Il clima della campagna referendaria sulla riforma della giustizia è sempre più infuocato e la linea del fronte sono i palazzi di giustizia. Seppur con qualche defezione in entrambi gli schieramenti, da una parte ci sono gli avvocati in favore del sì, dall’altra i magistrati a sostegno del no e proprio i tribunali – dentro e fuori – sono diventati terra contesa.

Negli scorsi mesi, erano stati i penalisti a stigmatizzare le iniziative dei magistrati di utilizzare le aule magne dei tribunali come luogo di presentazione dei loro comitati per il no. L’11 dicembre, invece, sono stati gli avvocati a subire un tentativo di stop da parte di ignoti boicottatori alla loro manifestazione in favore del sì al referendum, organizzata davanti al tribunale di Nola.

I fatti

La vicenda ha ancora molti punti oscuri. Per ora, certa è solo la dinamica dell’accaduto: alle 10 del mattino di giovedì 11  dicembre, una quarantina di avvocati di Nola si sono dati appuntamento sul marciapiede di piazza Giordano Bruno, antistante il tribunale, per l’iniziativa “129 piazze per il SI” dell’Unione Camere Penali Italiane per spiegare alla cittadinanza le ragioni del sì.

Secondo quanto raccontato da un’avvocata presente, i penalisti si erano premuniti di tutte le autorizzazioni necessarie: permesso di occupazione del suolo pubblico, con addirittura la planimetria della piazza con una croce sul marciapiede in cui poter sostare e documentazione fotografica.

Appena un’ora dopo l’inizio dell’iniziativa, però, agli avvocati si è presentata una vicecomandante della polizia municipale insieme ad un appuntato, che ha intimato di smontare il gazebo e allontanarsi. La ragione: l’esistenza di un decreto a firma del presidente del tribunale e del procuratore capo di Nola, che qualificava tutta l’area come “zona rossa per la sicurezza dei magistrati”. 

«La richiesta di esibizione del provvedimento o almeno dei suoi estremi è rimasta inevasa e si è assistito ad un crescendo di affermazioni apodittiche, culminate nella minaccia di procedere ad identificazioni generalizzate e successivamente di “far revocare l’autorizzazione”», si legge nel comunicato dei penalisti. In altre parole: a richiesta degli avvocati di esibire il decreto, la polizia municipale ha reagito minacciando di identificare gli avvocati. Secondo chi era presente, la poliziotta ha anche aggiunto: «Se non ve ne andate con le buone, ve ne andrete con le cattive».

Lo scontro verbale è durato quasi un’ora, con toni sempre più alti. Fino a quando poliziotta e appuntato si sono allontanati dopo una telefonata, dicendo però che sarebbero tornati con la revoca dell’autorizzazione. In realtà i due non sono più tornati e la manifestazione ha potuto proseguire fino alle 13, tuttavia l’interruzione è stata un imprevisto del tutto inedito, tanto più perché avvenuto sotto gli occhi dei militari dell’esercito che, nella loro camionetta, presidiavano proprio la piazza.

Il decreto fantasma

Immediata è arrivata la reazione delle Camere penali, che hanno stigmatizzato «l’intervento scomposto, privo di fondamento normativo, comunque lesivo, in concreto, anche delle libertà di riunione e di espressione garantite dall’art. 17 della Costituzione». La Giunta ha sottolineato infatti come «abbiamo assistito in questi mesi manifestare liberamente i magistrati, riuniti nel Comitato del NO ed esprimere il loro dissenso alla riforma costituzionale all’interno dei Tribunali, delle Corti di Appello e della Suprema Corte di Cassazione, luoghi sacri in cui si celebrano processi, si decide della vita delle persone e della loro libertà, luoghi in cui non si fa politica. Ai penalisti, invece, che questa riforma attendono da oltre trent’anni vorrebbe essere precluso di farlo liberamente in piazza».

Intanto, però, gli interrogativi rimangono: chi ha chiesto alla polizia municipale di intervenire per sfollare gli avvocati, adducendo l’esistenza di un decreto firmato da procuratore capo e presidente del tribunale sulla fantomatica “zona rossa”?

La notizia, come ovvio, è stata sulla bocca di tutti nel foro e tra i magistrati nolani. Il giorno dopo i fatti, la presidente del tribunale di Nola Paola Del Giudice e il procuratore capo Marco Del Gaudio hanno infatti preso carta e penna per specificare di «non aver adottato alcun decreto in relazione alla manifestazione, del tutto legittima, dei penalisti nolani, della quale, peraltro, ignoravamo sia l'organizzazione, sia lo svolgimento» e «l'intera procedura autorizzativa, com'è giusto che sia, si è svolta interamente presso gli Uffici comunali, senza alcuna interlocuzione con i vertici giudiziari, i quali - in ogni caso - non avrebbero avuto titolo per intervenire». Insomma, i magistrati non c’entrerebbero nel maldestro tentativo di stop. 

Anche il sindaco di Nola Andrea Ruggiero ha preso le distanze dai fatti: «Come sindaco della città, e a nome dell’amministrazione comunale e dell’intera comunità nolana, desidero innanzitutto porgere le mie più sentite scuse a tutti coloro che sono stati direttamente coinvolti nella vicenda e all’intera categoria forense. In una comunità democratica non può e non deve mai essere impedito a chi esprime civilmente le proprie idee di farlo. Il confronto e il dialogo sono valori fondamentali che vanno sempre tutelati».

Il sindaco ha confermato che «non risulta alcun ostacolo che impedisse lo svolgimento della manifestazione» e «tutte le autorizzazioni necessarie erano state regolarmente richieste nei tempi e con le modalità previste, e non era emersa alcuna criticità rispetto al rilascio dell’occupazione temporanea di suolo pubblico».

Allora però rimane aperto l’interrogativo: se la magistratura (anche se la polizia municipale ha attribuito ai suoi vertici l’inesistente decreto “zona rossa”) non si è intromessa e non lo ha fatto nemmeno il comune, chi ha mandato la polizia municipale a bloccare gli avvocati nolani?

I diretti interessati hanno intenzione di scoprirlo e stanno valutando di sporgere denuncia.

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