Dopo una lunga giornata di camera di consiglio, la Corte costituzionale si è espressa e ha dichiarato inammissibile il quesito referendario in materia eutanasia. Durante la giornata di ieri ha vagliato anche i referendum su cannabis e giustizia, per i quali la decisione sull'ammissibilità è attesa per oggi. La Consulta, dunque, ha ritenuto inammissibile il quesito «perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili».

Grande delusione per i comitati promotori dell'associazione Luca Coscioni e radicali, che nel corso dell'estate hanno raccolto più di 1,2 milioni di firme a sostengo del quesito che prevedeva la parziale abrogazione del reato di omicidio del consenziente, mantenendo come punibile solo il caso di omicidio di soggetto consenziente ma minore di età, infermo di mente o se il consenso è stato estorto con violenza, minaccia o inganno. 

«Non lasceremo nulla di intentato, dalle disobbedienze civili ai ricorsi giudiziari, "dal corpo delle persone al cuore della politica"», si legge nel comunicato dell’Associazione Luca Coscioni, che ha detto che «il cammino verso la legalizzazione dell'eutanasia non si ferma», anche se la cancellazione dei referendum «renderà il cammino più lungo e tortuoso, e per molte persone ciò significherà un carico aggiuntivo di sofferenza e violenza».

La decisione della Corte è stata definita «prevedibile» dal costituzionalista e deputato del Pd, Stefano Ceccanti, che ha parlato di «quesito estremo» e ha voluto ricordare però che in parlamento è presente una proposta di legge per normare il suicidio assistito. La decisione «non smentisce affatto la necessità di varare quanto prima una legge equilibrata sul suicidio assistito, come ha ribadito più volte la stessa Corte, che ne ha indicato alcuni parametri fondamentali. Non si usi quindi impropriamente, da parte di nessuno, la sentenza come alibi contro la necessità e l’urgenza di una legge che è già in Aula alla Camera».

Su tutte e tre le materie oggetto delle proposte di referendum, infatti, sono parallelamente in corso anche riforme in parlamento. La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha infatti appena presentato il testo della riforma dell’ordinamento giudiziario che riguarda anche quattro dei sei quesiti sulla giustizia. Alla Camera, inoltre, è in corso l’iter di dei disegni di legge non solo sull’eutanasia a cui si riferisce Ceccanti, ma anche sulla legalizzazione della cannabis. Il percorso di entrambe però, è reso più complicato dalla contrarietà di una parte della maggioranza e in particolare della Lega.

Gli altri quesiti

Nel corso della giornata, i partiti politici promotori si erano espressi nella speranza di un accoglimento dei referendum e già sono stati parzialmente delusi. Ad attendere ancora l’esito in particolare dei quesiti sulla giustizia sono il segretario della Lega, Matteo Salvini e la senatrice e responsabile Giustizia, Giulia Bongiorno, che ieri hanno convocato una conferenza stampa davanti al palazzo della Consulta, per ribadire l’importanza del via libera ai referendum, appoggiati insieme al Partito Radicale.

«Grazie ai milioni di italiani che ci hanno dato una mano con una firma, oggi dopo trent'anni saranno i cittadini a fare la vera riforma della giustizia e quindi contiamo che arrivino dei sì ai riforma da parte della Consulta e che in primavera il popolo italiano tutto faccia quello che in Parlamento non si è riusciti a fare», ha detto Salvini, anche se in realtà la Lega ha presentato i referendum con le delibere di nove consigli regionali e non con le firme raccolte nel corso dell’estate. Salvini ha poi ricordato le parole del presidente della Consulta, Giuliano Amato: «Ringrazio il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, che ha detto pochi giorni fa “non andiamo a cercare il pelo nell'uovo”, lasciamo che i cittadini si esprimano».
Nello stesso senso si era espresso anche il deputato di Più Europa Riccardo Magi, che ha scelto sempre di parlare fuori dal palazzo della Consulta ricordando le parole di Amato ed è rimasto deluso per l’esito del giudizio sull’eutanasia, ma ora attende quello sull’ammissibilità del referendum sulla cannabis. 

Tutti i comitati promotori, infatti, hanno sottolineato il peso politico della moltitudine di firme raccolte a sostegno dei referendum, anche grazie all’introduzione della sottoscrizione in via telematica attraverso lo Spid (il sistema pubblico di identità digitale) che ha consentito il raggiungimento delle 500 mila firme necessarie in meno di una settimana per il quesito sulla cannabis.

Cosa prevedono gli altri quesiti

Il referendum sulla giustizia è stato promosso dalla inusuale convergenza tra Radicali e Lega.

I quesiti sono sei: quattro riguardano la magistratura, con l’eliminazione della raccolta firme per candidarsi al Consiglio superiore della magistratura; l’introduzione della responsabilità diretta dei magistrati nei giudizi civili; la valutazione delle toghe anche da parte dei componenti laici dell’avvocatura e dell’accademia nei Consigli giudiziari e la separazione delle funzioni tra magistrati requirenti e giudicanti.

Alcuni di questi quesiti sarebbero superati dalla riforma dell’ordinamento giudiziario ora al vaglio della commissione Giustizia della Camera. Un quinto riguarda i limiti della custodia cautelare in carcere, che dovrebbe essere limitata a specifici casi quando viene disposta prima della sentenza.

Il sesto abroga la legge Severino, nella parte in cui prevede che, in caso di condanna anche solo di primo grado per alcune specifiche ipotesi di reato – in particolare quelle contro la pubblica amministrazione – scatti immediatamente anche la sanzione accessoria dell’incandidabilità alla carica di parlamentare, consigliere e governatore regionale, sindaco e amministratore locale. La pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici verrebbe eventualmente irrogata dal giudice al momento della sentenza.

Il referendum della cannabis è quello per cui per cui lo Spid è stato fondamentale: c’è stato un boom di adesioni e in meno di una settimana sono state raccolte le 500mila firme necessarie per la presentazione.

Il referendum propone di depenalizzare la coltivazione della cannabis e di eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis. Sul piano amministrativo, propone invece di eliminare la sospensione della patente «destinata a tutte le condotte finalizzate all’uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente». Non vengono modificate, invece, le norme penali nel caso di cessione e vendita. Parallelamente, è presente alla Camera un disegno di legge che modifica lo stesso testo unico riducendo la restrittività delle norme sull’uso personale della cannabis.

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