Del recente intervento di Gianni Cuperlo su Domani abbiamo apprezzato l’approccio ragionato al tema dell’invio di armi all’Ucraina, riconoscendo anche alcuni errori dell’occidente, e l’attenzione per il movimento pacifista.

Del recente intervento di Gianni Cuperlo su Domani abbiamo apprezzato l’approccio ragionato al tema dell’invio di armi all’Ucraina, riconoscendo anche alcuni errori dell’occidente, e l’attenzione per il movimento pacifista.

Non entriamo nel merito del problema della “sinistra autoritaria”, ma vorremmo chiarire alcuni punti riguardo al pacifismo di cui siamo esponenti. Per noi il “ripudio della guerra” sancito dalla Costituzione si declina nell’etica della responsabilità e nella prassi dell’azione nonviolenta nella prevenzione della guerra e – quando le guerre scoppiano – a fianco delle popolazioni, curando le vittime e accogliendo i profughi. Da anni, però, la nostra rete avanza proposte politiche concrete, il più delle volte trascurate anche dalla sinistra riformista.

È il caso della proposta di adesione al Trattato per la proibizione delle armi nucleari (Tpnw): l’Italia non solo ha rifiutato di entrare nel Trattato, ma è indecisa a partecipare come osservatore alla prima conferenza degli stati parti di Vienna.

O ancora sul controllo dell’export di armi che negli anni tra il 2015 e il 2020, in cui il Pd è stato spesso al governo, ha raggiunto un picco storico con forniture di sistemi militari soprattutto verso Africa settentrionale e medio oriente.

E infine sul tema delle spese militari che sono passate dai 21,5 miliardi del 2019 a 25,8 miliardi del 2022. Da anni sosteniamo che l’Unione europea dovrebbe definire un proprio modello di difesa differente da quello Nato: non aggressivo né proiettivo, ma commisurato alle effettive esigenze di sicurezza e difesa; dotato non solo dello strumento militare, ma anche di forme di difesa civile non armata e nonviolenta come i “corpi civili di pace" proposti da Alexander Langer già dal 1995 e mai pienamente attuati.

Similmente per la crisi Ucraina, la chiara condanna dell’invasione russa e le sanzioni economiche non andavano associate all’invio di armi non solo perché queste forniture rappresentano se non giuridicamente, ma di fatto, un atto di belligeranza e di chiara ostilità, ma soprattutto perché così facendo il nostro Paese e l’UE hanno chiaramente abdicato al possibile ruolo di mediatori nella crisi.

La nostra Rete ha proposto la “neutralità attiva”, che fa riferimento non ad un atteggiamento di “equidistanza” tra aggredito ed aggressore, ma ad un approccio pacifista nelle relazioni internazionali come teorizzato e sviluppato autorevolmente da uno dei grandi esponenti del socialismo riformista europeo, Olof Palme. La neutralità attiva è sia mezzo che fine.

Il punto nodale di questa crisi è però un altro: il ripetuto ed esplicito riferimento della Russia alla possibilità di impiegare bombe nucleari. Se è legittimo il ricorso alla difesa armata da parte del popolo ucraino, è concretamente molto pericolosa l’escalation di violenza che flussi di armi possono creare nel contesto attuale. Non a caso il Segretario generale dell’ONU Antonio Guterres ha avvertito che “la prospettiva di un conflitto nucleare, una volta impensabile, è ora tornata nel regno delle possibilità”. Anche per questo, la nostra Rete ha chiesto di non fornire armi e di trovare mezzi alternativi per risolvere il conflitto. E’ su questi temi che vorremmo che la sinistra, soprattutto quella riformista, desse maggior ascolto alle istanze che provengono dalla società civile.

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