La logica del regime carcerario 41 bis è bloccare i messaggi, o meglio gli ordini, che possono partire dai carcerati. Il presupposto è che potendo incontrare persone, o rilasciare dichiarazioni, o tramite altri mezzi di comunicazione all’esterno i detenuti possano dirigere e perpetuare le attività dell’organizzazione criminale di cui sono membri o capi.

La necessità di bloccare tutto questo è evidente e fondata. È ovvio che prevenire altri crimini è diritto della società e, insieme alla rieducazione, la prevenzione sta a fondamento della pena.

Altrettanto ovvio è che questo tipo di meccanismo si possa estendere oltre la mafia, ad altre organizzazioni criminali e ad altri individui che possono, col loro comportamento da detenuti, essere causa di condotte criminali pericolose.

In questo senso, il passato di Alfredo Cospito e la sua presunta influenza sulle azioni di alcuni gruppi anarchici possono giustificare il regime carcerario che gli è stato imposto.

La questione dell’organizzazione gerarchica dei movimenti anarchici è complessa, mentre le intenzioni criminali passate di Cospito sono chiare ed esplicite.

Cospito, come ha sostenuto il direttore di questo giornale, è un terrorista che non rinnega il suo passato. E l’analogia fra trattamento dei mafiosi e trattamento degli altri criminali, per esempio dei terroristi, è suggerita (a dire il vero piuttosto incautamente) dallo stesso Cospito e cavalcata da rumorosi e numerosi esponenti politici.

Idee, non ordini criminali

Ma i detenuti non comunicano solo ordini criminali. Possono esprimere idee, ideologie, manifesti politici. I detenuti, oltre che rei, sono anche esseri umani e gli esseri umani pensano e hanno opinioni.

Queste opinioni possono essere sbagliate, aberranti, irricevibili, in mala fede, banali, assurde. I mafiosi hanno spesso civettato con una abborracciata ideologia della mafia, e hanno spesso cercato la coincidenza degli interessi concreti con terroristi ed eversori di varia risma (questo in maniera molto più lucida dei loro proclami ideologici zoppicanti e sgrammaticati).

Il 41 bis non può estendersi alle idee. Gli interessi di sicurezza della società vanno conciliati con l’interesse che tutti abbiamo ad avere una discussione pubblica multiforme, quanto più possibile libera, animata, dove anche idee palesemente sbagliate, ovviamente immorali, si possano esprimere.

Perché se le idee immorali, offensive, sbagliate non si possono esprimere liberamente non c’è occasione per confutarle, per esporre i loro autori al ludibrio della logica e del buon senso.

E per alcuni queste idee diventano fascinose, attrattive, proprio perché reiette. Questo spiega il fascino del dirsi fascisti in certe frange giovanili, che senza troppa consapevolezza ideologica rincorrono la ribellione al senso comune, come ha spiegato Christian Raimo nel suo Ho 16 anni e sono fascista. Indagine sui ragazzi e l’estrema destra (Piemme, 2018).

Sicurezza e libero pensiero

Una società liberal-democratica deve lavorare sulle relazioni causali effettive e prevedibili fra parole e atti. Se, in un periodo di inflazione dei prezzi del grano, si diffonde un volantino che accusa i commercianti di grano di aumentare i prezzi dei loro prodotti a una folla vociante sotto il portone di un proprietario terriero e la folla irrompe dentro il palazzo, il volantino è la miccia, e ci sarebbero stati gli estremi per proibirlo e per punire i suoi diffusori (l’esempio è di J.S. Mill).

Ma pubblicare queste idee su un giornale è un’istigazione a uccidere i commercianti di grano? Il nesso causale in questo caso è indiretto e labile e il valore della libertà di pensiero supera il piccolo rischio di comportamenti pericolosi.

Il bilanciamento fra interessi diversi della società dovrebbe regolare istituti come il 41 bis. Che a Cospito si dovesse impedire di inviare i suoi testi a riviste anarchiche, con tutti i controlli del caso, non è così ovvio. Nessun anarchico ha ancora mostrato come fare a meno dello stato, come una società anarchica possa produrre certi beni pubblici come la cooperazione e la sicurezza.

Ma ciò non toglie loro il diritto di godere del bene pubblico della tolleranza garantito dagli stati liberal-democratici. Nonostante la loro ingratitudine.

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