Come ha ricostruito Daniela Preziosi su questo giornale, il Partito democratico non voterà l’emendamento sulla cosiddetta Gpa solidale, cioè sulla legalizzazione della gravidanza per altri, ove siano esclusi commercializzazione e sfruttamento, e rimangano solo fini altruistici. Se le ragioni politiche di questa scelta sono chiare – evitare la spaccatura del partito e il contrasto coi cattolici –  le ragioni teoriche sono difficilmente comprensibili.

Le argomentazioni contro la Gpa

In un articolo pubblicato sul numero di Domani del 20 aprile “Il rischio di umiliare paternità e genitorialità intenzionale”, avevo ricostruito le principali argomentazioni contro la Gpa.

Essenzialmente, ci sono argomentazioni che insistono sugli svantaggi per i bambini (che perderebbero un presunto legame biologico con la madre, la conoscenza delle proprie origini, e sarebbero “venduti”), sugli svantaggi per la società (la famiglia “biologica” o “naturale” che verrebbe insidiata e corrotta da modelli alternativi), sugli svantaggi per le donne (che verrebbero sfruttate commercialmente).

Lì riconoscevo che la questione dello sfruttamento era l’unica degna di considerazione, anche se la Gpa non è certo l’unica, né la principale o più diffusa, forma di sfruttamento del corpo delle donne.

L’emendamento sulla Gpa solidale nasce precisamente con l’intento di evitare lo sfruttamento, dal momento che esclude compensi eccedenti le spese per la gravidanza e il parto ed esplicitamente menziona intenti altruistici e un reddito superiore a una certa soglia come condizione per poter essere una gestante per altre.

Il confine tra sfruttamento e amore

Che cosa non va in questa proposta? Ci sono molti comportamenti che sono iniqui, che sono esempi di sfruttamento, quando sono realizzati per fini economici, ma cambiano natura quando non lo sono.

Azioni umili e di servizio, degradanti se mercificate, diventano sublimi se svolte per amore. Senza bisogno di arrivare alla lavanda dei piedi di Cristo, sembra ovvio che molti gesti di cura sono, proprio in quanto tali, tutt’altro che degradanti: il servizio prestato ai propri cari, agli indifesi, agli inermi è atto chiarissimo di amore e solidarietà, che verrebbe inquinato ove fosse prezzolato.

Se c’è una cosa che, si dice, non si può vendere è l’amore, la cura, l’affetto. Per questo fatichiamo ancora a concepire mercati della cura, come sono i mercati delle badanti, delle babysitter, delle infermiere a domicilio che curano amorevolmente i nostri anziani. Anche in questi casi lo sfruttamento è dietro l’angolo.

Anche in questi casi ci sono bambini che perdono il contatto con la propria madre, che trascorre la propria vita all’estero per mandare soldi a casa (si veda l’efficace rappresentazione di questo dramma in Nanny, di Nakyatu Jusu, presentato al Sundance Film Festival nel 2022).

Perché non donare una gravidanza?

E che cosa c’è di più altruistico che donare parti non indispensabili del proprio corpo per fini altruistici? Donare il sangue, donare gli organi: tutti atti che sarebbero pericolosi e cambierebbero di segno se fossero pagati, ma sono accettabili, anzi commendevoli, quando derivano da generosità.

E perché donare una gravidanza dovrebbe essere diverso? Che cosa c’è ancora che non va? C’è un feticcio: il feticcio della famiglia naturale, della biologia come la conosciamo, del riduzionismo, la negazione della storicità culturale dei rapporti umani. Questa sì, una vera degradazione degli esseri umani.

Si capiscono, dicevo, i timori politici nel Pd. Non sono comprensibili, però, se non come pavidi tatticismi. Può darsi che il paese non risponderebbe a un salto in avanti in questo senso. Sicuramente, la portata elettorale di una mossa del genere è insicura. Ma il guadagno in termini di chiarezza etica sarebbe inestimabile.

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