Nelle ultime settimane più di 120 casi confermati o sospetti di vaiolo delle scimmie – una rara malattia di origine virale che solo di rado si manifesta al di fuori dell’Africa – sono stati segnalati in almeno 12 nazioni non africane. Per la precisione, ci sono stati una settantina di casi sospetti e venti confermati in Gran Bretagna, uno negli Stati Uniti, tre qui da noi in Italia, due in Canada, e una trentina in Spagna e in Portogallo. 

Secondo i dati comunicati il 22 maggio dall’Organizzazione mondiale della sanità, i casi confermati sono 92. Sempre l’Oms ritiene che i casi accertati sono destinati ad aumentare, «man mano che la sorveglianza si espande nei paesi non endemici». Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha detto che «tutti dovrebbero essere preoccupati» per la malattia, rispondendo a una domanda sul tema, durante il suo viaggio in Corea del Sud.

La comparsa del virus in popolazioni così distanti e separate del mondo, in aree dove non si era manifestato praticamente mai in precedenza, ha allarmato gli scienziati, che si sono messi al lavoro in cerca di risposte. Ma di una cosa possiamo essere certi fin d’ora: il virus del vaiolo delle scimmie non provocherà mai una pandemia come quella del Covid-19, per la natura stessa del virus.

La malattia

Foto CDC – Yvan J.F. Hutin, et al. Outbreak of Human Monkeypox, Democratic Republic of Congo, 1996 to 1997. Emerging Infectious Diseases Journal, Vol. 7, No. 3, May – June, 2001 (via Ap)

«Una diffusione del virus di questo genere ci deve fare tenere gli occhi aperti», ha detto Anne Rimoin, un’epidemiologa della Ucla University che da più di dieci anni studia il vaiolo delle scimmie nella Repubblica democratica del Congo, ed è una delle massime esperte mondiali della malattia.

Il vaiolo delle scimmie si chiama così perché fu per la prima volta identificato nel 1958 in alcuni esemplari di scimmie da laboratorio, ma sarebbe più giusto chiamarlo “vaiolo dei roditori”, perché l’ospite naturale più frequente del virus sono alcuni roditori – scoiattoli, ratti, ghiri – dell’Africa centrale e orientale. Più di frequente il virus si trasmette da animale ad animale, e solo molto raramente dall’animale all’uomo.

Nell’uomo provoca una malattia seria: causa febbre, dolori muscolari, ingrossamento dei linfonodi e la comparsa di vescicole diffuse sul corpo – simili a quelle del vaiolo – dapprima ripiene di un liquido sieroso e poi di pus. Un ceppo del vaiolo delle scimmie – il ceppo Congo – è assai letale e può uccidere fino al 10 per cento delle persone che infetta. Invece, il ceppo del virus che si sta diffondendo adesso del mondo – quello West Africa – provoca una malattia lieve, letale in meno dell’1 per cento dei casi. In genere guarisce spontaneamente nel giro di due settimane o poco più.

Non dobbiamo preoccuparci

In media ogni anno nei paesi dell’Africa orientale e centrale il vaiolo delle scimmie infetta poche migliaia di individui; sino al mese scorso, i casi segnalati nei paesi extra africani erano una decina o poco più, quasi tutti individui che avevano viaggiato in Africa o che erano stati infettati da animali d’importazione.

Il numero dei casi segnalati al di fuori dell’Africa nelle sole scorse due settimane – destinato inevitabilmente ad aumentare – ha già superato quello dei casi rilevati al di fuori del continente a partire dal 1970, anno in cui il virus è stato identificato per la prima volta come causa di una malattia nell’essere umano. Questa rapida diffusione del virus ha fatto scattare l’allarme rosso tra gli scienziati, ma non dobbiamo preoccuparci troppo.

«Il virus del vaiolo delle scimmie non è neanche lontanamente paragonabile al Sars-CoV-2, il coronavirus responsabile della pandemia di Covid-19», ha detto Jay Hooper, virologo del Centro ricerche malattie infettive dell’esercito americano di Ford Derrick, nel Maryland. Non si trasmette da uomo a uomo con la stessa rapidità. Inoltre, poiché è strettamente affine al virus del vaiolo, noi abbiamo già a disposizione farmaci e vaccini per limitarne il contagio.

Meno contagioso

A differenza del Sars-CoV-2, che si diffonde per aerosol attraverso le minuscole goccioline emesse quando respiriamo, il virus del vaiolo delle scimmie si trasmette solo per contatto diretto, cioè un essere umano per contagiarsi deve entrare in contatto con i liquidi corporei – come la saliva emessa con i colpi di tosse o il muco di uno starnuto – o con il pus delle vescicole di un infetto. E tuttavia il contagio da uomo a uomo è stato segnalato in qualche raro caso, nel passato.  

