Nel giro di pochi giorni, l’Italia dovrà compiere una scelta cruciale: confermare il proprio impegno nella cooperazione internazionale per la salute o voltarle le spalle, seguendo la linea antiscientifica promossa da Donald Trump. Una decisione che pesa sulla nostra credibilità internazionale e sulla capacità di affrontare le grandi sfide globali, pandemie incluse.

La cooperazione sanitaria è essenziale per proteggere la salute pubblica: consente di contenere le epidemie, garantire l’accesso equo alle cure, rispondere rapidamente alle emergenze e accelerare la ricerca grazie alla condivisione di risorse e conoscenze.

La prossima settimana si terranno i vertici di rifinanziamento di Gavi, l’Alleanza per i vaccini, e del Global Fund per la lotta a AIDS, tubercolosi e malaria. Due strumenti multilaterali fondamentali, che hanno già salvato decine di milioni di vite: Gavi ha vaccinato oltre 1,1 miliardi di bambini, prevenendo 18,8 milioni di morti; il Global Fund ha salvato circa 65 milioni di persone dal 2002, riducendo del 61% la mortalità combinata per HIV, tubercolosi e malaria.

Eppure, mentre la comunità internazionale rilancia il proprio impegno, l’Italia sembra esitare. Il 20 maggio, il nostro paese si è astenuto sul Patto pandemico dell’Oms, un accordo nato da un’iniziativa italiana durante la pandemia per rafforzare la cooperazione sanitaria tra Stati. L’astensione è stata giustificata con «preoccupazioni sulla sovranità nazionale», ma nei fatti ci ha allineato a un fronte composto da Russia, Iran, Ungheria e pochi altri Paesi ostili a ogni forma di governance multilaterale.

È una frattura profonda con la nostra tradizione di politica estera. Governi di ogni orientamento, da destra a sinistra, hanno sempre sostenuto la salute globale come diritto umano e come interesse strategico nazionale. L’Italia è stata storicamente un partner affidabile: promotrice di Gavi e del Global Fund, presente con proposte concrete nei vertici G7 e G20.

Rinunciare oggi a questo ruolo significa indebolire la nostra voce proprio quando potremmo contare di più, soprattutto in Africa, dove il Global Fund è attivo in molti dei Paesi prioritari del Piano Mattei. La convergenza è evidente: stessi territori, stesso approccio basato sul partenariato. Perché allora tirarsi indietro?

Nonostante le parole del sottosegretario agli Esteri Edmondo Cirielli, che ha riconosciuto l’importanza della cooperazione sanitaria e ricordato gli stanziamenti già decisi (200 milioni a Gavi, 185 milioni al Global Fund), il governo non ha ancora preso impegni pubblici per il rifinanziamento di questi strumenti. Né ha espresso una posizione chiara sul Patto pandemico. Le dichiarazioni restano isolate e insufficienti in assenza di una strategia coerente.

Anche i governi di centrodestra hanno storicamente sostenuto la cooperazione sanitaria. Nel 2001, durante il G8 di Genova, l’Italia guidata da Berlusconi svolse un ruolo centrale nella promozione del Global Fund, inserendolo tra le priorità del vertice. Giulio Tremonti, allora ministro dell’Economia, fu tra i promotori dell’Advance Market Commitment, un meccanismo innovativo per incentivare lo sviluppo di vaccini destinati ai Paesi più poveri.

La salute globale è una causa trasversale, parte dell’identità internazionale dell’Italia. Per questo rivolgo un appello al governo: restiamo fedeli alla nostra storia di responsabilità. Sosteniamo con chiarezza il Patto pandemico dell’OMS, Gavi e il Global Fund. È in gioco la nostra credibilità, la salute di milioni di persone e la capacità dell’Italia di essere un attore rispettato sulla scena globale.

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