Il dibattito sulle cosiddette carriere alias ricorda quello che, durante la discussione del ddl Zan, ha riguardato l’identità di genere.

Ci troviamo di fronte alle stesse contrapposizioni e a un confronto egualmente aspro, che finisce per lasciare sullo sfondo la concreta condizione delle persone interessate, e troppo spesso senza ascoltarne la voce.

Anche in questo caso, inoltre, è importante che la discussione avvenga entro binari chiari, soprattutto dal punto di vista giuridico. Ed è importante, soprattutto, reagire alle mistificazioni contribuendo a chiarire gli esatti termini della questione con l’obiettivo di arginare resistenze e paure irriflesse.

Il riconoscimento del diritto all’uso del nome di elezione – la cosiddetta carriera alias – ha effetto soltanto all’interno della comunità scolastica, con l’unico scopo di contribuire alla creazione di un ambiente di vita e studio privo dei disagi provocati dal mancato riconoscimento della propria identità di genere nelle relazioni quotidiane.

Non è allora corretto sostenere che il riconoscimento del diritto all’uso del nome di elezione sarebbe dannoso per la persona che lo richiede, in quanto la porterebbe a consolidare una percezione soggettiva dell’identità di genere.

Questo perché i vissuti delle persone trans, non binarie e gender non conforming non possono essere ridotti a un capriccio momentaneo, che potrebbe essere influenzato dalle decisioni dell’istituto scolastico.

Tutto il contrario, è proprio un atteggiamento di chiusura e mancato riconoscimento della dignità delle persone trans a incidere negativamente sulla serenità della loro esperienza di vita. Ma non solo.

Questo tipo di argomenti ignora che il diritto all’uso del nome di elezione ha natura provvisoria e transitoria e, nel caso di minori, viene attivato di comune accordo con la famiglia. Come può tutto questo possa essere dannoso, quando si tratta soltanto di assicurare alla persona interessata un sereno spazio di vita e relazioni?

Le leggi sono rispettate

Proprio la natura e gli specifici effetti delle cosiddette identità alias escludono la violazione delle norme in materia di attribuzione di un nome corrispondente al sesso anagrafico.

Infatti, l’attribuzione dell’identità “alias” ha effetti unicamente all’interno dell’istituzione scolastica, mentre tutti gli atti che hanno rilevanza esterna continuano a riportare il nome anagrafico.

L’identità anagrafica non viene intaccata: dunque, non esiste alcuna violazione delle norme sull’attribuzione del nome.

Stupisce, peraltro, che venga richiamata la sentenza 3877/2020 della Corte di cassazione. Quel provvedimento va infatti in tutt’altra direzione e ha reso pienamente effettivo il diritto all’uso del nome di elezione a seguito della rettificazione anagrafica, superando il precedente orientamento che imponeva alla persona di declinare il proprio nome anagrafico secondo il sesso attribuito dopo la rettificazione, anziché sceglierne uno corrispondente alla propria libera scelta.

L’introduzione delle cosiddette carriere alias, infine, rientra a pieno titolo nell’autonomia scolastica, che deriva dall’articolo 33 della Costituzione ed è riconosciuta dall’articolo 21 della legge n. 59/1997 e dall’articolo 1 del d.P.R. n. 275/1999. A queste deve essere aggiunto l’articolo 1, comma 16 della cd. legge sulla buona scuola (legge n. 107/2015) che affida alle istituzioni scolastiche il compito di attuare le pari opportunità promuovendo, tra l’altro, la prevenzione di tutte le discriminazioni.

Riconoscere alle persone trans il diritto all’uso del nome di elezione si pone in linea con questi obiettivi, nel pieno rispetto della legge.

Nell’esercizio della propria autonomia la scuola si apre così alla persona e alle sue esigenze, senza intervenire in ambiti esterni alla propria sfera di intervento. In questo modo la scuola attua la sua funzione di luogo di formazione e crescita personale, coniugandola con il riconoscimento di pari dignità a tutte le persone e con la rimozione di ogni ostacolo al libero sviluppo della persona umana, come l’articolo 3 della Costituzione impone all’intera comunità repubblicana.

© Riproduzione riservata