- Ci sono parole che vengono usate in questi giorni che mortificano gli ideali che dovrebbero guidare l’elezione del presidente della Repubblica.
- Faccio un esempio per mille altri: la parola “appetiti”. Sento da giorni e giorni commentatori politici fiancheggiare col loro disincanto, con strizzatine d’occhi e gesti d’intesa furba e cinica, l’inverecondia di uno “scatenarsi di appetiti” per la suprema carica dello stato. Così, come fosse ovvio e normale parlare di “appetiti” in questo contesto: come se la parola stessa non dovesse suscitare disgusto.
- Ma se il nostro dibattito pubblico non avesse, come Dante, “perduto la speranza dell’altezza” nella mortificazione delle parole, non troverebbe forse alcune personalità luminose, che sono anche più esperti di questa immensa promessa, la Costituzione, rispetto a questi supposti leader pieni di piccoli “appetiti”?
«Antonio non era solo un uomo autorevole, dieci anni più vecchio di noi: era un anello della catena apostolica, quasi un uomo santo. Per quest’uomo passava la sola tradizione alla quale si poteva senza arrossire dare il nome di italiana. Sapevamo appena ripetere qualche nome, Salvemini, Gobetti, Rosselli, Gramsci, ma la virtù della cosa ci investiva. Eravamo catecumeni, apprendisti italiani. In fondo era proprio per questo che eravamo in giro per le montagne». Ecco quello che mi viene in ment



