Era nell’aria ed è arrivato anche il terzo rinvio per la nomina dei consiglieri laici dei Consigli di presidenza delle magistrature speciali, amministrativa, contabile e tributaria. Le dodici posizioni in tutto di nomina parlamentare fanno gola a molti – si tratta di posizioni di prestigio e ben remunerate – e continuano a rimanere in bilico. Oggi si sarebbe dovuto procedere all’elezione ma è stata di nuovo rinviata, questa volta al 20 aprile.

I tre Consigli di presidenza sono organi equivalenti al Csm per la magistratura ordinaria: regolano il funzionamento interno delle corti, gestiscono la disciplina e gli avanzamenti di carriera. Sono composti da una maggioranza di togati, eletti dai magistrati, a cui si aggiungono quattro laici, scelti tra i professori ordinari in materie giuridiche o gli avvocati con venti anni di esercizio professionale, due eletti dalla Camera e due dal Senato con maggioranza assoluta. Se però per il Csm - organo più in vista rispetto ai suoi omologhi delle magistrature speciali – la moral suasion del Quirinale per velocizzare le nomine dei laici ha funzionato, così non è stato per i Consigli di presidenza.

la dinamica politica

Secondo fonti di maggioranza, infatti, i 12 nomi che andranno a riempire le caselle sono finiti nel grande calderone della divisione interna al centrodestra delle nomine nelle società partecipate. Risultato: sulla base di quegli equilibri, le caselle laiche dovrebbero venire usate a conguaglio di chi tra gli alleati è stato penalizzato nella distribuzione delle cariche più ambite.

Nell’ultimo mese e mezzo – la prima convocazione risale al 1 marzo – l’impasse politica intorno ai nomi non si è mai veramente sbloccata. Come già successo anche per la nomina dei laici al Csm, infatti, Fratelli d’Italia non ha voluto scendere a patti con le opposizioni e si è limitata a fissare i rapporti di forza, ragionando complessivamente sul totale dei 12 posti e prevedendone 9 per la maggioranza e 3 in tutto per le opposizioni.

Secondo FdI, infatti, non esistono obblighi fissi e si potrebbe anche concedere un solo laico a rappresentanza di tutte le opposizioni. Approccio Inaccettabile soprattutto secondo il Pd, che ha sottolineato invece come la prassi sia sempre stata quella di considerare i quozienti dei gruppi. Dunque ai dem spetterebbero due eletti, con un rapporto almeno di 8 a 4 tra maggioranza e opposizione. All’epoca del primo scontro, qualche settimana fa, l’ex capogruppo Debora Serracchiani aveva stigmatizzato l’atteggiamento di FdI di non volersi nemmeno sedere al tavolo delle trattative, contestandone il metodo politico.

Allora come oggi, tuttavia, il nodo è rimasto lo stesso: un FdI famelico, con la necessità di guadagnare posti per bilanciare gli equilibri nel centrodestra, a scapito delle opposizioni.

I nomi dei papabili

Nel frattempo, i nomi dei papabili continuano a girare e cambiano di giorno in giorno. Secondo notizie raccolte tra i gruppi parlamentari, tra i possibili laici per la Corte dei conti ci sarebbero Angelo Piazza, Aristide Police e Guido Doria, per la giustizia amministrativa e tributaria, invece, si sono fatti i nomi di Enrico Caratozzolo, Raffaele Picaro, Saverio Ruperto e Barbato Iannuzzi.

Tutti, però, continuano ad essere scritti sull’acqua. Tuttavia, «la scelta continua ad avvenire sulla base di criteri che esulano dalle competenze specifiche», è il commento più ricorrente che emerge dai magistrati sia contabili che amministrativi, i quali aggiungono: «A questo punto, basta che qualcuno venga nominato e si possano insediare i nuovi consigli».

Nel mondo ovattato delle magistrature speciali, infatti, la sensazione prevalente è quella di fastidio nei confronti della politica e soprattutto della maggioranza di governo, accusata di trattare i loro organi di autogoverno come camere di compensazione per dinamiche spartitorie. Con sommo spregio dei togati già eletti.

I Consigli di presidenza della magistratura contabile e quello della magistratura amministrativa, infatti, stanno agendo in regime di prorogatio già da più di otto mesi. In luglio, infatti, si sono tenute le votazioni per eleggere i nuovi componenti togati – quattro per la Corte dei conti e dieci per la magistratura amministrativa (4 consiglieri di Stato e 6 magistrati dei Tar) – che però non possono insediarsi fino a quando il parlamento non nominerà i laici, perfezionando la composizione del plenum.

Con conseguenze pratiche di non poco conto, in particolare per quanto riguarda la Corte dei Conti. Da gennaio a maggio, infatti, sono in scadenza molti incarichi direttivi nelle sedi territoriali, che andranno riassegnati. E, se l’impasse parlamentare non si sblocca, toccherà al Consiglio in prorogatio farlo.

Timori arrivano anche da un gruppo di magistrati amministrativi indipendenti, che hanno sottolineato le criticità di questa proroga: «I togati entreranno nell'esercizio delle funzioni in un momento nel quale potrebbero già non rispecchiare più il corpo elettorale, per effetto di nuove corpose immissioni in servizio» e «quanto più tardi si costituirà il nuovo organo, tanto più tardi lo stesso compirà il quadriennio» rendendo imprevedibile la data delle future nuove elezioni.

Situazione ancora diversa riguarda la magistratura tributaria, alle prese con la nuova riforma che ne professionalizza le funzioni ma modifica anche la composizione togata del Consiglio di presidenza, con possibili effetti distorsivi.

Le peculiarità delle singole magistrature speciali, tuttavia, influiscono molto poco sulle dinamiche politiche per la scelta dei laici. Le nomine sono nomine e, in questa fase, sono funzionali ad un gioco ben più ampio.

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