Chi ha bambini piccoli non va mai vacanza. La frase precedente, prima che qualcuno si innervosisca, non l’ho detta io. L’ha detta mia madre.

È agosto, e i social si popolano di racconti delle vacanze. Le vacanze di chi ha i soldi per farle, anzitutto. Le vacanze di chi ha sognato tutto l’anno certe mete e ora spende cifre gonfiate per garantirsi un periodo di relax nel mese più caro, magari in uno dei paesi più cari, cioè l’Italia. Possiamo capire la tensione. Le aspettative e le delusioni.

Non chiediamoci perché gli italiani facciano in massa le vacanze in agosto, non chiediamoci perché il paese non riesca a emanciparsi da questa fissazione. Limitiamoci a osservare. Per me agosto è in realtà il mese dei morti, ma questo è un altro discorso.

Racconti agostani

Fino a qualche anno fa, il racconto social delle vacanze ammetteva solo la banalità sognante. Tramonti, paesaggi, impronte di piedi sulla sabbia. Oggi i social si sono evoluti, per così dire, quindi va di moda anche il racconto-verità. La fatica e il sudore, che poi sono un sottoinsieme della condizione umana fragile, possono raccogliere molto consenso social. Ma non è solo questo. C’è una reale necessità di condividere le proprie difficoltà. In fondo è comprensibile.

Fra i racconti agostani, spiccano i commenti dei genitori di bambini piccoli, tutti più o meno riassumibili in «Sono in vacanza, ma non sto facendo le vacanze. Sono a pezzi». C’è chi descrive i propri desideri: «Io avrei solo bisogno di quattro giorni per conto mio, lontano da tutti. Quattro giorni. Poi mi riprendo. Posso dirlo o sono una madre orribile?» 

C’è chi ricorda il passato: «Prima di avere figli in vacanza facevo sport e vita notturna, ora col bambino piccolo penso solo al momento in cui, forse, dormirò».

Naturalmente questi genitori appartengono a classi sociali diverse, e sappiamo che i soldi risolvono molti problemi pratici, almeno in parte.

Quindi la rilevanza dei racconti – sotto la superficie delle parole più o meno ben scelte – sarà diversa in base alle condizioni economiche. Ma prendiamo per buona l’ondata stagionale di espressioni di fatica genitoriale. Anche perché, se abbiamo bambini piccoli, questa fatica ci convince.

La fatica dei figli

Cosa si intende per bambino piccolo, qual è il limite di età, e in cosa consiste la fatica? Una lezione che ho imparato è che i genitori hanno la memoria corta, o se volete rimuovono, quindi troverai padri di persone cresciute che affermeranno con forza di fare tutt’ora molta fatica, «perché la fatica con i figli non finisce mai».

Ed è vero che non finisce mai, ma è anche una frase molto pigra, che non tiene conto di differenze fondamentali. Io ho un bambino di due anni e una bambina di dieci, e seguirli in vacanza non è la stessa cosa. La grande è ormai una compagna di viaggio ideale. Il piccolo, insomma, no.

I bambini di due anni sanno correre e scappare, allo stesso tempo non hanno il senso del pericolo, quindi sono una minaccia costante per sé stessi. Seguirli non significa filosofeggiare cercando di capire i malumori che occupano il loro cuore, come fai con un ragazzino.

Non significa neanche andarli a prendere ogni tanto di notte in discoteca, come accade con gli adolescenti. Significa non staccare loro gli occhi di dosso. Tutto il giorno. Ogni giorno. Sapendo che comunque, per quanto tu presti la massima attenzione, forse non basterà.

Quando mia sorella aveva due anni i miei si trovavano in spiaggia, a un certo punto si misero a raccogliere i giocattoli perché era ora di tornare a casa. Si voltarono per qualche secondo, non di più. In quel tempo brevissimo mia sorella sparì. (Non ho spazio per raccontarvi tutto. Sappiate solo che c’è il lieto fine).

Non esiste un livello di attenzione che ti garantisca la sicurezza, ma sai che comunque ti conviene non accettare compromessi, perché la questione è biologica. I bambini degli esseri umani nascono incompleti, e fino a una certa età rischiano continuamente di mettersi in serio pericolo. Hanno proprio bisogno di te, in ogni istante.

In queste condizioni il genitore non fa vacanza. Ed è bello che oggi le persone lo ammettano apertamente, credo.

Un tempo la madre dedicava tutta sé stessa alla famiglia, e lo faceva in silenzio, coprendo le difficoltà con un sorriso forzato, dietro il quale cancellava le proprie esigenze. Oggi non accade più, per fortuna.

Oggi vediamo le cose per quel che sono. Come l’immagine del tizio che faceva il bagno nudo, pensando di non essere visto, ma poi arrivò la bassa marea.

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