetto long Covid.

Un numero sempre crescente di studi dimostra che su cento giovani infettati dal coronavirus, venti sviluppano il long Covid, che può dare sintomi diversi a seconda degli organi coinvolti: difficoltà di respiro o debolezza se vengono colpiti i polmoni; cefalee, difficoltà di concentrazione e insonnia se viene colpito il cervello; diarrea e coliti se viene colpito l’intestino, e così via. Questi sintomi possono durare mesi o anche più a lungo. Quanto a lungo? Ancora non possiamo saperlo, ma potrebbero anche durare anni.

Insomma, in un numero per fortuna più limitato di casi, i virus invadono i vasi sanguigni e si diffondono a quasi tutti gli organi provocando una grave infiammazione estesa. Quando ciò accade nei più piccoli, essi sviluppano la Sindrome infiammatoria multisistemica del bambino.

La Mis-C può colpire i polmoni, il cuore, il cervello, i reni, il fegato, il pancreas, provocando in quei poveri bambini febbri altissime, seri sintomi cerebrali, polmoniti, miocarditi, nefriti gravissime che possono portare anche alla morte.

Negli Stati Uniti, il paese che con maggiore cura aggiorna le statistiche, ci sono stati finora più di 5.500 casi di Mis-C, con 48 morti. Quanto a lungo dureranno questi sintomi?

Purtroppo un sempre maggiore numero di studi porta a sospettare che l’infiammazione persistente del Mis-C provochi nei vari organi lesioni croniche che potrebbero durare per tutta la vita. Ad esempio, si è visto che spesso nei bambini questa sindrome può provocare miocarditi che lasciano cicatrici, probabilmente permanenti, al cuore. Polmoniti che lasciano una fibrosi che danneggia, forse per sempre, le loro capacità respiratorie. Pancreatiti croniche che provocano diabete, e così via.

Alcuni scienziati temono che l’infiammazione cronica del Mis-C a livello dei vasi possa indurre una arteriosclerosi precoce che in futuro potrebbe diminuire l’aspettativa di vita di questi poveri bambini. Lo scopriremo solo tra qualche decennio.

Una cosa comunque è chiara: il coronavirus fortunatamente uccide i bambini solo in casi rarissimi, ma induce un’infiammazione persistente che potrebbe dare lesioni croniche probabilmente permanenti in un numero non trascurabile di casi. Invece i vaccini, che per loro natura dopo poche ore vengono distrutti e scompaiono dal nostro organismo, possono dare al massimo un’infiammazione transitoria, che perciò se provoca reazioni avverse (ad esempio, miocarditi) le provoca in un numero da centinaia a migliaia di volte inferiore rispetto al virus. Perciò, prima che sia troppo tardi, vaccinate i vostri bambini.

© Riproduzione riservata