Il governo sta lavorando a un decreto legge in tema lavoro e pensioni, che prevede grandi riforme annunciate, in primis quella del reddito di cittadinanza. All’interno del decreto sembra verrà inserito anche un “bonus giovani”, un incentivo all’assunzione di under 35, in particolare per i cosiddetti Neet (not in employment, education or training), ossia i giovani che non lavorano, non studiano e non stanno seguendo un corso di formazione.

La proposta di cui si sta discutendo fa acqua da tutte le parti. Innanzitutto, il meccanismo degli incentivi per le assunzioni funziona fino a un certo punto: uno studio Inps su “decontribuzione sud” ha mostrato come delle agevolazioni abbiano beneficiato soprattutto i datori di lavoro che avrebbero assunto anche in assenza di incentivo, con effetti occupazionali molto limitati.

Anche lo stanziamento di risorse di cui si sta parlando nelle anticipazioni è problematico: 80 milioni di euro nel 2023 e di 51,8 milioni nel 2024. La sola “decontribuzione sud” in un anno costa tre miliardi. L’aumento della soglia per la flat tax delle partite Iva ci costerà ogni anno 1 miliardo e 750 milioni, il 92 per cento in più rispetto a quanto speso per gli incentivi alle assunzioni dei giovani.

C’è poi un’ultima nota dolente: gli incentivi non verranno assorbiti dai lavoratori tramite una riduzione dell’aliquota contributiva, ma dai datori di lavoro. Questo significa che le imprese potrebbero semplicemente ottenere gli sgravi fiscali, mantenendo invariati gli stipendi. Un effetto del genere si era per esempio avuto con gli sgravi per l’assunzione di lavoratrici introdotti nel 2012 dalla ministra Elsa Fornero, come raccontato da Enrico Rubolino su lavoce.info.

Poche risorse, poche assunzioni

Secondo la relazione tecnica, l’incentivo creerebbe circa 70mila nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato o in apprendistato. Il calcolo sembra essere in linea con il dato per “decontribuzione sud”, i cui posti di lavoro incentivati sono costati in media 1.100 euro. Il problema è che in quel caso erano previsti incentivi per tutti i tipi di contratto, non solo quelli più stabili, che hanno costo maggiore e quindi assorbono un incentivo maggiore. Inoltre, secondo Il Sole 24 Ore l’incentivo prevede un rimborso pari al 60 per cento della retribuzione lorda per un anno.

Supponiamo si tratti di 800 euro al mese: in quel caso, il costo di un singolo posto di lavoro creato sarebbe di 10.400 euro (includendo la tredicesima). Le risorse basterebbero così per 12.500 nuovi occupati, su 3 milioni di Neet.

Inoltre, siamo sicuri che gli incentivi bastino? Le indiscrezioni sul bonus parlano di impieghi a 1.300 euro al mese. Una cifra sicuramente dignitosa, ma un giovane senza esperienza e che viene da un prolungato periodo di inattività lavorativa e di formazione, probabilmente con un basso titolo di studio, difficilmente è in grado di ottenere immediatamente un lavoro stabile e con una retribuzione tutto sommato buona. Essere Neet è una condizione molto complicata, che dipende sicuramente da fattori legati alla mancanza di opportunità, ma anche dalla condizione sociale, psicologica e dalle singole peculiarità di ciascuno.

Un under 35 che non sta facendo nulla della propria vita dal punto di vista formativo o professionale non è un fannullone, ma un soggetto che ha bisogno di essere seguito da professionisti che lo aiutino a reinserirsi nella società, anche passando attraverso il lavoro. Eppure, le risorse per le cosiddette politiche attive, dal supporto psicologico all’orientamento al lavoro, sono completamente ignorate dall’esecutivo, mentre si punta tutto sul “riscatto” attraverso il lavoro, peraltro investendo risorse minime.

Il metodo di azione, sia a livello di propaganda che legislativo, è lo stesso utilizzato con il reddito di cittadinanza: se i poveri vogliono riscattarsi, che vadano a lavorare. Ma non si può pretendere un miglioramento se si investe poco e male nella risoluzione di problemi così importanti e articolati.

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