Care lettrici, cari lettori

anche questa settimana è caratterizzata dal proseguire della vicenda di Alfredo Cospito, l’anarchico in sciopero della fame contro il 41 bis. Il caso continua ad essere sia giudiziario che politico. Oggi la Cassazione ha rigettato il ricorso dei legali di Cospito, confermando dunque il 41 bis per l’anarchico anche contro il parere del procuratore generale di Cassazione, che aveva chiesto l’annullamento con rivio dell’ordinanza del tribunale di sorveglianza di Roma.

A questo proposito, l’avvocata romana Maria Brucale propone un suo approfondimento sul senso del 41 bis.

Sul fronte più politico, invece,  l’ex magistrato Rosario Russo analizza la posizione del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e la sua difesa del sottosegretario Andrea Delmastro, che rischia di portarlo a commettere reato ministeriale.

La prossima settimana, inoltre, entrerà in vigore la riforma civile del precedente governo, anticipata per ragioni di tempi legati al Pnrr. La newsletter è aperta a chi voglia contribuire ad aprire un dibattito su questo tema. Questa settimana cominciamo con la riflessione di Giampaolo Di Marco, segretario generale di Anf, in vista dell’evento organizzato dall’associazione, “La giustizia che vogliamo”.

Il Csm sul caso Sinatra

Ha provocato molto scalpore la decisione della sezione disciplinare del Csm di condannare con la sanzione della censura (la più lieve prevista) la pm Alessia Sinatra per comportamento “gravemente scorretto” nei confronti dell’allora procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo.

Il caso va ricostruito nei suoi passaggi. Nel 2015, durante un convegno in un hotel di Roma, Sinatra è oggetto di avances sessuali molto aggressive da parte di Creazzo, da cui riesce a sottrarsi.

Quando Creazzo è in corsa per diventare procuratore capo di Roma, Sinatra invia un sms a Luca Palamara, all’epoca capocorrente di Unicost, raccontando l’accaduto e scrivendo: “giurami che il porco cade subito”.

I fatti e la conversazione via sms diventano di dominio pubblico con l’inchiesta a carico di Palamara e la divulgazione delle sue chart.

In seguito ai fatti, nel 2021 la Sezione disciplinare del Csm ha condannato Creazzo alla perdita di 2 mesi di anzianità per le molestie alla collega. Tuttavia, contemporaneamente è cominciato un procedimento disciplinare anche a carico di Sinatra, per essere ricorsa alla protezione di Palamara per penalizzare Creazzo.

La condanna di Sinatra ha colto alla sprovvista, visto che anche la procura generale della Cassazione (che nei disciplinari dei magistrati rappresenta l’accusa) aveva chiesto l'assoluzione per la scarsa rilevanza del fatto.

Secondo la contestazione, Sinatra voleva tentare di condizionare negativamente i consiglieri per una sorta di "rivincita morale". I componenti della sezione disciplinare hanno valutato anche il fatto che gli sms a Palamara fossero stati inviati non nell’immediatezza della molestia per confidarsi con un amico, ma dopo anni per compromettere la carriera di Creazzo cercando giustizia privata.

L'avvocato di Sinatra, Mario Serio ha sottolineato che "la magistrata, già vittima di accertati abusi sessuali da parte di un collega, aveva la sola colpa di avere in una conversazione privata - destinata a non essere divulgata e malgrado questo fatta ostensibile- reso manifesta la sua indignazione per la possibile promozione dell'autore del gesto ed auspicato, in ambito egualmente privato, il mancato riconoscimento del successo professionale”.  Ha concluso dicendo che “è un precedente pericoloso sia sul piano giurisprudenziale sia sul piano del costume sociale che non potrà non toccare le corde della diffusa sensibilità femminile”.

Il colpo di penna di Nordio

Lo spoil system ha colpito anche la giustizia, per mano del ministro Nordio, il quale ha cambiato i membri del gruppo di monitoraggio della riforma della giustizia penale, scelti da Marta Cartabia.

Con una mail, infatti, sono stati “licenziati” 9 su 15 i membri del comitato tecnico-scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale e gli effetti sul Pnrr, che avrebbero dovuto rimanere in carica tre anni e per cui non era previsto alcun avvicendamento.

Il ministro ha eliminato dalla commissione Francesco Palazzo, emerito di diritto penale a Firenze, Gabrio Forti, ordinario di diritto penale, Paolo Pinotti, ordinario di economia; Gian Luigi Gatta, docente di diritto penale alla Statale di Milano e Mitja Gialuz, ordinario di procedura penale a Genova; Magda Bianco, funzionaria di Bankitalia; Giuseppina Muratore, ricercatrice dell’Istat; Raffaele Piccirllo, sostituto pg di Cassazione ed ex capo di gabinetto di Cartabia; Anna Maria Tosto, ex procuratore generale a Bari. 

