Il Consiglio superiore della magistratura, alla presenza del presidente Sergio Mattarella a sottolinearne la rilevanza, ha eletto Pasquale D’Ascola a nuovo primo presidente di Cassazione. Succede a Margherita Cassano – prima donna a ricoprire il ruolo- ora in pensione e che ha partecipato al suo ultimo plenum da consigliera del Csm. 

Anche Mattarella ha salutato Cassano, ricordando di aver votato solo una volta nella sua storia di presidente del Csm, proprio per la nomina di Cassano al vertice della Suprema corte.

Il primo presidente aggiunto Pasquale D’Ascola ha ottenuto 14 voti contro i 13 del segretario generale Stefano Mogini e 5 astenuti, confermando così i pronostici della Quinta commissione, dove D’Ascola aveva ottenuto quattro voti su sei, ovvero quelli del laico di minoranza Ernesto Carbone e dei togati Maurizio Carbone di Area; Michele Forziati di Unicost e Mimma Miele di Magistratura democratica. Mogini, invece, aveva ottenuto i voti della laica in quota Lega, Claudia Eccher, e del togato di Magistratura indipendente Eligio Paolini.

Il plenum si è quindi spaccato sulla nomina, nonostante la moral suasion del Quirinale, che nei giorni scorsi si era adoperato per tentare di ricomporre l’assemblea così da rendere la nomina la più unanime possibile. A pesare sono state soprattutto le astensioni, che hanno ridotto lo scarto tra i candidati.

Durante il voto nel plenum, infatti, si sono astenuti il vicepresidente Fabio Pinelli, la prima presidente uscente e il procuratore generale Pietro Gaeta. Anche i togati indipendenti Andrea Mirenda e Roberto Fontana si sono astenuti.

A votare, per la prima volta, è stato invece il laico appena eletto di area centrodestra, Daniele Porena, che si è insediato appena ieri dopo che il parlamento in seduta comune lo ha eletto il 5 agosto.

«Non va intravista la frattura» ma «la difficoltà» di scegliere tra due profili di alta professionalità, è stato il commento del procuratore generale Gaeta, che ha parlato della «concordia discordante» che «ha posto in luce il valore dei magistrati concorrenti: ciascuno di essi vale secondo speciali peculiarità proprie. Ciò, oltre a tranquillizzare circa dell’esito finale, è dimostrazione del capitale di cui la magistratura dispone. Trascurare questa prospettiva riducendo tutto a una disputa solo sul profilo ideologico è un approccio inaccettabile».

Anche il vicepresidente Fabio Pinelli ha detto che «la votazione non deve essere letta come fragilità oppure spaccatura», perché «il consiglio è organo rappresentativo nella legittima diversità di vedute dell’organo» e ha ricordato che circa l’80 per cento delle nomine sono avvenute all’unanimità. «Rimaniamo persuasi che il nostro dovere sia il bene delle istituzioni e dei cittadini e mai interessi particolari», ha detto Pinelli, ringraziando Cassano per il ruolo da lei svolto, «sapendo coniugare rigore etico e umanità». Ne ha sottolineato «la sua libertà di pensiero», «finalizzata alla difesa concreta dell’autonomia della magistratura, che lei ha incarnato con fermezza e discrezione». Cassano «ha vissuto la giurisdizione non come una funzione, ma come una vocazione», ha concluso.

Le proposte

Il laico di Italia viva, Ernesto Carbone ha presentato la proposta in favore di Pasquale D’Ascola: «Entrambi i concorrenti hanno un profilo di merito di ottimo livello», «con piena equivalenza» sui profili di carriera e capacità organizzativa dell’ufficio a concorso, ma D’Ascola, in quanto presidente aggiunto, ha avuto la delega ad alcune funzioni aggiuntive. In suo favore sono intervenuti il laico di minoranza Michele Papa e il togato di Area Antonello Cosentino: «Dalla Cassazione passa la storia e la valutazione non può basarsi solo su un profilo formalistico» ma «c’è un tema di modello culturale» e ha sottolineato il grande raccordo di D’Ascola con il mondo dell’avvocatura e dell’accademia e la rilevanza delle sue sentenze civili.

A presentare invece la candidatura di Stefano Mogini è intervenuta Claudia Eccher, laica della Lega. Anche lei ha sottolineato che «la presidente Cassano avrà un validissimo successore» e «quando i curricula sono così elevati bisogna fare delle scelte». I due hanno profili diversi con percorsi professionali non sovrapponibili e Eccher ha sottolineato in particolare le sue funzioni a livello internazionale in ambito penale, sia in materia di criminalità organizzata che di terrorismo ed è stato anche distaccato al ministero della Giustizia, anche con il ruolo di capo di gabinetto. Eccher ha aggiunto anche che «è magistrato con prestigiose esperienze a livello internazionale, significative in un momento storico in cui il diritto dell’Ue si intreccia con quello interno con questioni di non facile soluzione». A sostegno è intervenuto il togato di MI Eligio Paolini, che ne ha sottolineato in particolare il profilo internazionale, e anche la laica di FdI Daniela Bianchini.

