Si torna a parlare di stato di emergenza. Lo spunto è dato da un provvedimento di Viktor Orbán, primo ministro ungherese, che ha deliberato tale stato in conseguenza dell’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia.

Alcuni hanno polemicamente affermato che anche l’Italia è ufficialmente in emergenza a causa della guerra. Può essere utile chiarire la questione sul piano normativo, per evitare confusione e mistificazioni. Al contempo, questa è l’occasione per spiegare una proposta di legge, presentata nei mesi scorsi, che intende introdurre lo stato di emergenza nazionale in Costituzione.

Lo stato di emergenza in Ungheria

Orbán ha dichiarato lo stato di emergenza il 24 maggio scorso, dopo che il parlamento aveva modificato la Costituzione ungherese prevedendo la possibilità per il governo di dichiarare tale stato, oltre che nelle ipotesi già previste di disastro naturale o incidente industriale, anche in caso di «conflitti armati, guerre o disastri umanitari in un paese vicino» (art. 53).

Nell'ordinamento ungherese, durante l’emergenza si applica un regime giuridico straordinario, che consente al governo di adottare provvedimenti che sospendono l'applicazione di determinate leggi, in deroga alla disposizione costituzionale secondo cui «un decreto del governo non deve essere contrario ad alcuna legge».

Orbán ha giustificato il nuovo stato di emergenza con un messaggio pubblicato su Facebook. «La guerra e le sanzioni di Bruxelles hanno portato a turbolenze economiche e a un drastico aumento dei prezzi» - ha affermato il leader ungherese - «Il mondo è sull'orlo di una crisi economica. L'Ungheria deve stare fuori da questa guerra e proteggere la sicurezza economica delle famiglie, e per questo è necessario un margine di manovra».

La nuova emergenza segue a quella, in scadenza a fine maggio, per la pandemia da Covid-19, dichiarata per la prima volta nel marzo 2020. Inoltre, è ancora vigente lo “stato di crisi dovuto alle migrazioni di massa”, introdotto nel 2016 e più volte prorogato, che pure conferisce al governo poteri straordinari. L'Unione ungherese per le libertà civili (Tasz) ha denunciato che ormai in Ungheria lo stato di emergenza «è diventato permanente», e con esso la possibilità per Orbán di incidere su diritti fondamentali. Va anche detto che dopo le ultime elezioni – circa le quali l’Osce, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, ha avanzato molti dubbi - il partito di Orbán occupa i due terzi del Parlamento. Dunque, in Ungheria il potere fa capo a un unico soggetto.

Lo stato di emergenza in Italia

Siccome alcuni hanno fatto parallelismi tra lo stato di emergenza dichiarato in Ungheria e la situazione italiana, è bene chiarire le differenze. A seguito della guerra, il 25 febbraio scorso il Consiglio dei Ministri ha deliberato uno stato di emergenza per consentire alla Protezione civile italiana di intervenire a supporto di quella dell’Unione europea (UE), nell’ambito del meccanismo di protezione civile dell’UE, e portare soccorso e assistenza alla popolazione sul territorio dell’Ucraina e dei Paesi limitrofi. Il 12 maggio, il Consiglio dei Ministri ha prorogato tale emergenza fino a fine 2022. Lo scorso 28 febbraio, inoltre, il Consiglio dei Ministri ha dichiarato un ulteriore stato di emergenza, fino al 31 dicembre 2022, funzionale ad assicurare soccorso e assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale.

Dunque, al momento in Italia opera un duplice stato di emergenza. Molti associano quest’ultimo alla possibilità di restringere libertà e diritti, com’è avvenuto durante l’emergenza da Covid-19. Ma le restrizioni disposte in quel periodo non avevano base giuridica nelle norme che regolano l’emergenza (d.lgs. n. 1/2018, codice della protezione civile), bensì in decreti-legge che, tra l’altro, nel primo anno della pandemia, hanno conferito al capo dell’esecutivo il potere di incidere su diritti costituzionali mediante Dpcm. E tali decreti-legge sono stati puntualmente convertiti da un Parlamento composto in maniera variegata, a differenza di quanto accade in Ungheria.

Tuttavia, va anche ricordato che da luglio 2021 le proroghe dell’emergenza sono state disposte senza più fare cenno al codice di protezione civile, quindi in modo svincolato dai limiti, anche temporali, sanciti dalla relativa disciplina. Un precedente pericoloso. Forse anche per questo, quando si sente parlare di stato di emergenza - come i due sopra richiamati, comunque adottati in conformità alla legge – ormai sorge un’ombra di sospetto.

La proposta sull’emergenza in Costituzione

Nel gennaio scorso, alcuni deputati della Lega hanno presentato una proposta volta a inserire nella Costituzione lo stato di emergenza nazionale. Si prevede la modifica dell’art. 78, relativo allo stato di guerra, attribuendo al Governo il potere di deliberare l’emergenza con decreto-legge. «Entro cinque giorni» tale deliberazione può essere confermata dalle Camere «a maggioranza dei due terzi dei presenti». La disciplina dello stato di emergenza nazionale è demandata a una «legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale».

La proposta, che mira a disciplinare una materia la cui gestione è stata confusa nel periodo della pandemia proprio per la mancanza di una normativa adeguata, lascia comunque perplessi. Innanzi tutto, per la collocazione nell’articolo sullo stato di guerra. Quest’ultimo vede le Camere in posizione preminente, dato che esse «conferiscono al governo i poteri necessari»; invece, lo stato di emergenza si baserebbe su un meccanismo opposto, essendo deliberato e gestito dal governo, mentre al parlamento resterebbe la sola decisione di confermarlo.

Inoltre, non è chiara la natura dell’atto con cui il parlamento – peraltro con una maggioranza particolare - confermerebbe il decreto che statuisce l’emergenza: dalla proposta non si evince se si tratti di un atto di legge o di diversa natura. Né si comprende quale sia la sorte del decreto-legge non confermato: in particolare, se decada prima dei 60 giorni previsti per la conversione, in deroga all’ordinaria disciplina costituzionale (art. 77). Non è precisamente delimitata, poi, la sfera di intervento della legge cui la proposta demanda la regolamentazione dello stato di emergenza.

Sarebbe comunque necessario che elementi essenziali della disciplina fossero definiti costituzionalmente, così da renderli non superabili con legge ordinaria, com’è avvenuto per il prolungamento della durata dell’emergenza da Covid-19. Inoltre, la proposta non affronta il rapporto tra Stato e Regioni, che ha creato confusione nel corso degli anni di pandemia, com’è noto, anche per l’intersecarsi di competenze e fonti del diritto di rispettiva emanazione. Insomma, si è lontani dalla legge sulle emergenze vigente in Germania, che in un articolo precedente avevamo indicato come modello da adottare.

Ora resta da capire se questa proposta proseguirà il percorso o se sia stata solo espressione di un’esigenza del momento.

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