I sostituti sono in prevalenza avvocati, rispetto agli uscenti che sono quasi tutti professori. Entrano l’ex presidente dell’ordine di Milano, Vinicio Nardo; il presidente delle Camere penali, Gian Domenico Caiazza; l’avvocato e ordinario di diritto penale a Bologna, Vittorio Manes; Desirèe Fondaroli, ordinaria di diritto penale a Bologna, e Paola Maggio, associata di procedura penale a Palermo; e il capo di Gabinetto attuale, Alberto Rizzo.

Renzi contro il pm Turco

Il senatore Matteo Renzi ha denunciato il pm di Firennze, Luca Turco, che ha indagato sulla sua famiglia e su Open. Renzi ha inviato un esposto-denuncia in venti punti al ministro della Giustizia Carlo Nordio e al procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato, quest’ultimo titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati. Inoltre, ha inviato tutto anche alla pg facente funzioni della Corte d’Appello di Firenze Luciana Piras, al vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Fabio Pinelli e per conoscenza al capo dello Stato Sergio Mattarella.

"Chi mette in fila i 20 punti della mia denuncia contro Luca Turco, procuratore facente funzione di capo a Firenze, si rende conto che io sono semplicemente animato da un desiderio di giustizia”, ha scritto Renzi.

La Cassazione su Cospito

Dopo otto ore di camera di consiglio, il collegio della Corte di cassazione ha rigettato il ricorso della difesa di Alfredo Cospito. L’anarchico, che è in sciopero della fame da 126 giorni contro il regime di carcere duro, rimarrà quindi al 41 bis per altri 4 anni, come previsto dal tribunale di sorveglianza.

La decisione dei giudici di Cassazione è la peggiore possibile per la difesa di Cospito, che aveva chiesto l’annullamento dell’ordinanza del tribunale di sorveglianza di Roma, senza rinvio. Il collegio dei cinque giudici della Cassazione ha disatteso anche la richiesta della procura generale di Cassazione, che con una memoria aveva chiesto l’annullamento con rinvio per una più approfondita motivazione al tribunale di sorveglianza.

Rossi Albertini aveva annunciato un reclamo davanti al tribunale di sorveglianza di Roma contro il rigetto di Nordio: questa rimane ad oggi l’ultima strada possibile, ma la decisione della Cassazione rende ancora più improbabile un diverso orientamento dei giudici.

L’epilogo, dunque, rischia di essere il peggiore possibile. «Volevano il martire e lo avranno», è l’amara conclusione di Rossi Albertini, che ha già precedentemente spiegato che Cospito non intende sottoporsi a trattamenti nemmeno se perderà conoscenza e non vuole nemmeno tentare la strada della grazia al presidente della Repubblica o la sospensione della pena per motivi di salute.

Le opposizioni contro Delmastro

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, continua a difendere il sottosegretario Andrea Delmastro, attualmente indagato dalla procura di roma per rivelazione di segreto d’ufficio, per aver consegnato al collega Giovanni Donzelli relazioni riservate del Dap.

Rispondendo ad un'interrogazione parlamentare, ha ribadito che gli atti rivelati da Delmastro non fossero segreti e che non saranno i magistrati a poter dimostrare il contrario: secondo Nordio, poichè si tratta di intercettazioni ambientali raccolte in carcere tra Cospito e due boss passate dal Dap al ministero, l’unico a poter apporre il segreto sarebbe stato lui. “Se la qualifica della segretezza o meno dell'atto non dovesse più dipendere dall'autorità che forma l'atto", cioè lui, ma dovesse essere devoluta "all'interpretazione della magistratura, potrebbe crearsi una problematica che potrebbe e dovrebbe essere risolta in altra sede".

Infine, ha definito “velleitaria e metafisica” la richiesta di dimissioni di Delmastro.

Tuttavia, le opposizioni non intendono cedere e hanno minacciato sia alla Camera che al Senato di lasciare i lavori della commissione Giustizia, nel caso in cui Delmastro fosse intervenuto in rappresentanza del governo. Per questo al suo posto si sono presentati altri membri dell’esecutivo, come il viceministro Francesco Paolo Sisto.

Il giurì d’onore su Donzelli

Il Giurì d'onore che deve valutare le parole del deputato di FdI, Giovanni Donzelli sui deputati del Pd conniventi con la mafia dopo la visita nel carcere di Cospito, si è riunito. Sono cominciate le audizioni davanti al presidente del giurì, Sergio Costa (M5S) e ai componenti Roberto Giachetti (IV), Alessandro Colucci (Nm), Fabrizio Cecchetti (Lega) e Annarita Patriarca (FI).

Oltre ai deputati dem, è stato ascoltato anche Donzelli. Il Giurì d'onore, dopo aver sentito gli interessati, avrà tempo fino al 10 marzo per fare la sua relazione e presentarla all'assemblea, ma senza possibilità di dibattito o votazioni.

