Oggi a Bruxelles Ursula von der Leyen, David Sassoli e il premier portoghese António Costa, che detiene la Presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea, firmeranno la Dichiarazione congiunta che dà finalmente il via alla Conferenza sul futuro dell’Europa. Ai tre verrà affidata la Presidenza della Conferenza, che dovrebbe partire il prossimo 9 maggio, in coincidenza con la Festa dell’Europa e anniversario della Dichiarazione Schuman, che segna simbolicamente l’inizio del processo di integrazione europea.

La Conferenza è intesa come uno spazio pubblico di dibattito per i cittadini europei, e in particolare per i giovani, sull’Unione del futuro e sulle sue priorità, attraverso una serie di eventi, sia fisici che online su una piattaforma digitale multilingue e interattiva.

Inizialmente proposta dal presidenze francese Emmanuel Macron e poi presentata ufficialmente dalla Commissione europea, la Conferenza è stata vittima dello scoppio della pandemia in Europa ma anche di una battaglia tra istituzioni che ha visto contrapposti parlamento europeo e Stati membri sul nome del suo presidente.

Compromesso al ribasso

Da qui nasce il compromesso a ribasso raggiunto dalla Presidenza portoghese, che sebbene sia riuscita a portare termine il compito lasciato in sospeso dalla presidenza tedesca di Angela Merkel, lascia molti dubbi sulla sua realizzazione e sui risultati che riuscirà a produrre.

In primo luogo riguardo all’efficacia della gestione della Conferenza, affidata ad un Comitato esecutivo formato da 9 membri rappresentanti delle istituzioni coinvolte più fino a 4 membri osservatori, che per di più dovrà decidere consensualmente.

Anche i tempi dell’esercizio sono quanto mai serrati: dovrebbe infatti concludersi entro la primavera del 2022, sotto Presidenza francese, anche per permettere al suo ispiratore Emmanuel Macron di raccoglierne i frutti in vista delle elezioni presidenziali francesi del prossimo anno.

Per quanto riguarda i risultati della Conferenza, saranno raccolti da una plenaria e confluiranno in un rapporto ai presidenti, che dovranno decidere come darvi seguito, ciascuno nella propria sfera di competenza. Ma dato che il Consiglio ha categoricamente escluso che la Conferenza comporti una revisione dei Trattati, che cosa possiamo aspettarci?

Va premesso che l’idea della Conferenza è nata in un contesto pre-Covid, e di conseguenza i temi da trattare andranno aggiornati sulla base della drammatica esperienza della pandemia ma anche dei passi in avanti fatti in questi mesi dall’Unione europea.

La dichiarazione congiunta dà alcune indicazioni, dal cambiamento climatico, alla migrazione al ruolo dell’Unione nel mondo, ma anche i meccanismi democratici, la sussidiarietà e la trasparenza. E poi lascia ai cittadini la libertà di sollevare questioni che ritengono rilevanti. Proprio questa libertà dovrà essere interpretata ed esercitata dai cittadini nella maniera più estesa possibile.

Effetto Covid

L’emergenza sanitaria ha infatti messo in luce molte lacune del progetto europeo che incidono sulla sua capacità di rispondere ai loro bisogni quotidiani. La sopravvivenza dell’Unione è stata assicurata, anche grazie a misure rivoluzionarie come l’emissione di obbligazioni comuni e la proposta di creazione di risorse proprie europee per finanziare il Next Generation EU. Ma la sua resistenza agli shock che verranno è legata a importanti decisioni e riforme sulle sue competenze, sulle regole decisionali, sulle priorità politiche.E’ necessario dare all’Unione maggiori poteri in materia sanitaria e di gestione delle crisi? Dobbiamo superare la regola dell’unanimità per permettere ad una maggioranza di Stati e cittadini di realizzare politiche comuni, dalla migrazione allo Stato di diritto, senza restare ostaggio di veti unilaterali? Cosa serve all’Europa per rimanere un attore rilevante nel mutato scenario internazionale in ambito tecnologico, di difesa, energetico?

Le istituzioni nazionali dovranno fare la loro parte cercando di arginare le forze populiste ed euroscettiche che inevitabilmente cercheranno di appropriarsi dell’esercizio: dovranno ricordare le conquiste dell’integrazione europea, dal libero scambio all’opportunità di lavorare e studiare in altri paesi, ma anche utilizzare al meglio le risorse messe a disposizione per uscire dalla crisi con i piani di ripresa e resilienza.

I decisori politici europei, dal canto loro, dovranno essere pronti anche ad affrontare verità scomode riguardo alle preferenze dei cittadini sulla direzione del progetto europeo.

Queste preferenze potrebbero propendere per un’Unione federale, oppure rivendicare un rafforzamento del coordinamento intergovernativo, o ancora chiedere un’Unione differenziata che permetta agli Stati membri che lo desiderano di andare avanti nel processo di integrazione in vari settori senza essere bloccati da un consenso non raggiungibile.

E se dovesse emergere una preferenza più forte per riforme profonde che comportano una revisione dei Trattati europei, queste non dovranno essere ignorate, ma anzi confluire in una vera e propria Convenzione, che trasformerebbe la Conferenza in una fase costituente per un’Europa che è pronta ad affrontare le sfide future con il sostegno dei suoi cittadini.

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