Per un giorno tutta Italia ha discusso del salario di una bidella e delle sue strategie sopravvivere al costo della vita a Milano. La discussione sui social, in tv e sui giornali si è concentrata sulla credibilità dei dettagli della vicenda e non sul problema di fondo: i bassi salari che vengono erosi dall’inflazione e non permettono uno stile di vita accettabile.

Il caso lo ha sollevato il quotidiano Il Giorno: Giuseppina Giuliano, bidella (“operatrice scolastica”) ha raccontato di tornare a casa a Napoli ogni sera da Milano, dove lavora al liceo artistico Boccioni perché dice di non potersi permettere il costo degli affitti milanesi. Meglio pagare 400 euro di treno al mese, dice, che vedersi mangiare il suo stipendio mensile di meno di 1200 euro dal mercato immobiliare inaffrontabile  di Milano.

Il nostro Davide Maria De Luca ha verificato i numeri di questa storia che non tornano (i treni costano di più).

Ma quasi tutti hanno guardato il dito della bidella invece che la luna dei redditi fissi che già erano bassi e che ora valgono sempre meno per effetto di un’inflazione che sarà pure transitoria, come dicono le banche centrali, ma che intanto dura da due anni ed è a livelli record, a dicembre 2022 +11,6 per cento su base annua.

Secondo l’Istat nel 2020, ultimo dato disponibile, le famiglie potevano contare su un reddito netto mensile pari a 32.812 euro, cioè 2.734 euro al mese.

Una cifra che non considera gli affitti figurativi (alcune famiglie a quel reddito devono sottrarre un affitto da pagare, altre hanno la casa di proprietà e quindi hanno più soldi da spendere in consumi rispetto alle prime).

Se quel reddito medio a famiglia si divide per due componenti – senza considerare i figli (e il lavoro nero) – si arriva a redditi netti mensili per persona media non tanto diversi da quelli della bidella Giuseppina Giuliano.

A dicembre 2022, l’inflazione nell’area euro era del 9,2 per cento su base annua. Questo significa che in un anno in media i salari hanno perso quasi il dieci per cento del loro potere d’acquisto.

Nel terzo trimestre del 2022, però, il tasso di crescita dei salari negoziati (tipo i contratti collettivi nazionali in Italia) indicava un aumento su base annua soltanto del 2,91 per cento.

Soprattutto per la crisi energetica ma non soltanto per quella, i prezzi nell’area euro stanno crescendo più dei salari, cioè i lavoratori si stanno impoverendo.

Nei prossimi mesi tanti italiani come Giuseppina Giuliano si trovano davanti due scenari: o l’inflazione continua a correre mangiandosi una parte ulteriore del loro potere d’acquisto mentre le banche centrali alzano i tassi di interesse finché l’economia non riduce la domanda aggregata abbastanza, oppure la cura delle banche centrali funziona fin troppo e arriva la recessione. La bidella non perderà il posto ma tanti che non hanno contratti garantiti invece sì.

Secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio, gli italiani nella fascia di reddito di Giuseppina o appena sotto (il 10 per cento più povero) tra giugno 2021 e dicembre 2022 sono stati colpiti da un’inflazione del 15,1 per cento, perché loro consumano quasi soltanto i beni che più sono aumentati di prezzo (energia e prodotti di prima necessità), mentre i più benestanti (10 per cento più ricco) ha visto il proprio paniere di beni aumentare in media soltanto del 6,8 per cento.

 Però, per fortuna, sono intervenuti i trasferimenti del governo Draghi – tra bonus e aiuti vari alle bollette – che hanno ridotto l’inflazione effettivamente sperimentata dai più poveri al 5,4 per cento e quella dei ricchi al 5 per cento. Quindi hanno neutralizzato l’iniquità dell’impatto dei prezzi aumentati.

La gestione del caso accise sui carburanti dimostra che questi aiuti sono troppo costosi per essere permanenti e la legge di Bilancio del governo Meloni non è riuscita a confermare lo sconto fiscale sui carburanti che era già costato 9,1 miliardi di euro.

Ne è derivata una settimana di polemiche, nel tentativo da parte dell’esecutivo di scaricare sui benzinai (che ora scioperano) la responsabilità di una scelta tutta politica. A marzo finiscono anche gli aiuti sulle bollette.

La Bce prevede che a fine 2023 l’inflazione sarà del 3,6 per cento, ma finora ha sempre sottostimato in modo drammatico la corsa dei prezzi.

Tutte le Giuseppina Giuliano d’Italia devono sperare che la banca centrale stavolta ci prenda, altrimenti il prezzo del biglietto del treno per Milano sarà l’ultimo dei problemi.

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