La vicenda della nuova cosiddetta "gigafactory" di Stellantis a Termoli in Molise dimostra che nulla sarà come prima dopo la pandemia. Fa sorridere la spensieratezza con cui imprenditori, economisti e sindacalisti (quelli molto "responsabili") parlano di ripresa post Covid, come se fosse solo una tempesta e attendessimo di udire augelli far festa. Il mondo è già cambiato.

Abbiamo perso anni dietro agli adoratori del mercato che promettevano praterie di benessere per tutti grazie alla competizione globale. Bastava che gli italiani fossero "più competitivi", ci dicevano lorsignori: i lavoratori dovevano solo lavorare di più ed essere pagati meno, così avremmo vinto questa stupida guerra mondiale in cui chi vince mangia e chi non è competitivo fa la fame.

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Negli ultimi giorni abbiano però scoperto due cose. La prima: Carlos Tavares, il numero uno portoghese di Stellantis (nata un anno fa dalla fusione di Fiat-Chrysler e Peugeot-Citroen), dice che in Italia produrre un auto costa alle volte il doppio che in altre province dell'impero, "nonostante un costo del lavoro più basso", per colpa "dell'organizzazione della produzione". Insomma, non erano gli operai che mandavano in rovina le aziende con le loro irresponsabili pretese salariali.

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Anzi, l'obiettivo di lorsignori (e dei politici sedicenti di sinistra che hanno collaborato a questo scempio) è stato raggiunto: i lavoratori italiani sono i meno pagati d'Europa, e se le fabbriche ex Fiat sono inefficienti e anti-economiche la colpa è dell'ingegner John Elkann, dei suoi avi e dei loro manager di fiducia che, mentre insegnavano a vivere al popolo italiano, non erano neppure in grado di fare il loro mestiere, organizzare una fabbrica. La seconda scoperta è che la nuova fabbrica di Termoli, annunciata sei mesi fa, non è ancora sicura. "Stiamo negoziando con il governo", dice Tavares. E infatti giovedì scorso Elkann, presidente di Stellantis, è stato ricevuto a palazzo Chigi dal presidente del Consiglio Mario Draghi. In quella frase, "stiamo negoziando", c'è la trasformazione del capitalismo mondiale.

Carlos Tavares, Sergio Mattarella e John Elkann alla cena di stato dell'Eliseo (AP Photo/Lewis Joly)

Altro che "mano invisibile", "animal spirits" e altre superstizioni. La competizione è tra i governi che si contendono gli investimenti a chi offre di più. Nel nuovo capitalismo di stato non c'è più lo "stato padrone" come in Italia ai tempi dell'Iri, c’è lo "stato sovventore". Elkann chiede se per fare la nuova fabbrica di batterie il governo italiano gli offrirà più di quello serbo o polacco o vai a sapere.

Così saranno i contribuenti a sostenere gli investimenti. E i lavoratori a rendere competitive le fabbriche italiane accontentandosi dei salari sempre più bassi definiti dalla concertazione responsabile tra governo, imprese e sindacati. Rimane una domanda: siamo sicuri che questa roba alla fine funzioni? 

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