In nessun paese occidentale, a quanto ci è noto, un capo del governo in carica persegue i giornalisti che raccontano la sua attività in tribunale. In nessuno tranne l’Italia.

Nell’ottobre 2021 Emiliano Fittipaldi racconta di una mail inviata da un imprenditore all’allora commissario all’emergenza Covid Domenico Arcuri, con in compia Giorgia Meloni, a sottolineare le entrature dell’imprenditore che voleva partecipare all’affare delle mascherine. Fittipaldi scopre anche che Meloni aveva chiamato Arcuri. L’allora presidente di Fratelli d’Italia non contesta i fatti – che sono accertati e in parte a verbale – ma l’uso del termine “raccomandazione” e decide di fare causa penale e civile a Domani.

Un anno dopo l’imprenditore segnalato da Meloni è diventato deputato di Fratelli d’Italia, l’avvocato della causa sottosegretario alla Giustizia, Meloni presidente del Consiglio e un giudice dispone il processo.

Per giorni abbiamo cercato di avere risposte da palazzo Chigi: Meloni sa che la causa prosegue? Le va bene così? Un premier in carica contro la stampa indipendente? L’avvocato resta Andrea Demastro Dellevedove, oggi sottosegretario?

La nota

Con un po’ di fatica siamo riusciti a ottenere le risposte, a firma di un nuovo avvocato. La pubblichiamo qui integrale, in modo che chiunque possa farsi un’idea:

Il presidente Meloni è ovviamente a conoscenza delle cause in corso visto che le querele non vengono presentate senza il suo consenso.
Appare evidente che il sottosegretario alla Giustizia non sia più il legale fiduciario dell’Onorevole Giorgia Meloni, anche in virtù del fatto che, all’assunzione della carica, ha provveduto alla debita segnalazione all’ordine di appartenenza per la sospensione di diritto.Le querele non sono state presentate dall’onorevole Giorgia Meloni in qualità di presidente del Consiglio dei ministri e non sono riferibili alle sue responsabilità di governo. 
Le querele sono state presentate dall’onorevole Giorgia Meloni in qualità di cittadino, giornalista, politico e leader dell’opposizione che, dopo essere stato ampiamente diffamato e denigrato a mezzo stampa, ha scelto legittimamente di interrogare la magistratura per chiedere il rispetto degli stessi diritti garantiti a tutti i cittadini. Si coglie l’occasione per precisare che l’On.le Giorgia Meloni ha soprasseduto per anni dal proporre querele a tutela della sua onorabilità sociale, ma tale contegno ha alimentato, forse, la convinzione in taluno di poter proseguire in una campagna di diffamazione quasi sistematica e per di più con addebiti del tutto falsi e pretestuosi. 

Da cittadino, giornalista e politico e prima di ricoprire incarichi governativi, l’onorevole Giorgia Meloni ha dunque deciso di affidare alla magistratura la questione: stabilire la fondatezza o meno delle sue valutazioni e di capire se fossimo davanti a diritto di cronaca o a diffamazione a mezza stampa. Non è un caso, infatti, che ci sia una netta separazione tra diritto di cronaca e diritto di critica da una parte e dall’altra insulto libero e diffamazione a mezzo stampa.

Nel nostro codice penale sono previste specifiche norme a tutela dell’onorabilità delle persone e non sono tollerati, pur nel riconoscimento del diritto di cronaca e di critica politica, attacchi personali e smodati, sorretti, spesso, da informazioni false e pretestuose.

Spetterà solo e soltanto alla magistratura stabilire la fondatezza delle querele presentate dall’onorevole Meloni e se delle norme siano state o meno violate dai giornalisti chiamati in causa. Giova ricordare che Ogni ruolo ricoperto comporta una responsabilità direttamente proporzionale al rilievo che ha nella società. È una regola che vale per tutti i cittadini, politici e giornalisti compresi.
avv. Luca Libra, legale di Giorgia Meloni

Per educarli tutti

Non si capisce a che titolo Giorgia Meloni si senta diffamata “in quanto cittadino” e men che meno “in quanto giornalista” (i suoi trascorsi sono all’organo di partito finanziato dallo stato, il Secolo d’Italia).

Ma il messaggio è chiaro dalla lettera dell’avvocato: arriva il conto per tutto il tempo in cui Meloni “ha soprasseduto dal proporre querele a tutela della sua onorabilità sociale”. Soprassedeva allora che non era potente, ora che è a palazzo Chigi è il momento di farla pagare alla ristretta minoranza di cronisti che non cercano di essere cortigiani. Colpire Domani per educare tutti gli altri.

Un giudice deciderà se raccontare fatti veri riguardanti una leader di partito è diffamazione. Noi abbiamo già capito che idea ha Meloni della democrazia e della Costituzione. Non ci piace, ma non ci spaventa.

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