All’uomo che ha aperto le porte di un nuovo ordine mondiale, dove la politica non fosse più la continuazione della guerra con altri mezzi e la guerra fosse esclusa davvero dalle risorse della civiltà, all’uomo che questa svolta la chiamò semplicemente “umanesimo”, Michail Gorbaciov, Mosca rifiuta i funerali di Stato.

E’ giusto così: la sua figura, la sua memoria, ne sarebbero stati insultati – se mai l’attuale regime della Federazione Russa si fosse appropriato del suo nome, dopo aver calpestato e dissipato l’intera sua eredità di luce.

Nel 1986, quando Gorbaciov era appena salito al potere, Altiero Spinelli, sconfitto benché provvisoriamente nella battaglia perché nascesse, con gli Stati Uniti d’Europa, questo nuovo ordine mondiale, proprio a lui passò simbolicamente, poco prima di morire, il testimone.

Lo fece in una pagina del suo Diario Europeo, beffarda nei confronti di un comunista italiano di allora: «Se si vuole commemorare l’8 maggio non è come vittoria dell’antifascismo, ma come fine di 30 anni di disastrosa guerra civile europea e inizio di un capitolo nuovo nella storia europea».

Disse Gorbaciov  nel 1991, in occasione del conferimento del Nobel per la pace: «Se la perelstrojka fallisce, svanirà la prospettiva di entrare in un nuovo periodo di pace nella storia». Abbiamo visto come sta andando a finire.

“Noi” sta ridiventando l’orrenda parola che si oppone a “loro”. Orgoglio russo contro orgoglio americano. No, non eravamo questo, “noi”. Forse possiamo ancora non essere costretti a divenirlo?

Una grande occasione simbolica ci è offerta oggi: è l’Unione europea che deve offrire a Michail Gorbaciov funerali di Stato, tributargli gli onori della Casa Comune in cui i russi e gli ucraini e tutti gli altri popoli europei avrebbero potuto e dovuto essere accolti, secondo le speranze – è il caso di dirlo, millenarie – di cui Gorbaciov, ultimo di una schiera troppo ignorata di grandi illuministi russi – si era fatto erede e alfiere.

Questa Casa Comune non nacque, anche per colpa nostra e dell’intero Occidente, e oggi vediamo le tragiche conseguenze di questa (anche) nostra omissione, di questa (anche) nostra avvilente Realpolitik.

Ma proprio da qui può partire un movimento dei popoli europei per la pace, che da tutte le piazze del nostro continente tributi infine a questo grande Europeo, alla sua lungimiranza, alla sua visione di un mondo nuovo, più civile e meno ingiusto, la riconoscenza e l’onore che gli sono dovuti.

A questo ci chiama l’invito che parte oggi da Ventotene, dove è in corso la quarantesima edizione del Seminario di Ventotene sotto il titolo "Il Federalismo in Europa e nel mondo – Dall’Unione Monetaria agli Stati Uniti d’Europa” organizzato dall'Istituto di Studi Federalisti "Altiero Spinelli. Ascoltiamolo, riempiamo le piazze d’Europa.

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