Il mondo della giustizia è tra quelli che ancora stentano a colmare la distanza tra uomini e donne nei ruoli di vertice.

In Italia, è uno dei settori che ha accolto in ritardo la sua componente femminile. Oggi, la tendenza è opposta: secondo i dati del Miur del 2021, sul totale di 277.871 laureati in materie giuridiche, le donne sono 171.322, pari al 61,6 per cento. Nelle posizioni di vertice, però, i numeri continuano a rimanere bassi.

La magistratura

Le prime otto magistrate sono entrate in ruolo nel 1965, dopo l’apertura del concorso anche a loro nel 1963, diciassette anni dopo la conquista del diritto di voto.

Secondo i dati 2022 del Csm, su un totale di 9576 magistrati, le donne sono circa il 55 per cento, con una età media di 49 anni, più bassa rispetto ai 52 anni degli uomini. Il flusso di donne che sceglie questa professione è in aumento, con il 71 per cento dei tirocinanti di sesso femminile.

La proporzione si inverte specularmente, però, quando si analizzano i dati sugli incarichi direttivi e semidirettivi. 

Dei 379 capi degli uffici giudiziari le donne sono meno di un terzo: 111 contro 268 uomini, che rappresentano il 71 per cento circa.

Tra i semidirettivi, invece, il rapporto inizia ad equivalersi, con le donne che arrivano al 46 per cento su 690 posti complessivi.

La piramide vale anche per gli uffici. Tra gli uffici giudicanti il numero di donne con incarichi direttivi è più alta rispetto alle procure. In Corte di Cassazione è di 13 su 31, pari al 29,5 per cento. Tra queste 13, oggi, c’è anche il primo presidente appena nominato, Margherita Cassano.

Gli incarichi direttivi a donne nelle procure generali e nelle procure della repubblica sono del 14 per cento e del 17 per cento. Una sola donna, invece, ha un incarico direttivo nella procura generale di Cassazione.

L’avvocatura

Anche nell’avvocatura la piramide rimane ben salda. La crisi ha colpito soprattutto la componente femminile e, secondo il rapporto Censis 2022 sull’avvocatura, sono state 6000 le cancellazioni di avvocate dall’albo (il 69 per cento).

Su un totale di 241 mila iscritti a cassa forense, il 47,7 per cento è di donne. Il numero dei neo-iscritti è stato di 7.103, il 57,3 per cento dei quali donne.

Tra i valori che più evidentemente continuano a mostrare il divario di genere, però, c’è il reddito. Secondo i dati del 2020, il reddito medio di un uomo è di 50.933 euro, mentre una donna guadagna meno della metà, con una media di 23.576 euro.

Anche per quanto riguarda la rappresentanza istituzionale, le donne continuano ad essere una minoranza.

Attualmente guida il Consiglio nazionale forense - l’organo di rappresentanza istituzionale dell’avvocatura - l’avvocata Maria Masi e ha come vice un’altra donna, Patrizia Corona, e la segretaria Rosa Capria. Nella consiliatura uscente, le donne sono 9 su 32.

Anche a livello ordinistico, pur non esistendo dati aggiornati alle ultime elezioni, il numero delle presidenti donne rimane una minoranza e lo stesso vale anche per le associazioni più rappresentative.

Corte costituzionale

Un caso a parte è quello della Corte costituzionale. Istituita nel 1956, la Consulta è rimasta lungamente un organo a composizione esclusivamente maschile, sebbene non esistessero preclusioni formali. I titoli per accedervi – magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria e amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio – però hanno escluso per molto tempo le donne, visto il ritardo con cui le carriere femminili nella giustizia hanno intrapreso il loro corso.

La prima donna a mettervi piede è stata l’avvocata Fernanda Contri, per nomina presidenziale nel 1996. Dei 119 giudici che ne hanno fatto parte, nella storia della Consulta solo 7 sono state donne: Contri, Maria Rita Saulle, Marta Cartabia, Daria De Pretis, Silvana Sciarra, Emanuela Navarretta e Maria Rosaria San Giorgio.

Attualmente i membri donna sono quattro, con Silvana Sciarra presidente e Daria De Pretis vicepresidente. La prima presidente della Corte è stata Marta Cartabia, quarantaduesima presidente dopo un lungo elenco di uomini.

Il Csm

Anche il Consiglio superiore della magistratura è rimasto a lungo precluso alle donne. Insediatosi nel 1959, in attuazione della Costituzione, il Csm visto accedere le prime donne nel 1981 con Cecilia Assanti e Ombretta Fumagalli Carulli, entrambe laiche elette dal parlamento.

Per l’arrivo della prima consigliera togata donna, invece, bisognerà aspettare la consiliatura successiva, del 1986, con Elena Paciotti di Magistratura democratica.

Oggi al Csm siedono quattro consigliere laiche, tutte in quota centrodestra, e sei togate a cui si aggiunge Cassano, membro di diritto come primo presidente della Cassazione.

Ogni donna in più in cima alle gerarchie di avvocatura, magistratura e istituzioni è ancora una conquista e un segnale non scontato nel mondo della giustizia, che così tardi le ha accolte. Con il loro esempio, una nuova generazione di giovani giuriste, avvocate e magistrate avrà la certezza che nulla è più - esplicitamente o implicitamente - precluso.

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