Inaugurazione in Cassazione, domani le manifestazioni dei magistrati nelle Corti d’appello. La prima presidente di Cassazione: «I dati restituiscono un'immagine della magistratura diversa da quella oggetto di abituale rappresentazione e posta a base di progetti riformatori»
La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione di quest’anno è stata all’insegna della tensione: alla vigilia delle manifestazioni dell’Associazione nazionale magistrati nelle Corti d’appello contro la riforma della separazione delle carriere.
Negli interventi, pur nel rispetto istituzionale, le posizioni in campo sono emerse in modo chiaro, con rappresentazioni molto diverse della magistratura.
L’intervento di Cassano
Lo «sforzo» dei magistrati necessita «di essere accompagnato da un contesto improntato al rispetto reciproco fra le varie istituzioni dello Stato, a razionalità, pacatezza, equilibrio: un vero e proprio patto per lo Stato di diritto in grado di alimentare la fiducia dei cittadini nei confronti di tutti gli organi cui la Carta fondamentale assegna l'esercizio di funzioni sovrane». Con queste parole la prima presidente della Cassazione, Margherita Cassano, ha aperto il suo intervento.
I dati, infatti, «restituiscono un'immagine della magistratura diversa da quella oggetto di abituale rappresentazione e posta a base di progetti riformatori», e dunque – come descritta anche dal ministro della Giustizia Carlo Nordio nell’ultima relazione alle camere – una magistratura correntizzata, con un pm superpoliziotto con molti poteri e irresponsabile.
Cassano ha descritto una «magistratura che, conscia delle sue responsabilità, cerca di assolvere al meglio i propri doveri con spirito di collaborazione, tensione ideale, impegno professionale, senso del limite e della misura, ascolto attento delle ragioni altrui nella convinzione che un confronto costruttivo costituisce un prezioso stimolo a migliorare». Insomma «una magistratura consapevole che la testimonianza offerta nella trattazione del singolo caso sarà assunta dalla persona interessata come paradigma del funzionamento dell'intera struttura giudiziaria e che, quindi, sempre alto e costante deve essere il rigore etico professionale» e «che, in un dialogo sempre fecondo con l'avvocatura, co-protagonista ineliminabile, e con le altre giurisdizioni nazionali e sovranazionali, è protesa a fornire tutela effettiva ai diritti fondamentali e a dare il proprio contributo ad una cultura europea che ponga al centro della propria riflessione la dignità della persona nelle sue molteplici sfaccettature quale pre-condizione di un processo di integrazione e di pace».
Eppure, ha concluso Cassano, oggi «rendere giustizia si è fatto più difficile e richiede al giudice la ferma osservanza di alcuni principi basilari: la ricerca di soluzioni saldamente ancorate al diritto positivo in ossequio al principio costituzionale di soggezione esclusiva alla legge; il rispetto del riparto delle attribuzioni previsto dalla Carta fondamentale; la leale collaborazione con i vari poteri e organi dello Stato; senso di responsabilità e dell'autolimite; attenzione al contenuto e all'incidenza concreta della norma nella soluzione del singolo caso concreto».
Le parole di Nordio
«La riforma costituzionale in fieri è un dovere assunto verso gli elettori, ma non può, “per la contraddizione che nol consente" confliggere con la Carta fondamentale, che contiene in sé stessa le procedure per la sua modifica. I nostri padri costituenti, ispirati dalla saggezza dell'Ecclesiaste, sapevano che ogni cosa ha il suo tempo, e c è un tempo per ogni cosa. Personalmente, da Cristiano, posso aggiungere che soltanto la Veritas Domini manet in Aeternum. Nondimeno la riforma si presenta, per quanto riguarda l'indipendenza e l'autonomia della magistratura, con una chiarezza cartesiana di rocciosa solidità. Ogni fantasia speculativa su variazioni futuribili è un'arbitraria interpretazione divinatoria», sono state le parole del ministro Carlo Nordio, che ha ribadito come «il legislatore procederà senza esitazione, nella fiduciosa ma incondizionata acquiescenza al referendum popolare che suggellerà questo iter complesso», e «i contenuti della riforma sono ben noti ma ribadisco ancora una volta, il postulato assoluto dell'indipendenza del pm rispetto al potere esecutivo. Il ruolo del giudice uscirà difeso e rafforzato, senza indebolire l'accusa, attuando in pieno il principio liberale secondo cui la giurisdizione si attua mediante il giusto processo, dove le parti sono in condizioni di parità davanti al giudice terzo e imparziale».
Nel suo intervento ha aggiunto anche un ulteriore spunto critico, dopo gli attacchi subiti per i malfunzionamenti dell’applicativo per il processo penale telematico sin dalla sua prima messa in funzione: «l’introduzione è stata accompagnata comunque da difficoltà applicative e da resistenze culturali, non giustificabili ma comprensibili e, in parte, inevitabili».
