Novanta secondi alla mezzanotte, all’armageddon della guerra nucleare. Mai dal 1947, anno in cui fu inventato, l’orologio dell’apocalisse era stato così vicino all’ora che definisce il disastro atomico.

Non era accaduto nemmeno durante la crisi dei missili di Cuba o le guerre del Golfo.

Il gruppo degli scienziati che stabilisce lo spostamento delle lancette lancia al mondo un chiaro segnale di allarme: l’eventualità dell’utilizzo dell’arma nucleare è molto vicino, anzi non è mai stato così probabile.

Ovviamente non si tratta di una previsione esatta o di una misura ma di un conto alla rovescia legato alle circostanze suggerite dallo svolgimento della guerra sul terreno e dal contesto internazionale attorno al conflitto in Ucraina.

Sono messe in conto due probabilità: un possibile incidente (si pensi al rischio che corrono le centrali atomiche sotto il controllo ucraino) o una decisione militare.

La cosa più grave tuttavia è che la pubblica opinione occidentale si sta lentamente abituando all’ipotesi di una tale evenienza.

L’idea che i russi siano tentati di utilizzare un ordigno nucleare tattico come arma di ultima istanza, così come recita la loro dottrina atomica, sta progressivamente facendosi largo sui media e tra gli esperti.

Non c’è più lo scandalo per ciò che tale passo potrebbe rappresentare: un salto di qualità assoluto nel conflitto, che ci trascinerebbe su un terreno del tutto nuovo dove nessuna previsione è più possibile.

L’insistenza sul termine “tattico” sembra fatta apposta per tranquillizzare: si cerca di convincere il pubblico che si tratti di un’arma come un’altra, solo un po’ più potente.

Sui media si moltiplicano le analisi sugli effetti militari di tale evenienza, assieme a descrizioni dei vari sistemi d’arma quasi si trattasse di elettrodomestici.

Non è così: l’uso dell’arma atomica cambia tutto e ci spinge verso l’ignoto.

La riabilitazione della guerra fa cadere tutti i limiti e porta con sé anche la rivalutazione del nucleare, quasi fosse possibile conviverci (o solo sopravvivere?).

Ci siamo già dimenticati di cosa ha significato l’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl del 1986, con la sua nuvola minacciosa che si stendeva su tutta l’Europa?

Ci siamo scordati del fatto che quella centrale non si è spenta e che occorre rifarle il “cappotto” di cemento a scadenze regolari?

Nessuno si faccia raggirare: convivere con la bomba atomica non è possibile.

In quel caso il rischio di escalation -imprevedibile e inarrestabile- sarebbe alle porte e la logica prevalente diverrebbe quella della mera sopravvivenza.

L’assurdo della situazione è che il clima bellicista attuale non prende in considerazione tale eventualità, anzi: reagisce male se la si considera. Gli spiriti di guerra vengono scatenati nella loro logica autodistruttiva.

Non si può giocare con il rischio di conflitto atomico: nessuno può dire in quale gorgo ci sprofonderebbe.

Fare la guerra con una potenza nucleare comporta questo e occorre tenerne conto, giusto o ingiusto che sia. 

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