Si riapre il caso della strage di Erba. A 17 anni dai fatti e 13 dalla condanna definitiva all’ergastolo per i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi per gli omicidi di Raffaella Castagna, il figlio Youssef di soli due anni, la nonna del piccolo Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini, la corte d’appello di Brescia ha fissato l’udienza per la richiesta di revisione del processo a loro carico.

La corte, infatti, ha emesso un decreto di citazione a giudizio nei confronti dei due coniugi condannati e ora si apre una nuova fase straordinaria del giudizio.

Cosa è la revisione

Il giudizio di revisione è una forma di impugnazione straordinaria, perché avviene su una sentenza già passata in giudicato. In questo caso, la sentenza di cassazione del 2011 che ha condannato in via definitiva all’ergastolo Olindo e Rosa.

Proprio per la sua straordinarietà, la revisione può essere richiesta solo in casi eccezionali: nel caso di condanna basata su falsità negli atti o in giudizio, nel caso in cui i fatti su cui si basa la condanna siano inconciliabili con quelli stabiliti in un’altra sentenza e – questo è il caso dei coniugi Romano – nel caso in cui dopo la condanna siano sopravvenute o si scoprano nuove prove che «dimostrano che il condannato deve essere prosciolto».

In altre parole, le nuove prove da produrre in giudizio devono portare all’assoluzione dei condannati e non possono essere solo prove che ne riducano la responsabilità.

La richiesta di revisione può essere presentata dagli stessi condannati o dai loro prossimi congiunti oppure dal procuratore generale presso la corte d’appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza di condanna.

Questo è stato il caso di Erba, dove la richiesta di revisione è stata presentata dal sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser, la cui iniziativa però ha prodotto uno scontro con la procuratrice generale di Milano Francesca Nanni, cui si è aggiunta anche quella delle difese dei due condannati.

Le nuove prove portate da Tarfusser e dalla difesa si basano su tre perizie, che sono state frutto di tecnologie più moderne rispetto a quelle disponibili al momento degli omicidi.

Cosa succede adesso

La decisione ora spetta alla corte d’appello di Brescia, che ha fissato la prima udienza e quindi non ha ritenuto che la richiesta fosse manifestamente infondata e quindi da dichiarare inammissibile d’ufficio.

Ora, dunque, si svolgerà la prima udienza davanti ai nuovi giudici d’appello. In quella sede si deciderà se ridiscutere alcune parti del processo alla luce delle nuove prove portate da Tarfusser e dai due coniugi. I giudici d’appello avranno davanti due strade: accogliere la richiesta di revisione e quindi prosciogliere i due coniugi oppure rigettarla e condannarli alle spese processuali. 

In ogni momento, inoltre, i giudici della revisione possono disporre di sospendere la pena della detenzione che attualmente i due condannati stanno scontando.

Lo scontro a Milano

Parallelamente all’udienza di revisione a Brescia, al Csm si svolgerà anche il procedimento disciplinare a carico di Tarfusser, fissato per l’8 febbraio.

Infatti, nei confronti di Tarfusser è stato aperto un procedimento disciplinare su segnalazione al Csm della procuratrice generale di Milano Francesca Nanni. Il disciplinare dovrà valutare le modalità con cui Tarfusser ha proposto la revisione del processo sulla strage perché, secondo Nanni, il sostituto ha «violato i doveri di correttezza, riserbo ed equilibrio» e non si sarebbe attenuto al «documento organizzativo dell'ufficio». Inoltre, avrebbe tenuto senza alcuna delega contatti con i difensori degli imputati, ricevendo da loro consulenze scientifiche sulle asserite nuove prove.

Tarfusser, che non è mai intervenuto pubblicamente sulla vicenda, ha redatto la richiesta di revisione e l’ha depositata alla segreteria della procura generale di Milano. Questo non viola alcuna norma procedurale del codice ma, secondo Nanni, scavalcherebbe il regolamento interno della sua procura generale, che assegna all’avvocato generale o alla stessa procuratrice generale la facoltà di revisione delle sentenze.

Nel merito del procedimento, Nanni ha sì trasmesso alla Corte d'Appello di Brescia l’atto di proposta di revisione del processo, ma lo ha accompagnato con un parere in cui spiega che l’istanza è «inammissibile» e «infondata», perché viene da un «soggetto non legittimato«, dato che un regolamento interno prevede che le istanze di revisione possano essere proposte solo dal procuratore generale e dall'avvocato generale. E «nel merito infondata» perché mancano «nuove prove decisive» per una revisione. 

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