Una bomba si è abbattuta sulla giustizia, sotto forma di intervista del ministro della Difesa Guido Crosetto. Le sue dichiarazioni - anzi «preoccupazioni» come lui stesso le ha definite successivamente – al Corriere della Sera sul fatto che l’unico pericolo per il governo sia «l’opposizione giudiziaria», di aspettarsi che «si apra presto questa stagione, prima delle Europee» e di essere al corrente di «riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fermare la deriva antidemocratica» hanno suscitato dure reazioni da parte dell’Anm e altrettanto decise risposte anche da Forza Italia.

Il sindacato delle toghe (che – effetto non calcolato dal ministro, il quale non progettava interviste a orologeria - proprio domenica era in assemblea) lo ha considerato un attacco «inaccettabile» perché «Noi facciamo un altro mestiere, esercitiamo la giurisdizione», ha detto il presidente Giuseppe Santalucia.

Forza Italia, invece, ha trovato nelle parole di Crosetto utile sponda per rilanciare ciò che il governo a trazione Fratelli d’Italia aveva invece rimandato a data da destinarsi: la separazione delle carriere, ma anche le riforme della giustizia annunciate da Nordio come quella delle intercettazioni. Con il risultato che il ministro della Difesa - fondatore di FdI ma eterodosso rispetto a quella tradizione politica e unico dirigente ad avere posizioni apertamente garantiste in materia di giustizia – rischia di riaprire un fronte che, invece, la premier Giorgia Meloni considerava temporaneamente chiuso. Forse anche per fermare questa eterogenesi dei fini Crosetto ha tentato di ridimensionare il peso delle sue parole, dicendosi disponibile a incontrare l’Anm e ribadendo il rispetto per la categoria.

La grande contraddizione, infatti, è che venga paventata una nuova stagione di scontri tra politica e giustizia proprio nel momento in cui il governo ha quasi fermato le macchine nel settore, limitandosi a far procedere la riforma Cartabia e calendarizzando con tutta calma i provvedimenti sin qui arrivati in cdm.

La separazione delle carriere

Il progetto manifesto del centrodestra, contenuto nel programma di governo e cavallo di battaglia storico di Silvio Berlusconi, è certamente la separazione delle carriere. Si tratta di una riforma costituzionale e quattro proposte di legge sono incardinate in commissione Affari costituzionali alla Camera. Tuttavia, ha dichiarato il Guardasigilli Carlo Nordio, il ministero intende presentare una proposta governativa e che la sua ispirazione provenga dal sistema di common law britannico, dove «il pubblico ministero è indipendente ma è l’avvocato dell’accusa e non ha un potere sulla polizia giudiziaria».

Le parole – che hanno suscitato allarme tra le toghe perché fanno presagire una sottoposizione dei pm all’esecutivo – però, sono state seguite da un preciso elemento temporale: la separazione sarà «posposta» alla riforma costituzionale sul premierato, perché il governo considera troppo complesso portare avanti parallelamente due progetti e Meloni ha scelto di investire politicamente sulla riforma istituzionale. Vale a dire rinviata, ad essere ottimisti, di almeno due anni. E due anni, nel tempo della politica, equivale ad un binario morto.

Invece, proprio le parole di Crosetto hanno offerto la sponda giusta ai forzisti, in questo capitanati dal viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, che le ha usate sempre sul Corriere per spiegare che «la riforma della giustizia, anche costituzionale, s’ha da fare», basta che corra «in parallelo disgiunto», così da non sovrapporre eventuali referendum.

Le altre riforme

Lunedì sono arrivati in cdm due decreti legislativi sui magistrati fuori ruolo e per l’attuazione della riforma dell’ordinamento giudiziario, con le cosiddette pagelle per i magistrati. Proprio all’interno di questo pacchetto sono contenute le regole per gli avanzamenti di carriera che il Csm dovrà utilizzare: il fascicolo conterrà i dati sui processi portati a termine e pendenti e valutazioni sulla base di alcuni criteri, come la produttività, i tempi di smaltimento, la diligenza.

Nessuna novità, invece, dalla riforma che avrebbe dovuto stringere sull’uso delle intercettazioni e che Nordio ha iniziato a proporre a inizio legislatura: è stata approvata invece solo l’estensione dell’uso per alcuni reati gravi come tutte le fattispecie aggravate dal metodo mafioso.

Dopo il suo via libera prima dell’estate, invece, è ancora fermo in commissione Giustizia al Senato il ddl Nordio. Il testo contiene tre riforme rilevanti e controverse. Una è l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, che ha aperto a molti dubbi anche di ordine costituzionale a causa dei vincoli europei, su cui sono ancora in corso approfondimenti. «Ma ora è “avanti tutta”», ha assicurato Sisto.

Sono poi contenute una stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni, l’introduzione nell’avviso di garanzia di una «sommaria descrizione del fatto» (ora c’è solo l’indicazione del reato) e la previsione che siano tre giudici in forma collegiale a decidere per la misura cautelare della custodia in carcere. Soprattutto questo ultimo elemento è stato criticato come non applicabile, vista la carenza di magistrati e i numeri dei tribunali più piccoli anche rispetto a problemi poi di incompatibilità. Tuttavia, l’Aula è ancora lontana. L’unica riforma approdata è la prescrizione, con ritorno a quella sostanziale.

Nel frattempo, è stata annunciata anche la riforma della geografia giudiziaria - altro tema esplosivo – nell’ottica di riaprire i tribunali soppressi. Nulla però ha ancora visto la luce. Ma la sortita di Crosetto potrebbe diventare il propulsore che Nordio (che sulla polemica non si è espresso) non è riuscito a innescare.

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