Michael Walzer è un filosofo politico e professore emerito dell’Institute for Advanced Study di Princeton, in New Jersey, uno dei più prestigiosi centri di ricerca al mondo. Per oltre trent’anni è stato co-direttore della rivista politica Dissent, un trimestrale che dagli anni Cinquanta raccoglie le riflessioni di intellettuali e pensatori della sinistra statunitense. Tra i suoi libri più noti c’è Just and Unjust Wars (Basic Books, 1977), un’indagine sulle questioni morali sollevate dalle guerre, analizzando esempi dai tempi antichi alla storia recente.

Partiamo proprio dai concetti di guerra giusta e ingiusta, e dalla guerra che si sta combattendo in Ucraina da quando è stata invasa dalla Russia. Come si applicano in questo caso?

Sono quasi troppo facili da applicare. L’invasione russa, sia secondo il diritto internazionale che secondo la teoria della guerra giusta, è un atto di aggressione e un atto criminale. La sua criminalità è stata resa particolarmente evidente dalla resistenza degli ucraini. Io ero contrario all’invasione americana dell’Iraq nel 2003. Ma quello non fu un atto di aggressione. Fu accolto con favore dalla maggior parte degli iracheni, dal 20 per cento degli iracheni che erano curdi e dal 60 per cento che erano sciiti. L’occupazione non è stata accolta con favore, ma l’invasione sì. Soprattutto gli sciiti volevano che entrassimo, rovesciassimo Saddam e poi ce ne andassimo, lasciando il paese a loro. In Ucraina non c’è stato nulla del genere. La stragrande maggioranza delle persone sentiva di avere un paese da difendere e un governo da sostenere. Ed è questo che ha reso chiaro che si tratta di un atto da condannare. Per di più i russi non stanno facendo lo sforzo richiesto dal diritto internazionale e dalla morale per proteggere i civili dagli effetti del loro attacco. Questa è una guerra davvero brutta, sia dal punto di vista del jus ad bellum, le ragioni della guerra, sia dal punto di vista di come la guerra viene portata avanti.

Ha citato l’invasione dell’Iraq. A quel tempo l’allora presidente americano George W. Bush parlò esplicitamente di «guerra giusta», lo stesso fece il primo ministro inglese Tony Blair. Invece nella guerra tra Russia e Ucraina questo tipo di linguaggio non si è più sentito. 

Giusto. Perché i russi si sono rifiutati di chiamarla guerra e stanno insistendo che questo è qualcosa di diverso da una guerra. È un intervento contro un governo nazista. Ma ci tengo a dire che anche gli interventi possono essere giusti e ingiusti. Se questa non è una guerra, ma un intervento, è comunque ingiusto.

L’Europa e gli Stati Uniti stanno sostenendo l’Ucraina inviando materiale bellico e imponendo sanzioni alla Russia. Cosa pensa di questo tipo di strumenti da un punto di vista della morale? Sono giusti? 

Storicamente le sanzioni sono state richieste soprattutto dalla sinistra, in situazioni come l’invasione italiana dell’Etiopia. O l’intervento italiano, e soprattutto tedesco, a favore dei fascisti franchisti in Spagna nel 1936-1937. A sinistra erano richieste da tutti. Io non sono abbastanza vecchio per ricordare, ma ho letto molti resoconti della guerra civile spagnola. Chiunque a sinistra chiedeva con forza sanzioni e assistenza militare per il governo spagnolo da parte di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. È stato importante per me ricordare il caso spagnolo nel dibattito nella sinistra americana. Noi a sinistra ci siamo storicamente opposti al genere di sanzioni che causa reali difficoltà per i civili, per la gente comune, sanzioni che colpiscono la fornitura di cibo e la fornitura di medicinali. E questo è stato il caso delle sanzioni contro Saddam dopo la prima guerra del Golfo che hanno colpito duramente i civili. Al momento non ho sentito parlare di carenze di cibo o di medicine in Russia. Quindi presumo che le sanzioni non abbiano colpito la gente comune in modo estremo o drastico. E se questo è vero, allora le sostengo in pieno. E sono ciò che gli ucraini chiedono. Si presume che indeboliscano la capacità russa di combattere e possono rafforzare l’opposizione alla guerra all’interno della Russia.

E per quanto riguarda l’invio di armi e altro materiale bellico?

