Paolo Bacilieri non è uno che produce tantissimo, perché i suoi fumetti sono sempre caratterizzati da un eccesso, quasi uno spreco, di attenzione al dettaglio. Dunque, ogni suo volume è una specie di evento.

Doverosa premessa, prima di proseguire: Paolo Bacilieri è anche uno dei più grandi fumettisti della sua generazione, visto che è del 1965, comincia ad avere la qualifica di maestro del fumetto italiano.

Ha realizzato anche la copertina dell’ultimo numero di Finzioni, il nostro mensile culturale tutto dedicato (come appunto la copertina) a Milano. Ma questa non è una recensione per sdebitarsi o un tentativo di attirare l’attenzione del lettore di Domani su Finzioni.

Semplicemente, Venere privata, il nuovo libro pubblicato da Bacilieri per Oblomov partendo dal romanzo omonimo di Giorgio Scerbanenco, è un grandissimo fumetto.

Per anni ho scritto di fumetti su un altro giornale, ogni settimana, poi con Domani, da direttore, mi sono occupato di altro senza però mai perdere di vista quello che esce di interessante. Ogni tanto si può fare un’eccezione.

Ci sono una serie di altre premesse di marketing che però sono utili a spiegare perché questo volume di Bacilieri sia così perfetto, nel suo genere, che è un genere non più praticato dai fumettisti italiani: il fumetto a puntate, che vuole essere anche (ma non soltanto), intrattenimento popolare.

Questo Venere privata nasce in un modo che ne spiega la differenza rispetto al resto che c’è in circolazione, sia di successo che di nicchia.

Bacilieri lo ha costruito come storia a puntate su Linus, lo storico mensile di fumetti che ora è diretto da Igort (Igor Tuveri) ed è di proprietà della casa editrice La nave di Teseo. Proprio La nave ha iniziato a ripubblicare tutta l’opera di Scerbanenco.

Per farla breve: Igort chiede a Bacilieri di realizzare a puntate un adattamento, a modo suo, del romanzo di Scerbanenco che la stessa casa editrice vuole rilanciare.

Infine, Oblomov, altro marchio editoriale di Igort e de La nave di Teseo, pubblica in volume la raccolta delle puntate che, a questo punto, ha assunto dignità di graphic novel.

Legittimo che, a questo punto, il lettore pensi che tutto ciò non è rilevante. Ma lo è. Perché mantenere l’attenzione del lettore su una storia a puntate con una distanza di un mese tra un episodio e l’altro è una sfida assai ardita nell’epoca dei video di TikTok che non durano più di tre minuti e che vengono sottoposti all’utente a ciclo continuo.

La serializzazione

La scansione mensile e la struttura a puntate ha alcune implicazioni per Bacilieri nella costruzione della tavola: un tempo ragionevole per gestire il disegno, e la necessità di un tempo di lettura abbastanza prolunga da appagare il lettore da un mese all’altro, altrimenti il tratto, la trama e la storia non restano sufficientemente impressi da garantire la lettura della puntata successiva.

E poi c’è bisogno di dare una struttura modulare al fumetto, non continua: personaggi, colpi di scena, accelerazioni e rallentamenti devono essere pensati in base a quante pagine ci sono a disposizione per il singolo episodio ma anche facendo in modo che le tavole, una volta raccolte, fluiscano senza strappi o pause innaturali nella versione in volume.

Bacilieri risolve tutte queste sfide produttive in modi creativi e talvolta spettacolari. Uno dei trucchi che usa per aumentare il tempo di lettura della pagina senza zavorrarla di testo è sovrapporre dettagli riquadrati alla tavola principale, un piccolo strappo alla struttura spazio-temporale della pagina che ne ribalta completamente il senso e la dimensione.

Quando Duca Lamberti, a pagina 2, spiega che nei tre anni di carcere aveva imparato a passare il tempo contando i sassolini del vialetto, la faccia del protagonista in una vignetta viene sovrascritta da un quadrato nel quale c’è la mano dello stesso personaggio piena di sassolini.

In colpo solo, puramente fumettistico, inimitabile al cinema, Bacilieri riesce a fare tante cose: a chiarire che il carcere ha cancellato ogni identità specifica del suo personaggio, che ancora non abbiamo mai visto in faccia, rendendolo soltanto una somma di momenti vuoti.

Rende la pagina tridimensionale: se ci sono due piani sovrapposti, che non sono coincidenti nel tempo ma neppure nello spazio (perché Lamberti è qui e ora, la mano con i sassolini è un ricordo del tempo del carcere), allora la tavola si è aperta, non è un’immagine statica ma una porta che spalanca mondi.

I numeri nelle nuvolette sullo sfondo e le onomatopee sono il rumore dei pensieri di Duca Lamberti, anche questi provenienti da un altro piano narrativo, quello della mente sempre in bilico tra frenesia e stasi mentre i muscoli della faccia di Duca Lamberti non si sono mai mossi.

La vignetta sempre quella è, tutto questo sovrapporsi di piani narrativi, suoni, emozioni e piani temporali avviene nella mente del lettore, non nella pagina.

E siamo soltanto alla seconda tavola del fumetto. Poi c’è tutto il resto, c’è il romanzo di Scerbanenco, c’è un giovane depresso e alcolizzato che invece pensa di avere una grande colpa da espiare, c’è un quasi-poliziotto che sembra cinico e invece paga il fatto di essere un idealista, ci sono poliziotti interessati a tutto tranne che alla verità.

Ci sono anche donne che sono assai meno libertine di quello che alcune loro scelte potrebbero far pensare, mentre altre finiscono per essere libertine perché il peccato e la trasgressione sono le uniche forme di espressione di individualità concesse alle donne in un’Italia di oltre mezzo secolo fa che pare un po’ troppo simile a quella di oggi.

Milano

La Milano di Bacilieri, ancor più di quella di Scerbanenco, è una città che riempie le pagine, che riesce a essere ambigua e sfuggente in un modo che a Roma è precluso, così appesantita dalle componenti immutabili del suo passato.

Bacilieri dedica più dettagli e spazio agli sfondi che ai personaggi, scelta, anche questa, che costringe il lettore a un cambio di prospettiva: non sono i protagonisti a muoversi su uno sfondo, ma è la città a muoversi, soffrire, uccidere e rinascere attraverso le sue declinazioni antropomorfe.

Anche se un fumetto così non poteva avere un lieto fine, le ultime pagine lasciano un senso di speranza, o almeno di dinamismo.

Scerbanenco, Bacilieri, quella Milano lì, che era anche quella del miracolo fumettistico, hanno qualcosa da dire. E il coraggio di dirla, senza scegliere nessuna delle scorciatoie di formato o di contenuto che oggi garantiscono una buona posizione nella classifica dei titoli più venduti.

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