Lombardia e Lazio saranno test elettorali importanti per entrambi gli schieramenti posto che sono interessati quasi 12 milioni di elettori, oltre un quarto del totale nazionale. La Lega (Nord) mira a confermare il suo candidato in Lombardia, e in Lazio il Pd cerca di bloccare una emorragia di consensi e di senso.

Due appuntamenti cruciali che chiamano direttamente in causa le alleanze, i programmi, ma soprattutto i candidati alla carica monocratica.

Candidati Presidente e voto disgiunto

03 DICEMBRE 2022 Milano, Italia Teatro Elfo Puccini Pierfrancesco Majorino presidente, apertura ufficiale della campagna elettorale del candidato governatore del centrosinistra, con sindaco Giuseppe Sala NELLA FOTO PIERFRANCESCO MAJORINO Ermes Beltrami/LaPresse

Il sistema elettorale per la scelta del Presidente della giunta regionale è in quasi tutti i casi un sistema maggioritario a turno unico (in Toscana ad esempio è possibile il ballottaggio), dove risulta eletto colui che ottiene il maggior numero di consensi a prescindere dalla percentuale raggiunta.

L’elezione popolare diretta del presidente del governo regionale ha accentuato dal 1995 i tratti “personalizzati” delle elezioni; gli elettori in modo significativo assumono la propria decisione (anche) in base alle caratteristiche dei candidati alla guida della giunta.

In alcuni contesti è possibile esprimere il “voto disgiunto”, ossia sostenere un candidato presidente di uno schieramento diverso da quello per cui si conferisce il sostegno con il voto di lista (non possibile ad esempio in Basilicata, Molise e Calabria).

Il tratto comune e peculiarità del sistema elettorale per le elezioni regionali rimanda invece alla facoltà che gli elettori hanno di votare soltanto per il candidato alla presidenza.

Se decidono di votare esclusivamente una lista, il voto sarà automaticamente attribuito al candidato presidente; viceversa, nel caso di una preferenza di voto solo per l’aspirante capo della giunta regionale, si tratterà di un voto “personale” conteggiato solo per lui.

Questa operazione, possibile in Lombardia e in Lazio, consente di misurare il gradimento elettorale personale del candidato alla guida della regione, ovvero di indicare quanto la sua candidatura sia in grado di trainare il suo partito o più spesso la sua coalizione al di là della somma di voti alle liste che lo sostengono.

Voto personale al presidente dal 1995

Foto Alessandro Bremec/LaPresse 07-12-2022 Milano, Italia - Cronaca - Gli arrivi della Prima della Scala 2022. Nella foto: Giuseppe Sala, Ursula von der Leyen, Attilio Fontana December 07, 2022 Milano Italy - News - The arrivals of the Prima della Scala 2022. In the photo: Giuseppe Sala, Ursula von der Leyen, Attilio Fontana

Guardiamo quindi ai dati relativi alle elaborazioni dei risultati del voto regionale per determinare il cosiddetto “effetto personalizzazione” nel periodo tra il 1995 e il 2021: il valore è desumibile dalla differenza di voti assoluti al candidato presidente di giunta rispetto alla somma dei voti alle liste a lui collegate.

Complessivamente la quota di elettori che vota il solo candidato presidente è pari in Italia, nelle regioni a statuto ordinario, a circa il 9 per cento con un valore prossimo al 10 per cento per i candidati di centro-sinistra, per i quali si registra un trend crescente rispetto a quello per il centro-destra in calo dal 1995 (-5 punti percentuali).

Se nel complesso i candidati del centro-sinistra ottengono in media risultati migliori in termini di voti raccolti sulla propria figura rispetto agli omologhi di centro-destra, emergono differenze anche tra le regioni.

Solo in quattro regioni è successo che un candidato presidente – tra i due maggiormente votati – abbia raccolto meno consensi di quelli delle liste a lui collegate: Calabria, Campania, Molise e Basilicata, quest’ultima in quattro elezioni consecutive (sul totale di sei casi totali registrati), tre delle quali per candidati di centro-sinistra.

La forza maggiore del candidato rispetto alle proprie liste si è registrata per il centro-destra in Basilicata nel 2000 con Filippo Bubbico in grado di raccogliere 24 per cento di consensi in più, seguito da Monica Faenzi in Toscana nel 2010 (+19 per cento).

Nel caso del centro-sinistra i campioni del voto personale sono stati Massimo Cacciari in Veneto nel 2000 (+34 per cento), Riccardo Sarfatti in Lombardia nel 2005 e Sergio Chiamparino nel 2019 in Piemonte (entrambi +23 per cento).

Le regionali del 2023

Se guardiamo alle regioni chiamate al voto nei primi mesi del 2023, emergono dati assai interessanti. In Lombardia il candidato presidente – nel complesso dei due principali - ha raccolto in media il 10 per cento di consensi personali in più rispetto alle liste che lo sostenevano, mentre nel caso del centro-sinistra questo valore è in media di circa il 17 per cento nel periodo analizzato.

Un dato analogo a quello registrato in Lazio nello stesso lasso di tempo. Significa cioè che i candidati del centro-sinistra forniscono un valore aggiunto alle proprie liste e che quindi la scelta del candidato è cruciale per il risultato finale.

Nel complesso delle quindici regioni il candidato eletto presidente ha avuto in media il 52 per cento rispetto al 37 per cento del principale competitore, con valori del tutto simili tra regioni del Nord e regioni del Sud, ossia senza distinzioni di tipo geografico.

Lazio e Lombardia

In Lombardia la distanza tra il vincitore, sempre di centro destra, e lo sfidante giunto dietro, di centro sinistra, è stata in media pari a 17 punti (51 vs 34). Viceversa, in Lazio la forbice è stata assai più contenuta e pari a solo 4 punti in media (46 vs 42). Il numero medio di candidati è stato simile sebbene leggermente più basso in Lombardia (5.3 vs 6).

I dati indicano chiaramente quanto sia rilevante l’appeal personale del candidato presidente, che in alcuni casi è stato decisivo per l’esito finale.

Per quanto nel complesso entrambi gli schieramenti abbiano tratto beneficio del traino “presidenziale”, il centro-sinistra ha avuto maggior benefici dal proprio aspirante capo della giunta regionale.

Nel periodo 1995-2021 l’opzione voto al solo presidente è stata esercitata da quasi un elettore su dieci per le elezioni regionali: un capitale cospicuo, da non sottovalutare.

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