Non c’è pace per l’ufficio del Garante delle persone private della libertà: dopo un lungo braccio di ferro e polemiche sui nomi, il governo ha indicato come nuovo presidente l’avvocato e professore di diritto privato nonchè ex deputato del centrodestra, Felice Maurizio D’Ettore. 

Però preferisce non fargli aprire bocca. La richiesta delle opposizioni di audirlo in commissione al Senato è stata negata e la stessa richiesta in commissione Giustizia alla Camera di svolgere le audizioni dei candidati designati dal governo per l'ufficio del Garante nazionale dei detenuti è ancora in sospeso.

Una reticenza insolita, che secondo fonti parlamentari nasconderebbe un elemento: nè D’Ettore, nè gli altri due nomi indicati dal governo per guidare l’ufficio – la penalista romana Irma Conti e il professore fuori ruolo Mario Serio – hanno esperienza in materia di carcere. Quindi, rischierebbero di non fare una gran figura davanti alle domande dei parlamentari, soprattutto i più esperti in materia come i radicali.

Sul tema è intervenuta la senatrice Ilaria Cucchi: «Personalmente non ho nulla contro queste persone, ma da quello che so manca loro un requisito fondamentale: quello della competenza. Non mi risulta che nessuna di queste figure si sia mai occupata del tema delle carceri. Noi siamo abituati a un ottimo garante come Mauro Palma, che del tema delle carceri ne ha fatto quasi un motivo di vita, siamo abituati a una forte umanità da parte di chi si occupa di questi temi che a mio avviso è fondamentale. Inoltre, quello che sarà il Garante viene a mancare del tema dell'imparzialità, in quanto nella scorsa legislatura era un parlamentare. Detto questo, mi auguro che la maggioranza torni sui propri passi e si decida a farci incontrare i candidati».

Lo scontro sui nomi

Dal 2016, il ruolo di presidente dell’ufficio del Garante è stato ricoperto da Mauro Palma, esperto in diritto penale e fondatore dell’associazione Antigone negli anni Novanta, affiancato dalla avvocata penalista Emilia Rossi e dalla giornalista Daniela De Robert.

Dopo due anni di proroga, il governo ha individuato la nuova rosa dei sostituiti ma la prima terna, proposta in luglio, è stata fermata dalle polemiche.

L’elenco, infatti, comprendeva sempre l’ex deputato oggi di Fratelli d’Italia Felice Maurizio D’Ettore per il quale Nordio aveva riservato la presidenza, il professore fuori ruolo di diritto civile in quota opposizione (suggerito da Roberto Scarpinato del Movimento 5 Stelle) Mario Serio, e il magistrato in pensione Carminantonio Esposito.

I tre nomi, però, avevano immediatamente sollevato vari livelli di critica: la prima sulla mancanza di una rappresentanza di genere; la seconda sul fatto che nessuno dei tre si sia mai occupato di carcere nella pur brillante carriera professionale; la terza e probabilmente più rilevante, il fatto che il presidente non possa essere considerato imparziale – requisito previsto per chi riveste l’ufficio – vista la sua chiara provenienza politica.

Per questo tutto è rimasto sospeso nel corso dell’estate, fino a quando un compromesso è stato trovato: il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro Nordio, ha infatti confermato l’indicazione del professore e avvocato Felice Maurizio D'Ettore come presidente, ma gli ha affiancato dall’avvocata penalista romana Irma Conti insieme a Mario Serio.

Il governo, dunque, ha ceduto sulla questione della rappresentanza di genere, non nel merito della specifica formazione e dell’imparzialità.

La nomina dei tre profili però non si è ancora perfezionata: la proposta spetta al ministero della Giustizia, ma la nomina formalmente è della presidenza della Repubblica:

Due civilisti al Garante

In questo modo dovrebbe chiudersi la procedura: una penalista e due civilisti, nell’ufficio che ha la maggiore responsabilità a livello nazionale nella salvaguardia dei diritti dei detenuti e di tutte le persone private della libertà. 

L’ufficio nazionale del garante, infatti, ha prerogative molto invasive: ha infatti la funzione di presidio dei diritti di chi è posto sotto il controllo dello Stato ed è composto da un collegio di tre persone.

Ha compiti rilevanti e poteri di ispezione molto pervasivi non solo nelle carceri, ma in tutte le strutture di privazione della libertà, come i luoghi di polizia, le Residenze per le misure di sicurezza, i reparti dove si effettuano i trattamenti sanitari obbligatori. E i centri per i rimpatri, che oggi il governo Meloni vorrebbe aumentare, costruendone uno in ogni regione.

Per questo il timore sia delle opposizioni che di chi opera nel settore è che il governo voglia definitivamente silenziare l’Ufficio del garante, che fino ad oggi è stato tra le voci più forti di denuncia sia delle condizioni delle carceri che della gestione dei centri per i rimpatri.

Fonti interne al mondo degli operatori vicino al Garante, infatti, sottolineano: «Nessuno dei tre è esperto di carcere, quindi chissà se sarà in grado di svolgere le ispezioni individuando ciò che normalmente nelle strutture si vuole nascondere».

Ma soprattutto, quanto sarà indipendente dal governo Meloni nel presentare le relazioni o esaminare le situazioni di rischio, soprattutto per quanto riguarda i cpr, che sono ormai il punto nevralgico della strategia del governo per gestire il problema immigrazione.

© Riproduzione riservata