Quando un operaio muore sul lavoro gli inquirenti fanno sapere che stanno verificando se c’è stato un guasto tecnico o se la vittima ha commesso qualche errore. La seconda ipotesi sembra ovvia, ma sottintende l’immoralità di un sistema che ogni giorno soppesa se la sicurezza di chi lavora sia un lusso sostenibile. Ci viene posto questo osceno interrogativo: Emanuele Zanin, 46 anni, e Jagdeep Singh, 42 anni, morti ieri a Pieve Emanuele, alle porte di Milano, mentre trafficavano con l'azoto liquido per i laboratori di ricerca dell'ospedale Humanitas, potrebbero essere morti per colpa della propria imperizia o imprudenza?

È una scandalosa follia. Un operaio ha il diritto di essere distratto e magari anche un po' tonto. Non può esistere un lavoro in cui, se non sei bravo e attento, scatta la pena di morte. No, la verità è che i due operai sono stati uccisi dal controllo dei costi. Nessun’altra ipotesi è accettabile, proprio perché sono stati uccisi da una fuga di azoto liquido.

L'azoto rappresenta il 79 per cento dell’aria che respiriamo ma è anche il peggior veleno esistente in natura. Per una serie di ragioni tecniche che un operaio ha diritto di non sapere ma che i valorosi medici dell'Humanitas conoscono benissimo, è il 21 per cento di ossigeno che ci fa vivere. Se la concentrazione di azoto sale dal 79 all'85 o al 90 per cento, un uomo muore in meno di dieci secondi. L'azoto entra nei polmoni ed estrae istantaneamente tutto l’ossigeno presente nel sangue. È l’asfissia più rapida che si conosca. Zanin e Singh sono stati investiti dall’azoto liquido che, quando si disperde nell’aria, si riscalda e torna allo stato gassoso. Il suo volume si moltiplica fino a 650 volte e forma la nube assassina che ha ucciso all’istante i due operai.

Per questo l’azoto imporrebbe misure di sicurezza maniacali. E se qualcuno dice che costerebbero troppo dovrebbe, coerentemente, mandare i suoi figli a lavorarci. Il decreto legislativo 81 del 2008 prescrive alle imprese ben nove misure di sicurezza per proteggere chi lavora con l’azoto, e quella legge è da sempre contestata dalla Confindustria perché troppo oppressiva e burocratica. Nel 2009 tre operai furono uccisi dall'azoto a Sarroch, in Sardegna, nella raffineria Saras della famiglia Moratti. Il processo, concluso con alcune condanne per omicidio colposo, accertò che nessuna delle nove regole era stata rispettata. Adesso i magistrati ci diranno quante ne rispettava l’Humanitas.

Infine, qui non siamo ai margini opachi del sistema economico. Zanin e Singh lavoravano in appalto per la Sol, grande azienda che fa capo a un esponente di spicco della Confindustria come Aldo Fumagalli, talmente amato dal centrosinistra come imprenditore illuminato che nel 1997 lo candidò a sindaco di Milano contro Gabriele Albertini. La Sol fornisce l'azoto liquido all'Humanitas che fa capo a Gianfelice Rocca, un’altro papavero confindustriale. L’Humanitas è un’azienda privata che fattura centinaia di milioni al Servizio sanitario nazionale e distribuisce dividendi alle holding proprietarie esterovestite. La verità ce l'abbiamo davanti agli occhi: ogni giorno chi lavora con l’azoto rischia la vita per mille euro al mese se va bene, ma per gli eroi del capitalismo italiano è un rischio calcolato. Sulla pelle degli operai.

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