«Ciò significa che una persona infetta dal vaiolo delle scimmie probabilmente infetterà molti meno individui di qualcuno infettato dal Sars-CoV-2»m aggiunge Hooper. Ricordate il valore denominato R0, cioè il numero basico di riproduzione, quel valore che indica quante persona può contagiare in media un individuo infetto da un determinato virus?

Bene. L’R0 della variante Omicron del coronavirus è pari circa a 18, il che significa che ogni portatore di Omicron può infettare in media 18 altri individui; invece, in genere il virus del vaiolo delle scimmie ha un R0 inferiore a 1, il che significa che ogni essere umano infetto dal virus ne contagia in media meno di uno: in questo modo ogni focolaio epidemico del virus si autolimita e si estingue in breve tempo.

Un virus stabile

Il 19 maggio alcuni ricercatori dell’Università di Lisbona sono stati i primi a isolare e sequenziare il virus del vaiolo delle scimmie da un paziente portoghese infetto che presentava sintomi e lesioni simili a quelle del vaiolo. I dati preliminari erano rassicuranti, poiché, come detto, il virus apparteneva al ceppo West Africa, che provoca una malattia più lieve.

Tuttavia, non sappiamo se questo ceppo che si sta diffondendo nel mondo sia in tutto e per tutto identico al ceppo West Africa originario, e se i focolai epidemici che stanno spuntando qua e là nelle varie nazioni del mondo siano tutti collegati tra loro oppure no.

«Se riuscissimo a rispondere a queste domande potremmo capire se questo improvviso incremento di casi dipenda da una mutazione che permette a questo virus di trasmettersi più rapidamente da uomo a uomo rispetto al passato, e se questi focolai epidemici abbiano tutti un’origine comune», dice Raina McIntyre, epidemiologa dell’Università di Sidney, in Australia.

A differenza del Sars-CoV-2 – un virus a RNA soggetto a frequenti mutazioni e che sviluppa rapidamente nuove varianti che sfuggono all’immunità acquisita grazie ai vaccini o alle infezioni precedenti – il virus del vaiolo delle scimmie è un virus a Dna molto più stabile poiché, «come tutti i virus a Dna, possiede meccanismi che rilevano e riparano le mutazioni del genoma, il che rende improbabile l’origine di nuove varianti che diventino più adatte alla trasmissione da uomo a uomo», aggiunge McIntyre.

Il paradosso del vaccino

Però, il fatto che si siano rilevati casi di infezione da virus delle scimmie in esseri umani apparentemente non connessi tra loro suggerisce che il virus possa essersi diffuso in maniera silente. «E questo sarebbe molto preoccupante», commenta Andrea McCollum, un’epidemiologa del team di prevenzione del vaiolo dei Centers for Disease Control statunitensi.

Mentre il Sars-CoV-2 può essere diffuso anche da portatori asintomatici, nel caso del vaiolo delle scimmie in genere sono solo i malati sintomatici, che hanno lesioni epidermiche che difficilmente passano inosservate, a trasmettere la malattia. Questo nuovo virus può essere diffuso da portatori asintomatici? Se lo fosse, ci sarebbe da preoccuparsi.

Un’altra domanda che resta senza risposta è perché la maggior parte dei casi colpiscano individui maschi, di età fra i 20 e i 50 anni, molti dei quali gay o bisessuali, che hanno rapporti sessuali con individui di sesso maschile. «Fino ad ora non si conoscevano casi di trasmissione del virus del vaiolo delle scimmie per via sessuale, e tuttavia il sesso costituisce un contatto ravvicinato», afferma Rimoin. Probabilmente il virus è penetrato nella comunità omosessuale in maniera accidentale e continua a circolare al suo interno. Ulteriori ricerche ci permetteranno di comprendere quali siano i suoi fattori di rischio.

In questa vicenda, la cosa più paradossale è questa: i casi di vaiolo delle scimmie sono dovuti al fatto che il vaiolo è stato eradicato dal pianeta grazie alla vaccinazione di massa, e quindi noi da decenni abbiamo smesso di vaccinarci. Perché il vaccino contro il vaiolo umano ci avrebbe anche protetto contro il vaiolo delle scimmie, che ad esso è molto simile.

E comunque possiamo stare tranquilli: il vaiolo delle scimmie non provocherà la prossima pandemia.

© Riproduzione riservata