E ancora «Confido, e ne abbiamo già avuto esempio, in una fattiva e continua collaborazione tra gli uffici ministeriali e quelli giudiziari, scevra da pregiudizi culturali o vischiosità amministrative, e pragmaticamente orientata alla soluzione dei problemi».
L’intervento di Pinelli
Il vicepresidente del Csm ha invece sottolineato come «la magistratura interviene legittimamente nel dibattito e porta il proprio contributo di competenza, ma non deve divenire parte del conflitto. Anzi, nella società dei conflitti, in cui ogni contrasto è portato davanti al giudice, è proprio la magistratura a porre la parola fine ai conflitti stessi. Se tale connotazione fondante finisse per essere smarrita, la magistratura degraderebbe da soggetto costituzionalmente imparziale a soggetto che partecipa al conflitto».
Pinelli ha sostenuto che «Quello giudiziario è un potere che si è espanso moltissimo negli ultimi cinquant’anni. Oggi siamo in una fase di riequilibrio che ha spinto la politica a toccare anche aspetti dell’architettura costituzionale». Ha riconosciuto che «politica e magistratura non stanno nascondendo di avere posizioni diverse e sono convinte, legittimamente, di avere buone ragioni a fondamento delle proprie tesi, ragioni migliori di quelle dell’altro» ma «La responsabilità istituzionale di noi tutti è quella di impedire la divisione radicale».
Infine, ha riconosciuto come l’attività riformatrice del governo derivi dal «bisogno di dare una risposta alle degenerazioni che, nel recente passato, avevano caratterizzato il fenomeno italiano del “correntismo” in magistratura, con il correlativo obiettivo di evitare che simili rischi potessero ripetersi» e «È necessario che la magistratura torni a occuparsi delle grandi questioni in termini costruttivi. Le degenerazioni, infatti, si sono determinate, talvolta, per una carenza di tensione ideale e di confronto sui grandi quesiti fondamentali».
Secondo Pinelli, «la migliore risposta alle accuse sulla degenerazione del “correntismo” – e alle riforme che si prefiggono di contrastarla – è, in definitiva, l’impegno della magistratura stessa a riscoprire questa matrice di pluralismo culturale-giuridico e a praticarlo in una nuova cornice di centralità dei suoi doveri».
Il pg Salvato
Sulla stessa linea di Cassano è stato anche l’intervento del procuratore generale di Cassazione, Luigi Salvato, che si è detto preoccupato per «una crisi di fiducia nella magistratura, preoccupante perché investe uno dei capisaldi dello Stato costituzionale di diritto. La fiducia non va confusa con il consenso sul merito dei provvedimenti. Il consenso è la fonte di legittimazione delle funzioni politiche, non del potere giudiziario, che si radica nella legalità, nell’autorevolezza nello stabilire la verità giudiziaria, attestata dalla motivazione dei provvedimenti che, all’esito di un giusto processo, danno applicazione alla legge». Ma, secondo Salvato, «La fiducia non si recupera senza l’opera del Parlamento, al quale spetta attuare i diritti costituzionalmente garantiti, dare tempestive risposte ai bisogni della società, nei confini fissati dalla Carta, mediante leggi ragionevoli, chiare ed inequivoche e perciò vincolanti nei confronti della Magistratura. L’equilibrio fissato dalla Costituzione impone che i poteri si riconoscano reciprocamente, senza infingimenti legati al contingente, con uno sguardo lungo sul bene delle Istituzioni, senza denunciarne la contraffazione quando inesistente, senza indirette rivalse che sgretolino l’indipendenza della giurisdizione; mai può giovare all’equilibrio tra poteri una Magistratura inutilmente sfregiata».
Greco (Cnf)
Il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Francesco Greco, ha invece riflettuto in particolare sul concetto di «giusto processo», stigmatizzando «con riferimento al processo penale, dalla pressione mediatica, quasi asfissiante, che grava sull’amministrazione della giustizia. Fenomeno iniziato anni fa, con la spettacolarizzazione dei processi in televisione, ma ora ulteriormente aggravato dall’impatto dei social media».
Ha poi sottolineato alcuni rischi: «È ammissibile affidare il processo decisionale e motivazionale all’algoritmo dell’Intelligenza artificiale, piuttosto che solo alla potenza della mente del giudice?» e sul processo civile ha stigmatizzato «l’abuso – perché di questo si tratta – del sistema della trattazione scritta nel processo civile, colpisce il contradditorio ed il diritto di difesa».
Infine, ha dedicato un passaggio all’allarme dei suicidi in carcere, ribadendo la grande preoccupazione per le condizioni di vita dei detenuti: «È stato già registrato il nono suicidio dall’inizio dell’anno 2025. Si tratta di un problema che richiede la massima considerazione. Chi ha violato la legge è giusto che espii la pena, ma nel rispetto della dignità umana».
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