Il piano Mattei per l’Africa del governo Meloni è un colonialismo fuori tempo massimo che non può funzionare.

La premier non ha mai dettagliato le sue idee per paesi come l’Algeria, dove è arrivata ieri, se non come collaborazione con i paesi africani per rendere l’Italia un hub del gas.

A parte che non si capisce che vantaggio ci sia per l’Italia a essere un hub, cioè a far transitare per l’Italia gas diretto altrove: si vogliono più rigassificatori? Più tubi come il Tap? Davvero vale la pena affrontare i costi miliardari di questi progetti per poi lucrare sulle tasse di passaggio?

Ma poi l’idea della  “cooperazione non predatoria” sull’energia con il nord Africa è antistorica e un po’ razzista: nel concreto, il piano Mattei si traduce nell’andare in paesi come l’Algeria, coprire il loro territorio di pannelli solari e portare poi l’energia in Europa, lasciando loro qualche briciola per il disturbo.

Non può funzionare e non ha funzionato, l’iniziativa ambiziosa di matrice tedesca di Desertec è già fallita. L’idea era di coprire 3,5 milioni di chilometri quadrati del Sahara di pannelli solari, tra Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto. Un faraonico investimento da 400 miliardi di euro lanciato nel 2009 e affondato nel 2014.

Perché i paesi africani dovrebbero accettare pannelli solari destinati a energia europea?

L’Algeria produce soltanto il 2,7 per cento della sua energia da fonti rinnovabili, perché dovrebbe installare capacità destinata ad altri invece che agli algerini?

Il piano Mattei evoca Enrico Mattei soltanto nell’accezione di saccheggiare parzialmente invece che totalmente paesi più poveri.

Ma se i paesi ricchi di petrolio ai tempi dell’Eni delle origini non avevano infrastrutture e domanda interna per sfruttare i giacimenti di petrolio e di gas, le rinnovabili sono alla portata di tutti.

E sarebbe un po’ assurdo che l’Europa si decarbonizzasse grazie a energia rinnovabile prodotta in paesi più poveri ma anche  molto inquinanti che vengono spinti a usare energie fossili mentre il Sahara produce energia verde per il ricco Occidente.

Se la produzione di pannelli solari poi è cinese, l’Ue e l’Italia si trovano a sostituire la dipendenza dal gas russo di Vladimir Putin con un doppio cappio, uno del paese africano che ospita le fonti di energia, l’altro quello di Pechino che decide quanti pannelli possiamo davvero installare.

Già in passato abbiamo legato i destini energetici dell’Italia a paesi instabili cui abbiamo fornito le risorse economiche e il supporto politico per diventare più forti e meno democratici, vedi la Libia di Muhammar Gheddafi.

Perseverare nell’errore mette in pericolo gli interessi di quella “nazione” che Giorgia Meloni dice di voler difendere.

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