Il presidente francese Emmanuel Macron, ancora una volta, ha provocato sconcerto quando ha ventilato l’ipotesi che, prima o poi, sarà inevitabile inviare dei soldati in Ucraina per la sua difesa. Eppure l’inquilino dell’Eliseo ha avuto il merito di togliere il velo di ipocrisia al comportamento dei paesi che appoggiano l’Ucraina, rendendo palese quello che tutti, russi compresi, sanno: e cioè che da anni, fin da prima dall’invasione, in quel paese operano istruttori e consiglieri, pudicamente mimetizzati in varie forme ma sostanzialmente rispondenti ai governi dei paesi di origine.

Però ai tedeschi deve essere mancato il fiato quando hanno sentito Macron. Perché il sentimento pubblico di quel paese nei confronti dell’impegno militare è profondamente ostile ad ogni implicazione diretta in un conflitto armato. La Germania, per tanto tempo uno stato semi-sovrano e fino a trent’anni fa territorialmente diviso, è pacifista e antimilitarista, tanto a destra quanto a sinistra. Rigetta tutto quanto richiama il militarismo, del quale ha subito conseguenze devastanti.

Non c’è molta memoria collettiva in Occidente né delle centinaia di migliaia di morti civili nei bombardamenti incendiari di Dresda e Amburgo, né degli stupri di massa nell’avanzata dell’Armata rossa, solo recentemente rivelati nella loro dimensione ed efferatezza.

Questo invece pesa, eccome, nella cultura politica tedesca. La Germania ha estirpato dalla sua storia il demone militarista, e per questo rifiuta automaticamente qualsiasi proposta di far posare gli scarponi dei propri soldati in un altro paese.

«Morire per Kiev»

Il presidente francese ha però bilanciato il rischio di una incrinatura nei rapporti franco-tedeschi, e di tante sopracciglia alzate nelle cancellerie e nel corpo diplomatico, con un chiarimento sulla posta in gioco nel conflitto ucraino.

Se è vero, come sostengono fin dal primo giorno gli atlantisti radicali, ai quali Macron sembra ora aderire, che l’obiettivo è impedire a Putin di continuare a nuocere, e che il fronte ucraino è la linea di difesa di tutto l’Occidente, allora noi europei dovremo prendere in considerazione l’ipotesi di “morire per Kiev”.

I russi hanno mostrato una grande impreparazione, quasi una faciloneria, nelle prime fasi della guerra, non a caso “compensata” con una ferocia belluina nella ritirata dalle posizioni inizialmente conquistate. Ma hanno imparato dagli errori e, con il loro ritmo, hanno ripreso l’iniziativa rendendo non solo molto più incerta la riconquista del Donbass da parte degli ucraini ma facendo anche intravedere la possibilità di ulteriori avanzamenti.

Frenare la Russia

La posta in gioco, rilancia il presidente francese, va ben oltre il conflitto locale tra due nazioni, investe la sicurezza di tutto il continente. E tale sicurezza non sarà mai garantita finché la Russia non sarà ridotta all’impotenza. Quindi è necessario impegnarsi direttamente, sul terreno, collettivamente come Nato, oppure con interventi di singole nazioni. Il resto sono chiacchiere. O peggio, sono miserie morali in quanto si lasciano soli gli ucraini a fornire carne da cannone per la nostra salvezza.

L’intervento di Macron sprona l’occidente a prendere una decisione: entrare in campo per sconfiggere la Russia fino alla sua debellatio, con tutti i rischi connessi, oppure finirla con i grandi proclami e cercare una soluzione. Alla fine la scelta è tra continuare con la logica bellicista, fino alle estreme conseguenze, o dare spazio alla logica della pace e far tacere le armi prima possibile. E prima che qualcosa sfugga di mano.

© Riproduzione riservata