Il dibattito sul testo unico

Michele Forziati, togato di Unicost, è intervenuto specificatamente sul testo unico che regola le nomine, entrato in vigore nel luglio 2024, e ha sottolineato come il testo – che pure lui non ha sostenuto nella versione attuale, avendo portato una proposta diversa – va applicato «nel modo più corretto possibile». Per questo si è espresso in favore di D’Ascola, riferendosi agli indicatori del testo su cui il candidato ha prevalenza rispetto al concorrente (D’Ascola prevarrebbe su tutti gli indicatori generali, tranne quello della lettera A).

Roberto Fontana ha spiegato la sua astensione e quella di Mirenda, dicendo che «ispirati da un sincero desiderio di cambio di passo, avevamo sostenuto un modello diverso di testo unico sulla dirigenza». Invece il testo attuale «si rivela l’ennesima norma che si presta a interpretazioni diametralmente diverse tra di loro», ha spiegato, citando che i parametri non sono legati a uno stretto criterio gerarchico. «Una sola norma e due scelte radicalmente diverse seppur pienamente legittime alla luce del testo sono la prova dell’assenza di uno stringente parametro valutativo» e questo ha determinato «l’impossibilità di una proposta unitaria, che sarebbe stata oltremodo auspicabile e avrebbe evitato l’odierno scenario». L’auspicio è che «questa presa di posizione possa contribuire a una riflessione consigliare sui necessari correttivi da apportare al testo unico».

Cosa cambia al Csm

La carica è quantomai importante non solo per ragioni giudiziarie, ma anche perché componente di diritto del Csm e del suo comitato di presidenza. D’Ascola è considerato una toga d’area progressista (e da questa è stato sostenuto), come anche il procuratore generale presso la Cassazione, Pietro Gaeta, e questa comunanza ha destato qualche riflessione ma –  tra i magistrati di Cassazione – è stata accolta con favore l’alternanza al vertice tra una magistrata penale come era Cassano con uno civile, come è il nuovo presidente.

Margherita Cassano è intervenuta per un saluto finale, ringraziando tutto il consiglio per le «belle e intense parole di apprezzamento, che interpreto «come indirizzate all’intera corte di Cassazione, impegnata nella tutela dei diritti». Il dibattito «è stato stimolante perché sottende l’interrogativo di fondo: il ruolo del dirigente di un ufficio tra dimensione nazionale e proiezione sovranazionale, tra competenze tecniche e di organizzazione. Il Csm risponderà a questa prospettiva» e si è augurata che entrambi i candidati «proseguano nel solco della Costituzione».

Mattarella ha chiuso la seduta con un caloroso saluto a Cassano e ha auspicato che le prossime decisioni del Csm, ormai nell’ultima parte di consiliatura, siano connotate da «tempestività e trasparenza» e sempre «fondate su elementi di valutazione e non pregiudiziali visioni di parte».

Lo scontro 

Al termine della seduta, sono arrivati gli strascichi polemici davanti alla spaccatura a metà del consiglio. L’astenuto Andrea Mirenda ha commentato: «Anche oggi abbiamo assistito ad un'imbarazzante spaccatura. Non sfugge a nessuno che, con le stesse regole, deliberatamente di contenuto quanto mai vago, possono essere proposti candidati assolutamente diversi e non sovrapponibili. E sempre, purtroppo, secondo salda tradizione, il metodo assicura alle correnti consiliari di votare il 'proprio', con la consueta irridente disinvoltura. La verità è nuda: senza sorteggio non si va più da nessuna parte».

Immediata la reazione delle componenti togate. Area ha espresso gioia per la nomina di D’Ascola, «figura che incarna compiutamente l’ideale del magistrato», per questo «stona» la posizione assunta dai consiglieri Fontana e Mirenda «che si sono sottratti, con motivazioni pretestuose – addirittura preannunciate in una conferenza stampa il giorno prima – alla scelta tra i due candidati in uno dei passaggi più cruciali della consiliatura».

Anche Unicost ha preso le distanze: «Applichiamo con disciplina e lealtà il modello vigente, perché il rispetto delle regole costituisce la base della credibilità istituzionale. Per questo giudichiamo non condivisibile l’astensione di due consiglieri togati, anticipata peraltro già ieri in un’irrituale conferenza stampa». E «riteniamo che interventi sul Testo Unico siano necessari, ma vadano costruiti con serietà: sperimentandone prima le criticità sui concorsi in corso e poi elaborando un nuovo articolato. Non attraverso scorciatoie mediatiche che rischiano di indebolire il CSM e offrire argomenti a chi intende delegittimare la magistratura».

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