Penso che per la sinistra di oggi questa dovrebbe essere un’occasione importante come lo fu la guerra civile spagnola per la sinistra negli anni Trenta. E quindi, sì, dovremmo fornire supporto militare agli ucraini. Soprattutto c’è qualcosa di molto diverso qui: i russi hanno armi nucleari, e armi chimiche e biologiche che non erano disponibili negli anni Trenta. Penso che in questo caso l’esempio storico utile sia l’Ungheria nel 1956, dove non abbiamo fatto nulla per opporci alla repressione russa della rivoluzione ungherese. Quindi mi chiedo: quale sarebbe stata la nostra risposta se in Ungheria ci fosse stata una reazione simile a quella attuale in Ucraina? Non sono certo di cosa avremmo dovuto fare allora, ma oggi penso che dovremmo aiutare gli ucraini. Dovremmo anche lavorare il più possibile a sostegno degli sforzi di persone come Erdogan dalla Turchia o Macron dalla Francia. Sostenere i loro sforzi per trovare la strada verso un cessate il fuoco o un accordo negoziato. Fino a che questo non si avvera, dovremmo anche fornire agli ucraini le armi di cui hanno bisogno.

Pensando a una possibile risoluzione della guerra e tornando alla morale delle sanzioni, cosa andrebbe fatto una volta terminati gli attacchi? Andrebbero mantenute? Gradualmente sospese?

Questa è una domanda molto importante e difficile. Dipende dal tipo di accordo. Se ci fosse un cessate il fuoco con i russi che continuano a occupare parti dell’Ucraina, o un accordo che lascia la sovranità ucraina gravemente compromessa, penso che le sanzioni dovrebbero continuare. Se ci fosse un accordo, magari con un governo post-Putin che riconosca la sovranità ucraina, allora dovremmo esplorare le possibilità di un nuovo accordo generale sulla sicurezza in Europa che includa la Russia, che fornisca alla Russia alcune garanzie, e in quel caso le sanzioni dovrebbero essere revocate. Dovrebbe dipendere dalla qualità dell’accordo.

Lei ha scritto che «l’aggressore è sempre responsabile per le conseguenze dei combattimenti che comincia». Chi dobbiamo considerare “aggressore” in questo caso? Putin o la Russia? 

Sono cauto rispetto al fatto che il presidente Biden abbia usato parole come «genocidio» e «criminale di guerra» riferendosi a Putin, anche se credo che tutti noi dovremmo usare queste parole. Non sono sicuro che sia una buona idea denunciarsi a vicenda in termini che implicano responsabilità legali. Voglio invece sperare che i leader si trovino a uno stesso tavolo per cercare un accordo accettabile che preveda atti di riparazione da parte dei russi. Riparazione materiale. Inoltre penso che ci dovrà essere una sorta di piano Marshall, un qualche tipo di aiuto dall’occidente, per aiutare l’Ucraina a ricostruire. Ma in questo momento non esiste un tipo di sistema internazionale che assicuri giustizia imparziale. Nel caso i russi vengano sconfitti e a Mosca si installi un nuovo governo, allora potremmo avere processi per crimini di guerra come quelli che hanno seguito le guerre nella ex Jugoslavia. Senza una sconfitta, nel caso di un accordo diplomatico, dovremmo sperare nei risarcimenti, mentre penso che processi per crimini di guerra potrebbero rendere più difficile la soluzione diplomatica e la fine dei combattimenti.

Parlando di sistema internazionale: già nel settembre 2020, in un discorso pronunciato in occasione dell’Assemblea generale dell’Onu, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky disse che «era inaccettabile che la sovranità di uno stato indipendente venga violata da uno dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu». Zelensky si riferiva alla Crimea. E aggiunse: «Questa è la prova che i meccanismi del modello del 1945 non sono più pienamente in funzione». Cosa ne pensa? 

Penso che sia ormai chiaro che l’Onu non è un’agenzia efficace in situazioni come questa. Non è nemmeno efficace su questioni come il cambiamento climatico, dove la maggior parte del mondo è d’accordo sull’urgenza della situazione. Certamente non è efficace per situazioni di conflitto, e specialmente per conflitti che coinvolgono le grandi potenze. Questo dovrebbe cambiare? Beh, si tratta di un progetto molto a lungo termine.

Un’ultima domanda sulle sanzioni: stiamo facendo abbastanza? Cosa possiamo fare noi comuni cittadini, oltre ad accettare aumenti del costo della benzina?

Noi cittadini dovremmo spingere per sanzioni più forti mentre i combattimenti sono in corso. Abbiamo ottime ragioni morali per farlo. E dovremmo essere pronti ad accettare i sacrifici che queste comportano. Tuttavia è molto difficile per un governo democratico imporre questo tipo di privazioni al suo popolo. Negli Stati Uniti la situazione è particolarmente delicata perché qualsiasi sconfitta per i democratici sarebbe un disastro. Quindi mi piacerebbe vedere sanzioni più forti di quelle viste finora, ma non sono sicuro che sia realistico.

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