Sabato 6 settembre l’udienza di convalida d’arresto dei due cittadini turchi – rispettivamente del 2000 e del 2003 – sorpresi in un b&b in possesso di armi. Gli inquirenti cercano di fare luce sui legami col “capo” del sodalizio criminale detenuto al 41bis. Amici o nemici? Nell’ordinanza del 2024 gli inquirenti descrivono l’associazione come dedita alla «conquista della supremazia su altri gruppi che hanno infestato lo stato turco»
«Ti posso dire una cosa confidenziale? Sacrifico la mia vita per il fratello Baris». Parlavano così i fedelissimi del boss turco Baris Boyun, arrestato a maggio 2024 in provincia di Viterbo, e oggi detenuto al regime di 41bis. Accusato di essere capo di un’associazione nata e sviluppatasi per commettere reati di vario tipo – traffico internazionale di armi, omicidi, stragi, traffico di sostanze stupefacenti, ricettazione e autoriciclaggio, falsificazione di documenti –, il nome di Boyun, meglio noto come «fratello maggiore», è comparso nuovamente sulle cronache dopo che due cittadini turchi, in possesso di pistole, mitra e caricatori pieni di proiettili, sono stati arrestati nella città dei papi, poco prima dell’inizio della festa di Santa Rosa.
Il caso su cui ha acceso i fari la procura viterbese potrebbe ben presto passare alla Dda di Roma. Esclusa la pista sul terrorismo, rimane infatti quella relativa ai possibili legami tra i due fermati – di cui sabato alle 9 è prevista l’udienza di convalida dell’arresto – e Boyun. Amici o nemici? Le ipotesi al vaglio degli inquirenti sono diverse: i turchi sorpresi nel b&b e accusati di possesso d’armi stavano organizzando l’evasione del capo, non più detenuto a Viterbo ma in un altro carcere di massima sicurezza? O, al contrario, stavano preparando un atto intimidatorio nei confronti del gruppo rivale di Boyun? Le armi di cui sono stati trovati in possesso erano state appena acquistate o erano pronte a essere vendute? In definitiva, servivano per difendere o per attaccare? E poi: c’è qualche collegamento con l’arresto, avvenuto lo scorso 26 agosto, di Ismail Atiz, destinatario di un mandato internazionale da parte di Ankara?
Mentre gli investigatori lavorano a ritmo serrato per rispondere a tutte queste domande e altri cinque turchi sono stati prima identificati a Montefiascone e poi rilasciati per mancanze di accuse, il livello di allerta è alto. Soprattutto se venisse confermata l’affiliazione degli arrestati, rispettivamente classe 2000 e 2003, al gruppo criminale di Boyun. Dalle carte giudiziarie, quelle sull'arresto del «fratello maggiore», il quadro dei pubblici ministeri delinea «un sodalizio criminale che sta continuando dall’Italia una guerra per conquistare la supremazia su altri gruppi che hanno infestato lo stato turco».
Oltre alla «compravendita e trasferimento delle armi» e al «contrabbando di sigarette», il sodalizio viene descritto pure come «dedito al favoreggiamento dell’immigrazione di cittadini turchi in Italia e in Europa». Attività, quest’ultima, «con cui l’associazione si finanzia grazie al denaro richiesto ai migranti per ciascuna delle tratte, ma anche con cui fa proseliti, destinati a essere collocati in varie parti dell’Europa».
Il trasporto «di cittadini turchi attraverso canali clandestini – si legge ancora nell’ordinanza del 2024 – costituisce anche un facile metodo di contrabbando di contanti o di merce illegale». Ma altrettanto «allarmante – dicono gli atti – è la capacità dell’associazione di spostare il denaro conseguito attraverso le molteplici attività criminali dalla Turchia all’Europa, con il metodo del token e dell’hawala, un sistema di trasferimento di valori antichissimo, legato alla legge islamica tradizionale, basato sulla fiducia di una vasta rete di mediatori, cui il soggetto che intende inviare denaro in un altro paese si rivolge e versa la somma da inviare».
Quando, il 19 gennaio di un anno fa, Boyun è stato arrestato, fu trovato in possesso di «9.200 euro in contanti nel borsello» di cui «non chiarì la provenienza», ma anche di «una pistola nascosta all’interno di un doppio fondo» in macchina. Poi le intercettazioni: quelle in cui si comprende «l’interesse di Boyun verso le sostanze stupefacenti di natura chimica e di come lui abbia la possibilità di produrre ingenti quantitativi di Mdma, immettendole direttamente sul mercato. «Speriamo che riusciamo a farlo di qualità a Istanbul come quella prodotta in Olanda», dice lo stesso Boyun. Che in un’altra conversazione riferisce al suo interlocutore di star facendo trasportare «300mila pasticche e 15 panetti» di sostanza.
In ultimo, dalle carte – che pure raccontano di un omicidio su commissione a Berlino e di una serie di attentati – emerge che gli affiliati dell’associazione «organizzano in Italia le basi logistiche recuperando b&b e hotel dove soggiornare». Il motivo? Tra gli altri, «assicurare il massimo dell’assistenza a Boyun». Proprio come verrebbe fatto nei confronti di un «capo». Lo stesso di cui la Turchia ha più volte chiesto l’estradizione, ottenendo parere negativo dalla Corte d’appello di Bologna e dalla Cassazione.
Chi sono i turchi arrestati nel giorno delle celebrazioni care ai viterbesi? L’inchiesta è aperta.
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