L’Ufficio del massimario della Suprema corte ha pubblicato una relazione di studio sul decreto voluto dal governo, in cui solleva dubbi di legittimità costituzionale e problemi sia di merito che di metodo
Dubbi di costituzionalità oltre che problemi di proporzionalità e di chiarezza, con critiche di merito e di metodo. Questo è stato l’esito della prima valutazione della Corte di Cassazione sul decreto Sicurezza, legge da nemmeno un mese dopo le polemiche sulla sua conversione in decreto legge. La relazione porta la firma dell’Ufficio del Massimario, che si occupa anche di redigere studi sulle novità legislative.
Si tratta di «una base di analisi», viene spiegato da un magistrato di Cassazione, «orientativa e a prima lettura». Di conseguenza «non costituisce un orientamento per le decisioni future», viene specificato. Tuttavia si tratta di uno strumento per i magistrati per orientarsi rispetto alla nuova normativa, con riferimenti alle posizioni della dottrina e ai precedenti di giurisprudenza costituzionale.
Di qui la dura reazione del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che si è detto «incredulo» e ha dato mandato ai suoi uffici di «acquisire la relazione» e soprattutto «conoscerne l'ordinario regime di divulgazione». Sottintendendo dunque il sospetto che la relazione non potesse essere resa pubblica e sia stata fatta uscire per danneggiare il governo. Parole che fanno anticipare l’ennesimo scontro istituzionale tra governo e toghe.
La questione principale, però, riguarda il merito. Nel documento di 129 pagine, pubblicato qualche giorno fa, emergono chiare però le problematiche rilevate dai magistrati della Corte sul testo del dl Sicurezza, i quali hanno dato conto anche degli allarmi – inascoltati dal governo che pure ha audito molti di loro - arrivati al testo durante la sua conversione da parte dell’Associazione dei professori di diritto penale.
Dubbi di costituzionalità
Sul fronte del metodo, i giudici della Cassazione hanno sposato il parere già messo nero su bianco dai giuristi: la trasformazione del disegno di legge in decreto legge manca del requisito della «necessità e urgenza» previsto dalla Carta.
La relazione cita le critiche dei professori di diritto penale sul «merito delle scelte massimamente punitive» e sul «metodo, consistito nell’anomalo ricorso alla decretazione d’urgenza in materia penale», «creando un precedente che potrebbe alimentare una prassi che svilisce il ruolo del parlamento». Addirittura, si ipotizza la possibilità che i singoli parlamentari sollevino conflitti di attribuzione alla Consulta per la compressione del loro diritto di voto su norme «eterogenee e compresse in un solo articolo».
Nell’analisi, i giudici hanno messo in luce tutti gli aspetti problematici articolo per articolo. Profili di incostituzionalità vengono individuati in molti reati, perché viene abbassata la soglia di punibilità e alzate le pene. Per esempio nel reato di «detenzione di materiale con finalità di terrorismo», tanto che alcuni commentatori hanno fatto riferimento a «una fattispecie di reato di sospetto».
Quanto alle modifiche alle circostanze aggravanti comuni legate ai luoghi in cui i reati vengono commessi, come stazioni e metro, i giudici hanno dato conto dei dubbi di «ragionevolezza» perché «applicabili a tutti i reati, senza che vi sia alcun nesso tra un qualsiasi reato e uno degli specifici luoghi indicati». Anche i reati che riguardano la vita carceraria, in particolare quello di resistenza passiva, sono finiti sotto la lente. La Cassazione ha parlato di «delitto d’opinione del quale la dottrina da tempo rileva i problemi di legittimità costituzionale», in relazione «alla libertà di manifestazione del pensiero» oltre che di «punizione di condotte di pericolo astratto e di criminalizzazione del dissenso».
Infine la penalizzazione della vendita della cannabis light è considerato di dubbia costituzionalità, sia per ragioni di diritto interno che europeo. «L’averne vietato la coltivazione», in assenza della dimostrazione scientifica degli effetti nocivi lederebbe il «principio di affidamento del privato» e quello di «offensività». Inoltre «sembra impedire la libera circolazione di una merce all’interno dell’Unione in maniera non proporzionale, in spregio al principio del mutuo riconoscimento».
Riflessioni molto critiche ma non certo nuove: i rilievi dell’Ufficio del Massimario, infatti, già erano emersi dai giuristi ascoltati in audizione.
le reazioni
La relazione ha provocato reazioni politiche molto forti, non solo quella di Noardio. «Un atto d'accusa durissimo», lo ha definito il Movimento 5 Stelle e «solo il primo tassello di una serie di pronunciamenti che ristabiliranno lo Stato di diritto». Sulla stessa linea anche il Pd, che si è chiesto «e ora Meloni che farà?» davanti a «conflitti costituzionali e vertenze nei tribunali» che inevitabilmente sorgeranno. Dalla maggioranza, invece, sono arrivati solo attacchi ai giudici.
Il forzista Maurizio Gasparri ha detto che la Cassazione «non dovrebbe seminare dubbi» parlando di «invasione di campo ed ennesima provocazione». Di «massimario della confusione» ha parlato invece Fabio Rampelli, di Fratelli d’Italia. «Avanti nella difesa delle forze dell’ordine», ha commentato il sottosegretario leghista alla Giustizia, Andrea Ostellari.
In realtà, l’attività di studio delle nuove normative non è altro che uno dei compiti dell’ufficio del Massimario di Cassazione, che viene fatta su tutte le leggi considerate rilevanti per impatto. E certamente è il caso del decreto Sicurezza, che infatti è già stato impugnato da diverse corti davanti alla Consulta.
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