L’ordine di Roma contro il gip

Il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma ha protrstato contro l’iniziativa di un gip che, in un avviso di fissazione d’udienza per un procedimento con richiesta di archiviazione, ha avvisato l’indagato che poteva fare a meno del difensore d'ufficio

"Il diritto di difesa è inviolabile in ogni stato e grado del giudizio e non può certamente essere il Giudice ad interferire, in modo diretto o indiretto, invitando l'indagato a eludere tale diritto costituzionalmente riconosciuto - ha dichiarato il Presidente del Coa Roma, Paolo Nesta - È davvero sconcertante che il giudice abbia posto in essere tale condotta in un atto giudiziario notificato all'indagato , che in tal modo può essere indotto a pensare che la presenza del difensore sia inutile".

Anche l'Organismo congressuale forense ha protestato, chiedendo l'intervento del ministro Nordio, del Csm e del presidente del tribunale. 

Ancora sul caso Palamara

Il comitato di presidenza del Csm ha chiesto che il plenum decida di non costituirsi parte civile nel nuovo procedimento a carico dell’ex pm, Luca Palamara, per cui la procura di Perugia ha chiesto il rinvio a giudizio per il reato di corruzione in atti giudiziari.

L’udienza è fissata per il 7 marzo e il plenum deciderà entro la prossima settimana. Secondo il comitato di presidenza (composto dal vicepresidente Pinelli e dai due membri di diritto della Cassazione, Pietro Curzio e Luigi Salvato) non ci sono infatti i presupposti per la costituzione in giudizio neanche "sotto il profilo della configurabilità del danno".

Secondo Perugia, che ha indicato il Csm come parte offesa, invece, Palamara avrebbe messo a disposizione la sua funzione in cambio di utilità, anche nella veste di componente del Csm.

Il comitato di presidenza, invece, ritiene che “non emerge dalla contestazione una ipotesi di illecita utilizzazione di specifici poteri e funzioni consiliari".

I candidati per la procura di Messina

Sono quindici i candidati che hanno presentato domanda per la carica di procuratore di Messina, lasciata libera da Maurizio de Lucia, ora a capo della procura di Palermo. Sono: Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto a Catania ed ex componente del Csm; Pierpaolo Bruni, procuratore di Paola; Vincenzo Capomolla, procuratore aggiunto a Catanzaro; Carlo Caponcello, avvocato generale a Catania; Angelo Cavallo, procuratore di Patti; Salvatore Maria Curcio, procuratore di Lamezia Terme; Antonio D'Amato, ex componente del Csm; Fabio D'Anna, procuratore di Ragusa; Vito Di Giorgio, procuratore aggiunto a Messina; Giuseppe Lombardo, procuratore aggiunto a Reggio Calabria; Giuseppe Francesco Puleio, procuratore aggiunto a Catania; Rosa Raffa, procuratore aggiunto a Messina; Marzia Sabella, procuratore aggiunto a Palermo; Luca Tescaroli, procuratore aggiunto a Firenze; Giuseppe Verzera, procuratore di Caltagirone. 

La riforma dell’ordinamento giudiziario

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è tornato a parlare della riforma dell’ordinamento giudiziario approvata in estate dal precedente governo e di cui mancano i decreti attuativi. "E' volontà del Governo esercitare la delega con i correttivi che riterremo di adottare", ha detto, parlando di interventi “più orientati e coerenti con le iniziative riformatrici del governo".

Ha aggiunto che, dopo gli scandali del caso Palamara, serva una “profonda revisione dell’ordinamento giudiziario” da fare nel più breve tempo possibile.

Qui Brescia: il processo a Davigo

Continua il processo di primo grado per rivelazione di segreto d’ufficio a carico dell’ex membro del Csm, Piercamillo Davigo, per aver divulgato i verbali della presunta Loggia Ungheria resi da Piero Amara.

In aula ha deposto un altro ex consigliere del Csm che è anche parte civile, Sebastiano Ardita: "Non ho gradito circolasse pattumiera con un fondamento nel nulla dentro il Csm. Per me era grave che all'interno del Consiglio si usassero questi strumenti per mettere in cattiva luce un consigliere", ha detto.

Ardita ha ricostruito come si sono rotti i suoi rapporti con Davigo e perchè si ritiene danneggiato dal fatto che nei verbali venisse indicato come membro della Loggia. Secodo lui, i verbali "contenevano dichiarazioni sgangherate, che non avevano nulla a che fare con la mia persona. Erano cose appiccicate da chi sente qualcosa e mette insieme". 

Nello stesso processo doveva essere sentita anche l'ex assistente di Piercamillo Davigo al Consiglio Superiore della Magistratura, Marcella Contrafatto. Accusata di essere il corvo che aveva inviato i plichi anonimi contenenti i verbali di Amara e assolta dal reato di calunnia dal tribunale di Roma per non aver commesso il fatto, Cotrafatto ha deciso non avvalersi della facoltà di non rispondere. A suo carico, infatti, sono in corso procedimenti per i reati di rivelazione di segreto e favoreggiamento personale.


 

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