Il governo ha depositato un emendamento per modificare la norma anti-rave, contenuta nel decreto legge del 31 ottobre. Il testo, depositato in commissione Giustizia al Senato, riscrive il reato in modo da correggere le criticità più macroscopiche, evidenziate soprattutto da Forza Italia all’indomani dell’approvazione. A rimanere invariato, però, è la vocazione securitaria che ha guidato il governo Meloni a redigere la norma: pene molto severe, sequestri e intercettazioni.

Se il testo originario era stato ispirato dagli uffici legislativi del ministero dell’Interno di Matteo Piantedosi, la nuova formulazione è frutto del lavoro del ministero della Giustizia e dunque è di diretta emanazione del guardasigilli Carlo Nordio, che alla presentazione di un volume sulla separazione delle carriere in magistratura ha parlato di «autocritica» e di necessarie correzioni.

Le modifiche

Dal punto di vista formale, il reato viene rubrcato all’articolo 633 bis (prima era il 634) e così acquista un legame più forte con il reato che prima si applicava in questi casi, ovvero quello di invasione di terreni o edifici, previsto all’articolo 633.

Nella riformulazione, il reato scatta solo per gli organizzatori o i promotori del rave party, escludendo quindi chi semplicemente vi partecipa. Quanto al tipo di evento da considerarsi illegale, il ministero ha circoscritto in modo più definito i casi di «raduno», che prima avrebbero potuto riguardare anche manifestazioni, occupazioni e scioperi. Ora il riferimento è all’invasione di terreni o edifici altrui per realizzare un raduno «musicale o ad altro scopo di intrattenimento». Il reato, però, rimane “di pericolo”, perchè si verifica «quando dall'invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o della incolumità pubblica a causa dell'inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi».

Tradotto: il rave party è illegale perchè avviene in un luogo di proprietà altrui e ne deriva pericolo concreto – quindi non puramente teorico - per chi partecipa, per ragioni di tipo sanitario e igenico, oppure perchè durante il rave si teme lo spaccio di droga. Basta quindi che uno solo di questi pericoli si verifichi perchè il reato sia ipotizzabile.

La modifica, tuttavia, ha eliminato la nozione di pericolo per «l’ordine pubblico», che era che era contenuta nella prima formulazione ed era considerata tra gli elementi che più rimandavano alla disciplina di gestione dell’ordine pubblico di origine fascista. La proposta del ministero, infine, elimina anche il vincolo sul numero di partecipanti, che prima era di almeno 50 persone, prevedendo che il numero di persone rilevi solo come ulteriore elemento che causa pericolo. Questo significa che la valutazione sul numero significativo di persone spetterà al giudice.

Intercettazioni e carcere

A non cambiare, però, è la pena, con la previsione anche di multa e sequestro degli strumenti: la reclusione rimane da 3 a 6 anni – la più alta in Europa – quindi scattano le intercettazioni e per i condannati sarà più complicato ottenere la sospensione condizionale della pena, anche se incensurati.

La conseguenza Con una pena così alta, quindi, gli inquirenti potranno utilizzare lo strumento delle intercettazioni e la custodia cautelare. Sia la pena così alta che la possibilità di intercettare erano state fortemente criticate da Forza Italia, che infatti ha presentato singoli emendamenti che rimodulano la pena a un massimo di 4 anni per non far scattare questo strumento di indagine. «L’emendamento va nella direzione da noi proposta», ha commentato il capogruppo in commissione, Pierantonio Zanettin, che però ha aggiunto: «Resta la questione dell'entità della pena massima». Una questione che però, stando agli altri emendamenti di maggioranza presentati, è un problema solo per FI, che dovrà decidere quanto ostinarsi.

La mano di Nordio ha corretto le incongruenze giuridiche più macroscopiche, per le quali c’era un rischio di incostituzionalità della norma. Tuttavia anche un liberale e garantista come lui, che ha scritto saggi sull’eccesso nell’uso delle intercettazioni e presieduto una commissione per la depenalizzazione, si è piegato alla logica politica con cui la norma anti rave è stata pensata: il carcere come risposta ad ogni illecito e le intercettazioni come arma privilegiata di indagine invece che come mezzo da consentire solo nei casi più gravi.

© Riproduzione riservata