La nuova bozza della legge di Bilancio prevede una serie di tagli a voci che riguardano la giustizia. In realtà si tratta di poco più che limature, inserite nelle disposizioni finanziarie e finali e senza spiegazioni compiute nel testo della legge.

Carcere

Il taglio più preoccupante, politicamente, riguarda il carcere. La bozza, infatti, prevede che «a decorrere dall’anno 2023, il Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, assicura, mediante la riorganizzazione e l’efficientamento dei servizi degli istituti penitenziari presenti su tutto il territorio nazionale, in particolare con la ripianificazione dei posti di servizio e la razionalizzazione del personale, il conseguimento di risparmi di spesa non inferiori a 9.577.000 euro per l’anno 2023, 15.400.237 euro per l’anno 2024 e 10.968.518  euro annui a decorrere dall’anno 2025». 

Tradotto: il ministero dovrebbe razionalizzare il personale della polizia penitenziaria, riducendo i costi di circa 36 milioni di euro in tre anni.
Peccato che, secondo i dati ministeriali, la pianta organica della polizia penitenziaria prevede 41.595 unità, ma in servizio nel 2021 ce ne sono solo 36.653 (in riduzione rispetto al 2020, in cui ne risultavano presenti 37.242).

Non a caso, una legge del giugno scorso ha previsto l’aumento dell’organico con assunzioni straordinarie dal 2022 al 2032, con l’obiettivo di dare attuazione al Pnrr.

Uno dei più strenui difensori della polizia giudiziaria, tanto che il suo tour elettorale ha visto anche incontri con i loro sindacati, è il leader leghista Matteo Salvini. Sue sono le dichiarazioni per cui «è sempre più urgente assumere più agenti della polizia penitenziaria».

Sul tema, inoltre, si è impegnato fortemente anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha parlato di carcere come priorità del suo mandato, tanto da aver esordito con la visita alle carceri di Regina Coeli e Poggioreale.

In realtà, il taglio è una limatura rispetto al costo annuale della polizia penitenziaria: secondo il bilancio ministeriale, i costi di mantenimento del corpo sono stati, nel 2022, di 2,06 miliardi di euro, in diminuzione rispetto al 2021, quando la spesa era stata di 2,137 miliardi.

Giustizia minorile e strutture territoriali

Sul fronte della giustizia minorile, la legge prevede «l’efficientamento dei processi di lavoro nell'ambito delle attività per l'attuazione dei provvedimenti penali emessi dall'Autorità giudiziaria e la razionalizzazione della gestione del servizio mensa per il personale», con l’obiettivo del conseguimento di risparmi di almeno 331.583 euro per il 2023, 588.987 per il 2024 e 688.987 all'anno dal 2025.

In tutto, circa 1,6 milioni di euro in tre anni.

Intercettazioni

Infine, nelle disposizioni finali della manovra si trova anche l’indicazione che «le spese di giustizia per le intercettazioni e comunicazioni sono ridotte di 1.575.136 euro annui a decorrere dal 2023».

Questa è la disposizione forse più difficile da comprendere. Le intercettazioni, infatti, non sono una spesa prevedibile di anno in anno né esiste un fondo “finito” a cui si attinge.

Le intercettazioni, infatti, sono uno strumento di indagine che viene usato a discrezionalità degli inquirenti e solo per reati con pena superiore ai cinque anni, ma ogni procura adotta una sua prassi e le commissiona ad enti privati a un prezzo contrattato diverso da ufficio a ufficio.

La riforma Orlando della giustizia prevedeva l’omologazione dei costi, che poi è stato portato avanti dal ministro Alfonso Bonafede, con l’individuazione di un listino dei prezzi massimi: 2,40 euro al giorno per un’intercettazione telefonica; 75 euro per un’ambientale; 120 euro per una telematica. ll decreto, però, è stato fermato dalla ministra Marta Cartabia perchè il tariffario era considerato troppo rigido. 

Con il risultato che, senza una chiara disciplina, i costi delle intercettazioni variano ancora moltissimo e vanno a beneficio di società private a cui il servizio viene appaltato, con problemi – in alcuni casi – di segretezza e garanzia nella conservazione delle intercettazioni.

Il costo delle indagini e quindi anche delle intercettazioni, tuttavia, non è sempre a carico dello stato: viene caricato a titolo di spesa processuale sui condannati che abbiano scelto il rito ordinario (quindi non i riti premiali come il patteggiamento o il rito abbreviato), che pagano al fondo unico spese di giustizia.

Il problema di fondo, tuttavia, è che il ministero delle Giustizia può solo prevedere il costo annuale delle intercettazioni, che però difficilmente può essere calcolato ex ante: ogni procura, infatti, non ha a disposizione un fondo a cui far riferimento ogni anno ma dispone le intercettazioni sulla base di quelle che ritiene siano le necessità di indagine.

Secondo i dati ministeriali, nel 2018 le intercettazioni sono costate 205 milioni di euro, nel 2019 circa 200 milioni e nel 2021 circa 213 milioni. La riduzione di 1,5 milioni, quindi, è ancora una volta una limatura.

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