Lo scandalo che coinvolge alcuni parlamentari europei è spesso rubricato come “questione morale”. Ma è una pura “questione criminale”.

La definizione di “questione morale” risale alla nota intervista di Enrico Berlinguer a Eugenio Scalfari del 1981. Applicarla a quel che avviene oggi è anacronistico.

Perché la “questione morale” presumeva un mondo etico-politico fatto di partiti, che nei decenni avevano accumulato un potere straripante, anche a causa di una “democrazia bloccata”: l’impossiblitá di avere alternanza, ovvero un governo coi “comunisti” (noto l’insuperabile veto statunitense).

Le elezioni non potevano fare il loro lavoro completo: promuovere maggioranze e, anche, mandarle a casa. Una maggioranza, con varie geografie ruotanti intorno al partito perennemente di maggioranza relativa, la Democrazia cristiana: ciò creò un sistema anomalo, perché il basso potere deterrente della politica (con partiti magneti di cittadini fedeli e facili a giustificare gli “errori” dei propri per non lasciare spazio agli altri) rendeva la sanzione legale unica via certa di controllo.

La questione morale (che poi divenne criminale) era squisitamente politica, frutto di una partitocrazia patologica.

Quella che passò alla storia come “Mani pulite” o, a rovescio, “Tangentopoli” era l’estremo limite cui può giungere il paradigma delle “mani sporche in politica”, una forma di affarismo che lambisce sempre la democrazia elettorale, fondata come è sulle promesse, gli scambi leciti (il compromesso che è l’anima della politica rappresentativa, ed è una forma legittima di scambio) e la volontá dei competitori politici di tenere la maggioranza o di conquistarla.

In questa cornice di democrazia dei partiti è scoppiata, e può scoppiare, quella che si chiama “la questione morale”.

Questa non sembra essere la patologia del Qatargate, che coinvolge alcuni parlamentari europei. In questo caso, i pacchi di banconote sono andati direttamente ai singoli eletti, divenuti veri e propri agenti di decisioni incompatibili con i principi dei diritti e le norme costitutive dell’Unione europea.

Questi corrotti sono fuori dalla “questione” morale; la loro è una “questione criminale”. Non possono schermarsi con l’argomento dell’ "interesse di partito”, che certo non vale a discolpare ma rende l’illecito diverso da quello puramente individuale.

Nel caso europeo, i partiti hanno certo una responsabilità: quella di non aver saputo scegliere i candidati e vigilare sugli eletti.

Quindi se la “questione morale” indicava una forza trabbocante dei partiti, la “questione criminale” indica partiti debilitati.

Questo fa dei parlamentari europei giocatori individuali che possono decidere, come vediamo, di usare un ufficio politico per arricchirsi.

Di politica un’ombra pallida, lontana da quella – giustamente condannabile – della partitocrazia patologica.

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